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Allarmi globali

di Amy Goodman - 16/01/2007


L’allarme è scattato: gli Usa – e il mondo – hanno bisogno di una politica energetica ragionevole, che favorisca un contenimento dei consumi dei loro cittadini (i tedeschi e i francesi, la "Vecchia Europa", consumano la metà pro-capite rispetto agli americani). Il potenziale disastro ambientale, e le prospettive di una prolungata guerra del petrolio, lo esigono

Il nuovo anno esordisce all’insegna di alcuni record. Il 2006 è stato tra gli anni più caldi della storia e quello più caldo mai registrato in Gran Bretagna dal 1659. Negli ultimi dodici anni si sono succeduti dieci tra gli anni più caldi della storia. La neve su Central Park deve ancora cadere – è la prima volta in oltre un secolo. E assieme a questi, altri primati sono stati raggiunti. Si è previsto che ExxonMobil possa registrare i profitti più elevati della storia. Il 31 dicembre, poi, il Pentagono ha ufficializzato un’altra spiacevole svolta: 3.000 soldati statunitensi hanno perso la vita in Iraq. È stato un anno di riscaldamento, belligeranza e allarmi globali.

ExxonMobil è la più grande società per azioni del mondo, ed è anche la multinazionale più proficua mai esistita. La Union of Concerned Scientists (UCS, ‘Unione degli scienziati impegnati’ – NdT) ha appena diffuso un rapporto che documenta come la compagnia, per tentare di smentire note realtà come il problema del riscaldamento globale e per fare in modo che vengano applicati sistematici controlli volti a rallentarne l’insorgenza, abbia implementato tattiche simili a quelle adottate dall’industria del tabacco.

Secondo l’UCS, ExxonMobil "diffonde incertezza" attraverso una campagna sofisticata e ben finanziata. La società, infatti, ha speso 16 milioni di dollari per finanziare una rete di 43 organizzazioni "locali", ha assunto alcuni scienziati disposti a pubblicare articoli non-peer-reviewed1 con l’obiettivo di mettere in dubbio la scienza stessa, ha provveduto a inondare i mezzi d’informazione delle teorie di questi "esperti" creando l’inevitabile "riverbero mediatico". Un aspetto fondamentale della strategia di ExxonMobil prevede inoltre l’istituzione di una “finanza allegra” su campagne elettorali e lobbismo per garantire che Congresso e Casa Bianca continuino a contestare le criticità ambientali.

Mentre il resto del mondo accetta la realtà del riscaldamento globale, gli Stati Uniti – il più grande produttore di gas serra – si sono fermati alle campagne di disinformazione dell’industria petrolifera. La speranza è che il nuovo 110esimo Congresso si concentri su una politica per il cambiamento climatico alternativa – da notare che gli attuali ghiacciai si stanno rapidamente ritirando. I comitati in materia saranno presieduti in particolare dalla senatrice Barbara Boxer della California e dal repubblicano John Dingell del Michigan. La Boxer, che sostituisce il presidente di comitato – il senatore James Inhofe dell’Oklahoma, il quale definisce il problema del riscaldamento globale uno “stupido imbroglio” – è ottimista. Dingell, dal cuore dell’industria automobilistica del Michigan, è meno esplicito e frena sulla propria disponibilità (per esempio, sulla possibilità di un migliore risparmio energetico per le auto).

L’altra faccia del consumo petrolifero è la produzione petrolifera. Ed è da qui che proviene la belligeranza.

L’Independent di Londra di recente ha riportato in un articolo dal titolo “SpOILs of War” la notizia che il parlamento iracheno si sta affrettando ad approvare un disegno di legge destinato ad appaltare lo sfruttamento delle riserve petrolifere dell’Iraq alle multinazionali straniere. La legge permetterà a queste compagnie straniere di tenere per sé somme pari al 75 per cento dei profitti, sino alla copertura degli investimenti iniziali impiegati per le perforazioni. Una volta ripianate le spese, la quota scenderà al 20 per cento – che corrisponde a circa il doppio dei profitti normalmente consentiti. Sarebbe la prima apertura dell’industria petrolifera a queste compagnie dalla nazionalizzazione del settore attuata nel 1972. Il tutto si sposa con la proposta avanzata da James Baker III, co-presidente del “Business-friendly Iraq Study Group”, nel cui rapporto raccomandava di privatizzare l’industria del petrolio irachena. Ricordiamo che la campagna iniziale dei bombardamenti "Colpisci e terrorizza", nel marzo 2003, ha chiaramente risparmiato l’edificio del Ministero del Petrolio iracheno.

Le temperature globali aumentano, lo stesso fanno i profitti delle compagnie petrolifere, lo stesso fa il numero dei soldati Usa in Iraq. George Bush, nonostante l’ormai cronica scarsa popolarità nei sondaggi per la cattiva gestione dell’Iraq, costringe altre decine di migliaia di giovani americani ad entrare, marciando a passo serrato, in Iraq. Per quanto riguarda gli iracheni, la rivista medica inglese The Lancet ha pubblicato uno studio condotto dalla Johns Hopkins University School of Public Health che rivela che circa 650.000 civili iracheni sono stati uccisi dall’invasione del marzo 2003.

L’allarme è scattato: gli Usa – e il mondo – hanno bisogno di una politica energetica ragionevole, che favorisca un contenimento dei consumi dei loro cittadini (i tedeschi e i francesi, la "Vecchia Europa", consumano la metà pro-capite rispetto agli americani). Il potenziale disastro ambientale, e le prospettive di una prolungata guerra del petrolio, lo esigono.


1. Articoli su cui non è stata eseguita una revisione paritaria (ingl. Peer review), ovvero una valutazione da parte di esperti/ricercatori indipendenti appartenenti alla stessa area di ricerca (NdT).


Correlato:
Cronache da una catastrofe – Viaggio in un pianeta in pericolo: dal cambiamento climatico alla mutazione delle specie, di Elizabeth Kolbert

 

Fonte: The Seattle Post-Intelligencer
Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media

 

Amy Goodman è ideatrice e conduttrice del programma radiofonico Usa 'Democracy Now!'. Bill Clinton l’ha definita “ostile, battagliera, persino sgarbata”. Newt Gingrich, Repubblicano statunitense ed ex Presidente dalla Camera Usa, ha detto che era per via di “persone come lei” che aveva messo in guardia sua madre dal parlare con i giornalisti. L’esercito indonesiano l’ha bandita, definendola una “minaccia per la sicurezza nazionale”. Michael Moore ha scritto di lei: “Si alza tutte le mattine, tutti i giorni dell’anno (molto prima di tutti noi!) per essere l’unica voce quotidiana della verità alla radio negli Stati Uniti d’America. Com’è triste anche solo scrivere queste parole! Una nazione di 300 milioni di persone, con tutte le garanzie scritte che assicurano una stampa libera, e nessuno che faccia il lavoro che Amy Goodman fa in maniera così semplice, così profonda. Il suo libro mette nero su bianco tutte le bugie che ci vengono dette dalla mattina alla sera. È un tesoro nazionale, e se non riuscite a captare le sue frequenze radiofoniche, potete ora prendere questo libro, scuotere la testa increduli e disgustati mentre lo leggete, e quindi metterlo via per poter andare a scatenare un putiferio!”
Amy Goodman è autrice, con David Goodman, di Scacco al potere – Come resistere al potere e ai media che lo amano.
Video-intervista ad Amy Goodman.