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Aggiornamento sulla situazione in Libano

di Susanne Scheidt - 14/11/2006



Stamattina il notiziario RAI (RAInews 24, ore 11) informa il pubblico italiano che si è aperta una crisi nel governo libanese dopo le dimissioni di sei dei 24 ministri. La RAI informa inoltre, che cinque dei sei sono sciiti, mentre il sesto sarebbe un "uomo vicino al Presidente Emile Lahoud".

La notizia, data così, induce a pensare ad un complotto messo in atto tra sciiti libanesi e "uomini vicini ad Emile Lahoud" per fare crollare il governo in carico.

La RAI non dice che ieri il Presidente Emile Lahoud ha constatato che in base alla costituzione del Libano, con le dimissioni di tutti i ministri di fede sciita, il governo non è più legittimato a svolgere il suo incarico.
Solo in seguito a questa dichiarazione, che implica l'illegittimità di ogni decisione che il gabinetto monco volesse ancora prendere, si è dimesso il sesto ministro, il maronita Yacoub Sarraf.

Nel notiziario RAI si prosegue dicendo che adesso ci sarebbe il pericolo di scontri in piazza innescati da folle sciite in protesta contro il governo Siniora. Ciò che non si dice è che detti scontri sono stati promessi e preparati - ma non dagli sciiti libanesi, bensì dallle "Forze Libanesi", la milizia comandata dallo stragista professionista Samir Geagea. Queste oscure
milizie sono state riassemblate dagli elementi delle famigerate Phalanges Libanaises del clan Gemayyel. Non è un segreto che durante la recente offensiva militare israeliana contro il Libano, l'esponente di riferimento della cosiddetta alleanza anti-siriana, Saed Hariri, si era rifugiato a Parigi e che gli altri esponenti christiano-maroniti e drusi di questo club appoggiato dagli USA , si erano ripetutamente incontrati con i loro sponsor
d'oltreoceano (Nasrallah Sfeir a Washington, Walid Jumblatt a Beirut) per concordare la riqualificazione delle milizie comandate da Samir Geagea, in modo da potere disporre di una "armata" in grado di scatenare una guerra civile per annientare Hizbollah.

Le dimissioni dei sei ministri non piombono dal cielo. I nostri notiziari fanno capire che le dimissioni sarebbero la reazione di protesta contro l'attuale compagine partitica di maggioranza che si rifiuta di accogliere la richiesta del blocco sciita-sunnita-druso-cristiano del Dialogo Nazionale(*), di costituire un governo di unità nazionale, in grado di affrontare le sfide della ricostruzione, così come la perdurante minaccia militare israeliana.
Per capire la necessità di un governo di unità nazionale nell'attuale situazione, basta la recente minaccia dei cementifici - cui monopolio è in mano a Walid Jumblatt - di esportare il cemento altrove qualora il governo non togliesse il tetto ai prezzi del cemento in Libano; solo un governo di unità nazionale avrebbe attualmente il potere di mettere in atto provvedimenti per mettere il cemento prodotto in Libano a disposizione dello sforzo di ricostruzione, per evitare che Walid Jumblatt e soci azionisti si bagnino il becco sulla disgrazia delle centomila famiglie che adesso hanno bisogno di cemento come del pane.

(* il Dialogo Nazionale è promosso dalle grandi organizzazioni sciite Hizbollah e Amal, dal Parito Democratico Libanese costruito da Talal Arslan
e composto dai drusi anti-atlantici, e dalla maggioranza dei maroniti ed altri cristiani libanesi e sunniti, compatta attorno alla posizione di difesa nazionale rappresentata dall'ex Generale Michel Aoun).

