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Questa terra è la mia terra. Intervista con Magdalena Pérez Vieda, india Xiqaques

di Antonio Ruggieri - 30/12/2006

 



Intervista con Magdalena Pérez Vieda, india Xiqaques, presidente della Coordinadora Nacional de las Mujeres Indigenas e Negras de Honduras, Segretaria della Federacion de tribus Xiqaques de Yoro e rappresentante alla Secretaria de la Tierra nella Confederacion de Pueblos Autoctonos de Honduras. Arriva accompagnata da padre Carlos Sosa, indio Guaranì che amministra la parrocchia di Montemitro (Molise)...

Magdalena è provata; ha appena saputo che un altro componente della sua famiglia, Fredy Omar Gutierrez, il 24 dicembre è stato ucciso.Si siede e risponde alle domande, alternando lunghi e profondi sospiri angosciati.

Quando sei arrivata?

Sono arrivata lo scorso 16 ottobre. Ho fatto un viaggio molto lungo. Sono partita dall' Honduras, sono andata a St.Josè in Costa Rica, da lì sono ripartita per Madrid e poi sono arrivata a Roma.

Il viaggio me lo ha organizzato Alba, una volontaria di un'organizzazione non governativa in Honduras, in collaborazione con Anna e Davide de "il granello di Senape" che qui in Italia hanno raccolto parte dei tremila dollari necessari per il biglietto aereo.

Da dove vieni con precisione?

Vengo dal Dipartimento de Yoro in Honduras.

Appartengo alla tribù Candelaria dell'etnia Tolupan, del Municipio di Mozaràn, a circa centocinquanto chilometri da Tegusigalpa.

Che situazione hai lasciato quando sei partita?

Ho lasciato una situazione drammatica e pericolosa.

La mia gente è depositaria di una cultura millenaria. E' originaria del nord est degli Stati Uniti e si è stanziata nell'attuale Honduras circa tremila anni fa, prima dei Maya.

I nostri avi sono i pellerossa della tribù Okan-Sioux.

Attualmente il mio popolo deve lottare per il possesso della sua terra.

E da chi è minacciato?

Da un grande e intricato sistema d'interessi che mette insieme le aziende multinazionali, lo stesso Governo, le società minerarie e i grandi allevatori di bestiame. Tutti insieme vogliono la nostra terra.

Perché vogliono togliervi la terra?

La cultura indigena tradizionale ha vissuto sempre in armonia col mondo.

Noi siamo vissuti di agricoltura e abbiamo coniugato da sempre le nostre attività con la cura e il rispetto del territorio e delle specie animali e vegetali che lo abitano.

Tutto questo finché, con sofisticati sistemi satellitari, società nordamericane specializzate, hanno individuato le ricchezze che custodiva nel sottosuolo.

Hanno scoperto una vena aurifera che pare essere la più ricca di tutta l'America centrale e poi hanno trovato l'uranio e il petrolio.

Il nostro territorio inoltre è ricco di legname che è sfruttato da una multinazionale canadese e di un'acqua che è la più buona di tutto l'Honduras e che il Governo vuole privatizzare, vendendo la concessione a società straniere che vogliono sfruttarla per farci una centrale idroelettrica.

Inoltre il Governo ha progettato di costruire un aeroporto internazionale sulle rovine Maya di Copàn, nel dipartimento di Estancar, vicino al fiume Giallo.

Questo progetto offende la storia, la cultura e la tradizione del popolo Chorty, diretto discendente dei Maya.

Che cosa hanno fatto per cacciarvi dalla vostra terra?

Hanno messo in opera una strategia lunga ed estenuante che va avanti senza sosta negli ultimi trent'anni contro il popolo indigeno e negro, ma che adesso è diventata virulenta nei confronti del popolo Talupan.

Negli ultimi anni hanno massacrato cinquantaquattro esponenti della resistenza militante indigena che è pacifica e disarmata.

Quattro indios Lencas sono stati uccisi e altrettanti sono stati incarcerati senza motivo.

Sei Garifunas sono stati trucidati e moltissimi altri sono in galera o sono stati costretti a scappare.

Gli indios Misquitos poi restano invalidi a centinaia nella pesca alle aragoste che procura ai padroni nordamericani lauti guadagni e che a loro consente di sopravvivere a stento fino all'insorgenza di una malattia che li rende disabili per il resto della vita, senza nessuna forma di assistenza né dallo Stato né dall'impresa responsabile.

Noi abbiamo denuciato questa situazione sia al Goveno nazionale sia ad Amnesty International, ma non abbiamo ottenuto risposta.

I soldati che vengono ad aggredirvi sono governativi?

Non necessariamente; più spesso sono sicari, sono mercenari privati.... sono assassini al soldo di chi li paga meglio e sono assai più spietati dell'esercito regolare.

Chi li paga?

Può essere una società privata, può essere un grande allevatore; comunque è qualcuno interessato a usurpare la nostra terra.

E voi come vi difendete?

