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Franco Battiato: «Il mio film su Dio? Niente sale, solo in dvd»

di Franco Battiato/Massimo Iondini - 29/12/2006

Venticinque anni fa l’uscita de «La voce del padrone», il primo album italiano che superò il milione di copie vendute facendo dell’ostico musicista una popstar. «Il segreto? Ironia unita a graffianti invettive»

 

Dopo il flop di «Musikanten» l'artista annuncia l'uscita della sua terza pellicola. E a febbraio il nuovo cd


Un anno di operoso silenzio quello che si sta per chiudere, in vista però dei botti d'inizio 2007: il nuovo album, che s'intitola Il vuoto e che uscirà a febbraio, e il suo terzo film, Niente è come sembra, che seguirà di poco l'uscita del cd. Non sventola bandiera bianca, insomma, il neoregista Franco Battiato, nonostante la delusione patita col precedente Musikanten, presentato l'anno scorso a Venezia ma mai uscito nelle sale. Bandiera bianca che sventolava invece per la prima volta sulla vetta più alta del pop nostrano un quarto di secolo fa, quando sul finire del 1981 uscì La voce del padrone, l'album che rivelò il 36enne Battiato al grande pubblico.
Quale fu il cocktail vincente di quel 33 giri, il suo terzo disco pop dopo un decennio di misconosciuta musica sperimentale?
«Il fatto che avesse nel complesso una chiave ironica e a tratti giocosa, come le invettive di Bandiera bianca: spiritose ed eversive nello stesso tempo. Un connotato che contribuì molto a decretarne il successo, che tra l'altro esplose nell'estate del 1982, quasi un anno dopo l'uscita. Fu il primo album italiano a superare il milione di copie vendute».
A quel disco deve la svolta della sua carriera...
«Ma il valore di un disco non sta solo nei numeri: una canzone può radicarsi in una comunità o in'epoca intera anche senza aver avuto successo commerciale. Comunque non sono queste le medaglie da apporsi al petto».
Nega l'importanza del successo commerciale e di aver raggiunto un così vasto pubblico?
«Ci mancherebbe. Voglio dire che quello che conta per un artista è anzitutto non venir meno al proprio imperativo, che per quanto mi riguarda è esprimere e comunicare ciò che è essenziale».
Cioè «Segnali di vita», per dirla col titolo di un'altra canzone di quell'album?
«Di vita spirituale, per meglio dire. Come cercherò di fare ora con il mio terzo film: una sorta di dialogo teologico tra un ateo, un dubitante e un credente, che sono io. Un'apparente follia, perché va contro tutto ciò che è imperante oggi: la spettacolarizzazione, la vacuità, il possesso. Dal punto di vista cinematografico, potrebbe persino essere considerato un anti-film».
Una sfida donchisciottesca...
«Ma stavolta sono corso ai ripari. Visto che il precedente Musikanten, sugli ultimi giorni di vita di Beethoven, non ha trovato nessun distributore disposto a rischiare, con Niente è come sembra, che finirò di montare entro due mesi, uscirò in dvd nelle edicole, in vendita con un importante giornale. Non voglio più correre rischi».
Dopo 25 anni l'ha trovato il suo «Centro di gravità permanente»?
«Dal momento che lo cercavo, l'avevo trovato già allora. Purtroppo vedo invece che nel frattempo è la nostra società ad averlo perso. Sta scomparendo la coscienza e si sta verificando quello che aveva previsto ne Il mondo nuovo quel genio di Aldous Huxley. L'uomo-macchina è già davanti ai nostri occhi. Ma paradossalmente in questo contesto di confusione tra verità e mistificazioni, essere virtuosi e positivi diventa ancora più stimolante e soddisfacente».
Un messaggio di speranza?
«Se la realtà più comune e universale sembra sempre più caciarona e superficiale, in verità ci sono delle avanguardie nel campo della scienza, della fisica subatomica e della spiritualità che sono la terrena speranza dell'umanità del terzo millennio. Ma intanto bisognerebbe che ognuno, nel suo piccolo, si liberasse delle fuorvianti sovrastrutture di questa assurda società contemporanea».