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Berlusconi e gli Stati Uniti... d'Italia

di Fabrizio Di Ernesto - 17/01/2007

 
Berlusconi ha perso una buona occasione per tacere. Domenica scorsa, infatti, intervenendo telefonicamente alla manifestazione ‘Neveazzurra07’ il Cavaliere si è scagliato contro il governo, non tanto per le discutibili politiche economiche e sociali che ha messo in campo ma perché, a suo dire, non sarebbe abbastanza allineato ai liberatori statunitensi.

Inizialmente l’ex presidente del Consiglio ha inserito la critica in un contesto economico dichiarando “gli Stati uniti ci hanno messo nella lista dei paesi su cui non si può contare, e questo non aiuterà le nostre esportazioni”. Continuando poi nel suo monologo filo atlantico ed anti unionista l’azzurro ha aggiunto “l’Italia con Prodi si è messa in asse con Parigi e Madrid, servendo le ambizioni francesi di diventare punto di riferimento di un asse euro-arabico che esclude gli Stati Uniti e che cerca alleanze con paesi come l’Iran. I signori del governo strizzano l’occhio a Hizbollah e non risparmiano critiche a Israele, dimenticando che è l’unico presidio di democrazia in Vicino Oriente”.

Mai come questa volta l’uomo di Arcore è stato così lontano dalla realtà. A parte il fatto che se veramente in Italia si formasse un governo non succube dei liberatori a stelle e strisce ci sarebbe solo da rallegrarsi, non si possono non ricordare alcuni episodi.

Berlusconi ha in particolare intravisto nelle critiche mosse dal ministro degli D’Alema al nuovo piano di Bush per l’Iraq il massimo esempio di antiamericanismo di questo esecutivo, tuttavia occorre ricordare che proprio lui aveva deciso, previo accordo con Washington, di riportare in patria i soldati che insieme ai liberatori statunitensi avevano occupato Baghdad.
Per quanto riguarda il rapporto con l’Iran bisogna rammentare che il nostro Paese ha forti legami economici con quello amministrato da Ahmadinejad e che quindi giungere ad una rottura con Teheran causerebbe davvero gravi contraccolpi economici per il BelPaese.

Il punto più ‘alto’ comunque l’azzurro lo ha raggiunto quando ha definito il governo amico di Hizbollah e nemico dell’entità sionista; la scorsa estate infatti Prodi e compagni non ci hanno pensato su due volte prima di inviare soldati italiani in Libano per difendere gli interessi di Tel Aviv a scapito del popolo libanese e di Hizbollah.

Berlusconi poi è arrivato a definire l’entità sionista l’unica democrazia del Vicino Oriente anche se fa rabbrividire l’idea che una democrazia possa autorizzare l’eliminazione mirata dei palestinesi accusati di appartenere a determinati gruppi particolarmente invisi ai signori di Tel Aviv.
Per quanto riguarda poi l’antiamericanismo di D’Alema e soci, se mai c’è stato, è scomparso molti anni fa visto che proprio quando l’ex comunista risiedeva a Palazzo Chigi l’Italia è salita prontamente sul carro dei vincitori statunitensi per andare a bombardare la Serbia.
Altro episodio che svela la vera natura del rapporto tra sinistra italiana e Washington la strage del Cermis; il 3 febbraio 1998 alcuni militari statunitensi, mentre si trastullavano con i loro aerei da guerra, tranciarono i cavi della funivia causando la morte di diciannove persone, di varia nazionalità. Ovviamente l’Italia rimase impotente quando il 4 marzo dell’anno successivo la Corte Marziale americana assolse l’autore della bravata.

Pur ritirando le truppe dall’Iraq poi il governo Prodi non ha certo ridimensionato la nostra presenza in Afghanistan, altro luogo dove dalla Casa Bianca sta esportando la democrazia con la forza e le armi.
La sinistra non è antiamericana, purtroppo. Praticamente tutto l’arco costituzionale italiano è ormai ‘vittima’ della democrazia atlantica e nessuno osa ribellarsi. Forse a sinistra qualcuno ancora, a parole, prende le distanza da Washington ma più che altro solo per accontentare il proprio elettorato e nulla più, tanto che lo stesso D’Alema ha subito precisato che il dissenso è circoscritto ai raid americani in Somalia.

Destra e sinistra anche su questo aspetto quindi sono identiche con grande rammarico del popolo italiano; da una parte però ciò è anche comprensibile. Come potrebbero i nostri politici aspirare alle tanto comode poltrone se non si lasciassero attrarre e sedurre della grande democrazia americana?