Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Camminò senza fermarsi

Camminò senza fermarsi

di Miguel Martinez - 26/11/2006

 

Ecco che mi trovo a scrivere un'altra serie di post, senza aver ancora concluso la serie sul neofascismo.

Ieri, abbiamo raccontato la storia di Fatima, figlia di Omar figlio di Mahmud il Falegname. Che a sessantaquattro anni, durante l'assedio al campo profughi in cui vive, ha deciso di prendere le armi anche lei: nello stesso giorno, solo nel suo campo, sono morti altri sette palestinesi sotto le bombe e i missili.

E' una storia molto semplice. Fatima, per tutta la vita, è stata oggetto di un'unica, incessante violenza. Questa violenza non è stata un terremoto o un virus, ma l'azione militare di una specifica organizzazione, ispirata o giustificata da una specifica ideologia.

Quell'organizzazione è fatta da uomini, anzi - ormai - da diverse generazioni di uomini.

Uomini (e anche donne) che hanno sistematicamente distrutto la vita di Fatima, sin da quando lei era bambina.

Questa distruzione è avvenuta attraverso un mezzo preciso: l'uso delle armi, anzi delle armi più sofisticate che la specie umana abbia mai adoperato.

Ora, la distorsione della realtà è tale che quasi nessuno si chiede se sia lecito usare le armi per aggredire. Nessuno sta lì a chiedersi come sia possibile, ad esempio, che diversi giovani cittadini italiani passino le loro ferie laggiù sparando sulla gente, e poi tornino a casa finito il safari. A uno che ci ha rimesso la pelle, il sindaco di Roma ha fatto anche i funerali.

No, la discussione è tutta sul fatto, se sia lecito o meno difendersi con le armi da un'aggressione armata. La risposta ovvia dovrebbe essere, sì. Ma a questa risposta ovvia, viene subito sollevata una valanga di obiezioni. E non, badate bene, da parte dei nemici dei palestinesi, con i quali ci sarebbe poco da discutere: sostengono una tesi perfettamente ragionevole e legittima, cioè che i palestinesi siano dei nemici e che abbiano torto.

No, le obiezioni partono da persone che si dichiarano amiche dei palestinesi, o comunque non di parte. Direi meglio, sono Amici delle Vittime in generale. All'incirca, quelli che hanno promosso la manifestazione a Milano l'altro giorno (la manifestazione buona, in termini mediatici).

La prima preoccupazione degli Amici delle Vittime non è quella di fermare o punire chi ha rovinato la vita a Fatima, ma di fermare Fatima.

Dicono, Fatima sarebbe una "vittima". Non di chi le ha rovinato la vita ovviamente, ma di  chi l'avrebbe "mandata a morire".

Intanto non è andata a morire, ma è andata a combattere, in un'azione militare che potremmo definire a rischio totale. Ma il suo obiettivo non era affatto lei stessa, bensì i tre pasciuti giovani, armati fino ai denti, che lei ha cercato di far fuori.

Poi, nessuno l'ha mandata a morire. E' lei che si è imposta, in modo chiarissimo. E ha anche scelto di morire da sola, in modo che la figlia potesse continuare a occuparsi del nipote mutilato.

Non solo. Fatima ha avuto una quarantina di anni di più di esperienza diretta del sionismo della maggior parte dei palestinesi che sono morti in azioni di martirio. Non avrà mai letto i romanzi di David Grossman , ma ne saprà di più della Palestina di me e di tutti gli italiani di buona volontà.

Perché ostinarsi quindi a vedere in Fatima la "vittima" di "manipolatori"?

Il luogo comune, in particolare di area che potremmo definire vagamente di sinistra, cattolica o pacifista, dedica un posto speciale alle Vittime. Sono Vittime, ad esempio, i poveri, le donne sopra i sessant'anni, i profughi. E anche i palestinesi: il diritto di essere Vittime è infatti l'unico che nessuno nega loro (anzi, sono Vittime di un Popolo Vittima, pensate che allegria).

Chiaramente, Fatima è una Supervittima in questo senso. Ora, quando un soldato dice loro di fermarsi, le Vittime strisciano o piangono o mandano telegrammi alla segretaria di Bertinotti.

Non continuano a camminare, imbottite di tritolo. Quelli che fanno così li chiamano Terroristi.

E siccome non è gentile dare del Terrorista a quella che è una Vittima per definizione, le si dà della Manipolata. Cioè di nuovo della Vittima, solo anche un po' tonta.

