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L'imbroglio dello «scambio debito-natura»

di Marizen - 29/12/2006

 
Gli Stati uniti, pur non avendo mai riconosciuto il protocollo di Kyoto, si riscoprono ambientalisti e hanno deciso di mettere un atto dei programmi per la riduzione del debito estero dei paesi poveri in cambio di progetti per la protezione della natura.

Detta così potrebbe sembrare persino una buona cosa. Invece si tratta di un'altra strategia di controllo su quelle nazioni che dagli anni '60 si sono indebitate fino al collo, in particolare con organismi finanziari internazionali proprio creati ad hoc dagli Usa. I programmi di «scambio debito per natura» sono accordi tra il governo statunitense e il governo di un paese debitore, attraverso il quale l'amministrazione Usa esonera quello stato dal pagamento di una parte del debito estero. Da parte sua, il paese debitore deve investire tra i 9 e 10 milioni di dollari - concessi dagli Stati uniti a fondo perduto - in progetti per la conservazione dell'ambiente. Così gli Usa vestiranno, a livello internazionale, i panni di un paese protettore della natura e che, allo stesso tempo, libera i paesi più poveri dall'obbligo di pagargli il debito residuo. Washington però sa far di conto. Con la facciata ambientalista, il governo degli Stati uniti, la sua Agenzia per lo sviluppo internazionale (Usaid) e alcune grandi ong nordamericane stanno mettendo in atto l'ennesima strategia per controllare le risorse di paesi tenuti alla larga dallo sviluppo. E questa volta non è solo petrolio o minerali ma l'insieme delle risorse ambientali.

Se ne parla dalla fine degli anni '80, ma è negli ultimi anni che sta prendendo piede l'iniziativa avanzata dagli Usa e che molti paesi hanno già sottoscritto: Bangladesh, Belize, El Salvador, Filippine, Panama, Perù, Colombia e Paraguay. Oltre l'Usaid, tra i firmatari degli accordi che hanno concesso fondi a paesi debitori, ci sono anche grandi ong nordamericane «conservazioniste», come Nature conservation, Conservation internatinal, e il World wide fund, il Wwf. I contratti rispondono a una disposizione della Legge per la conservazione dei boschi tropicali (Tfca, nella sua sigla inglese), emanata nel '98 e che regola l'utilizzo, da parte della Casa bianca, di fondi in bilancio per finanziare progetti di conservazione ambientale in diverse parti del mondo.

In realtà, mette in guardia l'ecologista colombiano Hildebrando Velez, quello che si ottiene con i programmi «scambio debito per natura» è di consegnare agli Stati uniti il potere di decisione sulle risorse naturali del paese debitore. Chi dovrebbe beneficiare dello scambio alla fine perde la possibilità di decidere sull'utilizzo delle proprie risorse, facoltà che cede al governo statunitense e a imprese private sue associate. Non è casuale, infatti, che le aree d'interesse ambientale degli Usa che rientrano negli accordi sottoscritti, sono le più ricche - e in alcuni casi non solo di flora e fauna.

In Perù il contratto comprende persino il Santuario storico del Machu Picchu e la riserva naturale di Pacaya-Samiria (nel bacino amazzonico), in Belize un segmento del corridoio Maya che dalla montagna arriva al mare e che comprende anche un tratto di costa caraibica ancora vergine da conquiste turistiche. E'di giugno la firma dell'accordo tra il Paraguay del presidente Nicanor Duarte e quello Usa George Bush, che impegna il Ministero del tesoro del paese sudamericano a «generare fondi in moneta locale da utilizzare nella conservazione dei boschi tropicali in Paraguay», compito delegato ad alcune ong locali collegate a quelle nordamericane. Anche in Colombia, il presidente Alvaro Uribe ha accettato lo «scambio del debito per natura» e un fondo di 10 milioni di dollari per la protezione di alcune aree boschive, per la precisione le Ande del nordest e la regione orientale del Rio Orinoco, immensamente ricche di biodiversità. Per Velez questi progetti «sono orientati a far sì che determinati organismi internazionali realizzino compiti di pertinenza nazionale, indebolendo lo Stato e trasferendone le funzioni ad istituzioni private». Imprenditori impegnati nella conservazione ambientale con l'obiettivo di assicurarsi la futura disponibilità di risorse naturali, senza trascurare gli interessi legati all'ecoturismo, che risponde perfettamente alla logica della mercificazione della natura: anche le risorse naturali hanno un valore economico pertanto possono essere vendute. Insomma, secondo Velez gli «scambi di debito per natura» sono un complesso meccanismo politico e finanziario destinato ad assicurare al governo Usa e alle grandi trasnazionali della conservazione il diritto di appropriarsi delle risorse naturali dei paesi più poveri e dipendenti.