Ma naturalmente, la faccenda del cemento è solo un sintomo degli interessi che muovono i signori del blocco atlantista, che si definisce "anti-siriano". Le dimissioni dei primi cinque ministri dal gabinetto Siniora sono state pronunciate alla vigilia di una riunione del gabinetto, indetta per oggi, per approvare la bozza del Consiglio di Sicurezza delle UN
relative alla composizione ed alle competenze di un tribunale speciale internazionale, davanti al quale celebrare il processo contro i presunti
attentatori dell'ex-primo ministro Rafiq Hariri. La bozza, spedita da New York, era arrivata a Beirut giovedì scorso e contemporaneamente Fouad
Siniora aveva indetto la riunione d'urgenza per oggi, senza interpellare il Presidente. Il Presidente Emile Lahoud invece, aveva chiesto più tempo per esaminare il testo della bozza e discuterne nelle varie commissione parlamentari, anche alla luce degli eventuali emmendamenti da apporre, prima di indire una sessione del gabinetto per l'eventuale approvazione.

La questione della bozza del Consiglio di Sicurezza era di cruciale importanza, in quanto l'accoglimento della stessa tale quale, equivarebbe ad un consenso del governo al commissionariamento della giustizia libanese,
come era di fatto successo con l'insediamento della commissione d'indagine
capeggiata dal procuratore tedesco Detlev Mehlis, nella primavera dell'anno scorso. Purtroppo, la RAI, pur intervistando un suo inviato a Beirut sull'attuale crisi di governo, non ha menzionato la conferenza stampa tenuta dai cinque avvocati (due libanesi, due francesi, un americano ? inglese ?) dell'ex-Generale Maggiore Jamil Sayyed, uno dei quattro alti ufficiali arrestati da Detlev Mehlis senza alcuna accusa, semplicemente sulla base di "sospetti" di un coinvolgimento nell'attentato contro Hariri.
I cinque avvocati, definendo il loro mandante un prigioniero politico, hanno accusato
il Giudice istruttore libanese, Elias Eid di avere violato le leggi libanesi lasciando mano libera a Detlev Mehlis di arrestare Sayyed e tre altri
ufficiali senza capo d'accusa e quindi, privando i loro avvocati della possibilità di ricorrere contro il provvedimento. In effetti, l'arresto dei
quattro ufficiali libanesi come primo passo eseguito da Detlev Mehlis dopo il suo arrivo a Beirut, era stato commentato dalla stampa tedesca come un passo politico, volto a creare un vuoto attorno a Emile Lahoud per preparare il suo siluramento dalla Presidenza e con lui, la decapitazione dell'intero blocco pro-siriano in Libano, che così, si sarebbe ridotto ad un "problema sciita" in Libano.

Senza soffermarsi qui, sulle incredibili operazioni della commissione Detlev Mehlis, sulla quale peraltro hanno fatto ulteriore luce i cinque avvocati di Jamil Sayyed ieri a Beirut, la posta in gioco in questi giorni è nientemeno che il commissionariamento della giustizia libanese e la sua gestione in chiave politica. Il governo Siniora è sotto pressione, da parte degli USA,
di continuare il suo "lavoro" con o senza i sei ministri. Perché oltre alla possibilità di vedersi legittimare, da parte di un governo monco che sia, il commissionariamento della giustizia, interessa agli USA, Israele ed i loro alleati NATO dispiegati nel Libano ed alle sue coste, ottenere da Siniora un "accordo" che "permetterebbe" all'aeronautica israeliana di interrompere i continui sorvoli, minacciosi, dello spazio aereo libanese: l'accordo consisterebbe nel permettere che aerei non-israeliani, possibilmente statunitensi, eseguano questi sorvoli per passare ai servizi d'intelligence israeliani le informazioni raccolte sui movimenti in territorio libanese, anzitutto quelli dello Hizbollah. Così, il governo Siniora si salverebbe la faccia ed Israele otterebbe ciò che vuole.

Oggi, Ehud Olmert si trova a Washington ed uno degli argomenti sull'ordine del giorno è proprio la "condizione israeliana" per sospendere i sorvoli sul Libano.
Ed è per oggi che si attende, a Washington, una compattazione del governo Siniora - anche se monco - attorno alla bozza del Consiglio di
Sicurezza come base di partenza per potere passare, nei prossimi giorni, all'accordo USA-Isrele-Libano riguardo al monitoraggio dello spazio aereo libanese nell'interesse di Israele.