Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La Nato tra bombe e kamikaze: non si ferma la guerra in Afghanistan

La Nato tra bombe e kamikaze: non si ferma la guerra in Afghanistan

di Cecilia Strada - 30/11/2006

Non si ferma la guerra in Afghanistan, mentre gli alleati a Riga discutevano il futuro della missione
La guerra continua senza sosta, tra bombardamenti e attentati suicidi. Mentre la Nato cerca di convincere gli alleati che quella in Afghanistan è ancora una “missione possibile”.

un Harrier della Royal Air Force, come quello che ha bombardato KajakiLe bombe della Nato. Oltre alle piogge torrenziali, che hanno spazzato via interi villaggi nella zona orientale del Paese e causato almeno un centinaio di vittime, in Afghanistan dal cielo cadono bombe. Il Comando centrale dell'aviazione statunitense (Centaf) riporta nel suo quotidiano bollettino quelle che tecnicamente vengono definite operazioni di “supporto aereo ravvicinato”. Sono decine ogni giorno. Il comando della missione Nato-Isaf fornisce poi, per le operazioni più grosse, una stima degli “insorti” uccisi nel corso di queste operazioni. Sono stime, e non dati precisi, perché di norma Isaf non va a controllare di persona, dopo i bombardamenti, il numero dei morti e la loro appartenenza alla categoria dei combattenti o a quella dei civili. Così ad esempio, la scorsa domenica, secondo il bollettino di Centaf i bombardieri delle Royal Air Force “hanno fornito supporto aereo ravvicinato alle truppe Isaf in contatto con i talebani vicino a Musa Qala”, nella provincia meridionale di Helmand, e hanno lanciato razzi sulle “postazioni nemiche”. Un altro aereo, sempre a Musa Qala, ha sganciato una bomba teleguidata e ancora razzi. Supporto aereo ravvicinato è stato fornito anche vicino a Lashkargah, dove gli aerei GR-7 hanno sganciato una bomba da 540 libbre (circa 250 chili). Alcuni dei feriti dei bombardamenti in questa zona sono arrivati nell'ospedale di Emergency a Lashkargah. Marina Castellano, infermiera nel centro chirurgico della Ong italiana, racconta: “Una famiglia è arrivata dal villaggio di Erabzi, nel distretto di Kajaki. Domenica, dalle nove di sera in poi, il villaggio è stato bombardato dagli aerei Nato, per ore. Rokia ha 25 anni, al nono mese di gravidanza, è arrivata con i suoi bambini Saly, sette anni, e Idris che ne ha dieci. Con loro è arrivato anche lo zio. Racconta che la loro casa e le altre del villaggio sono state distrutte. La loro famiglia e tutte le altre anche. La piccola Saly ha una scheggia conficcata nella testa: è inoperabile. E' confusa, non parla, si lamenta, gli occhi semiaperti. Il fratello Idris ha il volto coperto di ferite, una scheggia nel torace, è stato operato. Anche lo zio dovrà essere operato, per togliere una scheggia nell'anca. Il giorno dopo sono arrivati altri due pazienti: una vecchina di novant'anni e un ragazzo di ventotto, tutti e due avevano bisogno di un intervento chirurgico per rimuovere le schegge”. Lo zio di Rokia ha racontato che nel suo villaggio ci sono stati undici morti, tutti civili. Le “postazioni nemiche” di Kajaki sono le case di fango e paglia dove vivono Rokha e i suoi bambini?

attenttao suicida a Kandahar il 29 novembreAttentati suicidi. Continuano senza sosta anche gli attacchi dei kamikaze. Lo scorso sabato in un ristorante di Urgun, nella provincia orientale di Paktika, un uomo si è fatto esplodere provocando la morte di quindici persone. Lunedì un attentatore suicida a bordo di un'auto ha attaccato un convoglio delle truppe canadesi, uccidendo due soldati canadesi e un civile afgano. Martedì un kamikaze ha ucciso un poliziotto afgano nella provincia occidentale di Herat e lo stesso giorno un ordigno posto a lato della strada ha ucciso due soldati della Nato vicino a Logar, poco a sud della capitale Kabul. Mercoledì un convoglio della Nato è sfuggito all'attacco di un kamikaze, sono morti però due civili afgani. Uno scenario di guerra aperta, dunque, mentre i membri del Patto Atlantico si riunivano al vertice di Riga.

Missione possibile”. Intanto a Riga, al vertice del Patto Atlantico, il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer ha cercato di convincere gli alleati che quella in Afghanistan è ancora una “missione possibile”, ma che è necessario un maggior coinvolgimento di tutti gli Stati membri. Scheffer si è poi detto “soddisfatto” dell'allentamento dei caveat, cioè delle restrizioni che le singole nazioni pongono al dispiegamento dei loro contingenti nel Paese. Allentamento che però, a ben vedere, difficilmente cambierà in modo sostanziale le possibilità di utilizzare le forze Nato in Afghanistan: tra gli alleati, solo Lussemburgo, Slovenia e altri contributori minori hanno accettato di ripensare i loro caveat. Italia, Francia e Germania – che insieme contano quasi 5.500 uomini dispiegati nel Paese - hanno escluso di poterlo fare.