Ci difendiamo scappando.

Nella mia tribù Candelaria negli ultimi tre anni abbiamo subito una repressione sempre più forte.

Il Governo ha assegnato la nostra terra a un suo fiduciario che non aveva alcun diritto e che ha venduto la concessione per il taglio del legname a una multinazionale canadese, la quale ha trovato l'oro nel nostro sottosuolo.

Ci ha preso di mira Juan Ferrera, un proprietario terriero e grande allevatore che è stato nominato Ministro del Fondo Nazionale per la Cultura.

Egli istiga quotidianamente gli allevatori ad occupare le nostre terre e a cacciarci via. Quando gli indigeni protestano li fanno ammazzare dalle loro truppe mercenarie.

Avete subito vittime negli ultimi tempi?

Nella sola mia famiglia è stata uccisa Heronima Perez, cugina di primo grado.

Adam Romero, mio suocero, Eduardo e Carlos Vieda, Zaccaria Rodriguez, Noè Vieda, Dimas Humberto Guevara Niño e Amedeo Perez Vieda, mio fratello.Tutte queste persone erano miei parenti.

E poi hanno ucciso Oscar Rodrigez, un mio cugino dirigente politico indigeno, procurandogli un incidente.

L'ultima morte, la cui notizia ancora mi sconvolge è quella di Fredy Omar Gutierrez, trucidato la vigilia di natale.

Poi ci sono tutte le altre vittime delle altre tribù indie.

C'è qualcuno che vi difende visto che la vostra resistenza è pacifica e non violenta?

Si, ci difende un gruppo di contadini legati alle produzioni del commercio equo e solidale chiamati "martiri di Guayma", in memoria di trenta loro compagni uccisi dall'esercito negli anni '80.

Nella loro organizzazione hanno avvocati, educatori popolari, giornalisti, fotografi e quando loro ci sono vicini gli atti più efferati della repressione non si verificano perché i nostri aguzzini hanno molta paura della cattiva pubblicità.

E tu personalmente da quali minacce sei scappata?

Per la mia gente io ho diversi incarichi di rappresentanza.

Rappresento la Federazione delle tribù Xiqaques e sono la coordinatrice nazionale delle donne indigene e nere dell'Honduras e sono anche nella segreteria della terra, nella confederazione dei popoli autoctoni del mio Paese.

Negli ultimi tempi gli agenti governativi mi hanno cercato con particolare insistenza.

Volevano costringermi, facendo leva sui miei incarichi di rappresentanza, a firmare un atto di vendita di 280 ettari della terra della mia gente. Io ho risposto di no, che io non ho questo potere.

Io sono solo Magdalena e la terra appartiene a tutta la tribù Candelaria.

Allora hanno minacciato di uccidermi, mettendo in pratica una loro vecchia ed efficace strategia: quella di decapitare la lotta del popolo indigeno che senza punti di riferimento si affievolisce e diventa più permeabile per azioni di compromesso o di corruzione.

E' accaduto così con Vicente Matute Cruz, dirigente politico del mio popolo, assassinato quindici anni fa, all'età di trentanove anni.

Perché sei venuta in Italia?

Per la verità quando sono fuggita dall'Honduras non avevo un progetto preciso.

Avevo paura e dovevo mettermi in salvo. Io sono la prima rappresentante della Confederazione indigena del mio Paese a scappare.

Non era mai accaduto prima d'ora; sono riuscita ad arrivare in Italia grazie all'aiuto di Alba, di Davide e di Anna con l'angoscia della situazione nella quale ho lasciato il mio popolo e la mia famiglia.

E che cosa ti proponi di ottenere nel nostro Paese?

Mi propongo di continuare e di estendere la lotta della mia gente per il sacrosanto diritto a coltivare la sua terra, di stimolare la sensibilità del popolo italiano e delle associazioni non governative che lavorano in America Latina.

La resistenza pacifica della Confederazione indigena ha bisogno di un centro, nella città di Tegusigalpa, presidiato da osservatori internAzionali che impediscano ai nostri aguzzini di copiere altri delitti.

Abbiamo bisogno di tecnici informatici che creino collegamenti e rete fra le nostre tribù; di avvocati che ci difendano legalmente dalle continue manomissioni della legge dei nostri potenti nemici; di topografi che traccino con chiarezza i confini della nostra proprietà collettiva e che sino in grado di controbattere i loro colleghi corrotti, nominati dal Governo.

Io mi auguro che in Italia sia possibile determinare le condizioni affinché si realizzi questo centro al servizio della lotta della mia gente.

Di che cosa ha maggiormante bisogno in questo momento la tua tribù?

La repressione da due anni ci impedisce di seminare e di raccogliere i prodotti della terra.

La mia gente ha fame ed è stremata. Finora siamo stati sostenuti dai contadini dei "martiri di Guayma", ma nonostante il loro aiuto la situazione si è fatta insostenibile; abbiamo bisogno che la comunità internazionale si occupi di noi.