Le armi servono per uccidere.

Anche se Giuliano Ferrara mi ha dato dell'addestratore di bande paramilitari, non ho mai usato un'arma da fuoco. Perché qualcuno che ci capiva, mi aveva detto una frase molto chiara: "nel momento stesso in cui ti porti dietro una pistola, sai che devi essere disposto a usarla".

Chiunque prenda un'arma, dovrebbe sapere che ha scelto di entrare nella sfera della morte. Alla sensibilità dell'uomo mediatico, non ripugna, a quanto pare, l'uccidere, ma il morire.

Altrimenti non si spiega come mai le stesse persone che non condannano il figlio di David Grossman - un allegro ragazzotto di famiglia bene, che è partito armato di tutto punto per una battuta di caccia all'uomo all'estero e ci ha lasciato le penne - condannino Fatima, che ha cercato di far fuori tre giovinastri armati che le stavano ammazzando amici e parenti. Eppure entrambi erano entrati deliberatamente nella sfera della morte.

Gli Amici delle Vittime restano sconvolti, invece, perché Fatima ha compiuto quest'azione militare, sapendo con certezza di morire. Siccome morire è indubbiamente una cosa importante, lo ha fatto spiegando perché e cercando di vivere gli ultimi attimi della propria vita in maniera più cosciente.

E lo ha fatto pregando: i cattolici italiani non se lo ricordano, ma anche la loro religione, una volta, non parlava solo di Vittime e di Valori o contro i matrimoni gay, insomma non era solo "cultura della vita" asessuata parallela a quella erotizzata della televisione. Una volta, il cattolicesimo parlava anche della transitorietà della vita e della salvezza eterna. Una cosa che riveste una certa importanza, per chi ci crede, e nel momento del trapasso.

Il figlio di David Grossman (come vedete, ci torniamo e ci torneremo ancora, perché costituisce in qualche modo una vita parallela a quella di Fatima) suppongo che abbia passato la sua ultima notte senza pensare affatto che fosse tale.

Infatti, non capita spesso che un cinghiale riesca a far fuori un cacciatore. Specie se il cacciatore va in giro per i boschi, non con un vecchio moschetto, ma con un cannone che lancia bombe a grappoli.

Quello che fa impazzire gli Amici delle Vittime, dunque, è il morire cosciente, non l'uccidere. Se si muore, si deve morire da Vittima, cioè perché ti casca una tegola in testa.

Altrimenti, può essere solo un "suicidio", indotto dalla "disperazione": Vittima di nuovo. Roba da psicofarmaci e lunghe telefonate nel cuore della notte, insomma: "mi sento in colpa, perché forse avrei potuto fermarlo... eh, ma sai, quando c'è qualcosa dentro di te che non ce la fai più..." "Dovevamo capirlo, ma ormai si era chiusa completamente in se stessa".

Il suicidio è la solitudine, il martirio è una scelta profondamente sociale. Esiste certamente la diversità culturale, ma in questo siamo noi e non loro a essere strani. La produzione dell'individuo standardizzato, narrato da Adorno, ci rende ormai incapaci di capire la persona integrata in una comunità.

Non è questione di esaltare o di denigrare lo spirito comunitario, che è insieme caldo e soffocante, laccio e ancora. Semplicemente, è la realtà. Realtà di tappeti per terra dove si dorme, piedi scalzi, poveri profumi, si mangia quel che c'è, si spettegola, si ascolta il Corano e si raccontano storie spinte, si fuma, si discute di politica, si prega, ci si visita durante tutto il giorno, si scambiano regali e ci si cura a vicenda con l'hennè, e le generazioni si uniscono, si confondono, si spiano, dialogano.

bambini jabaliya palestina

Una casa a Jabaliya

Nella disintegrazione di una terra e di un popolo, Fatima mantiene i fili. E' lì come parte di una famiglia, su una terra - al-Ard, come sâmidah, come gli ulivi ben piantati, o le cose che stanno a lungo in acqua e non si bagnano.

Il luogo della scelta è la moschea, perché è lì che tutto ciò assume un senso, che il piccolo e il grande si toccano.

Fatima ha fatto l'esatto contrario di tutti i depressi di questo mondo, ma non importa. Quello che ha fatto, ha toccato qualche nervo così scoperto dentro di noi, che dobbiamo darle della "disperata" lo stesso.

Ciò viene presentato come una scusante, mentre a me sa tanto di ultimo insulto.