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Censure d'Italia

di Oliviero Beha - 17/01/2007

 

 



È vero, capitano tutte a me, e mi devo rassegnare alla condizione di parafulmine. Prendete questo libro, Crescete & prostituitevi , che ho scritto di recente. Il direttore della collana prestigiosa di BUR, “Futuro/passato”, mi convince a collocare alla fine di questo rognoso pamphlet sullo stato dell'Italia, dell'informazione, della politica ecc., non una semplice nota bio-bibliografica bensì un resoconto sintetico delle principali (solo di quelle, per non duplicare le pagine…) censure subite in un trentennio di carriera, o subcarriera. “Ma non frega nulla a nessuno”, mi ero schermito all'inizio scapolando il narcisismo al quale rischio sempre di convertirmi dalla confessionalità professionale di partenza (cfr. l'ultimo film di W. Allen, Scoop ). “Non è vero”, aveva detto lui, “e poi i giovani non sanno nulla”, convincendomi.

Dopo un mesetto estivo in cima alla classifica dei libri più venduti – con mio inedito stupore – capisco che intorno al pamphlet è cambiato l'umore. Non si parla più di presentazioni, il libro scarseggia e non viene oculatamente ristampato per l'estate a magazzini chiusi, certo il titolo resta forte, ma quasi suo malgrado. Un uccellino mi dice che in barca qualcuno ha detto a qualcun altro: “Ma devi essere proprio distratto, se fai stampare libri che ti prendono per il culo. Non hai letto l'ultimo di Beha, per Bur?”. No, l'imprenditore famoso non aveva letto l'ultimo di Beha, le cui pagine a lui dedicate trovate riportate qui almeno passim . Gli vengono riferite. Ha un moto di bile, fa rombare i motori del suo cattivo umore e sale di giri. Sì, perché di Montezemolo si tratta, presidente di Confindustria e Consigliere di Amministrazione di Rizzoli, Rcs, alias anche Bur.

Che fare? Ormai il danno è stato compiuto, e così simpaticamente Luchino fa sapere, cioè ordina, che il motto deve essere manzonianamente “troncare, sopire”, ossia niente pubblicità (e non ce ne è più stata), niente promozioni né presentazioni, niente di niente. Anche un conoscente delle relazioni pubbliche mi conferma il nuovo “trend” editoriale nei confronti del libro, pregandomi di non insistere sugli aspetti montezemoleschi dello stesso quando ne parlo in pubblico. Da allora, silenzio, oppure segnalazioni non certo “porta a porta” ma “bocca a bocca”. Che cosa evincerne? Vedete un po' voi. Certo, mica male, specie per uno che è alle prese anche in questo stesso libro con le sue personali e principali “note di censura”. E il cortocircuito come al solito dà la scossa. www.olivierobeha.it Alcuni stralci da Crescete & prostituitevi (BUR, 2005)

Delitto di cronaca […] Oggi i giornalisti-venditori fanno da cinghia di trasmissione per la politica, spessissimo in attesa di trasformarsi in politici politicanti. Fanno servigi ai loro padroni. Fanno i pubblicitari nella pratica e soprattutto nella mentalità generalizzata con cui concepiscono il loro lavoro. Fanno l'ufficio stampa di tutti coloro che formalmente o – meglio ancora – sostanzialmente li ingaggino. Tendono a trasformare ove possibile i giornali e le loro stesse figure individuali in “trafficanti di pubbliche relazioni”. Sono materialmente manifestazioni continue o intermittenti di conflitti di interesse. In questo senso si sviluppa Berlusconi, ma anche altri (come vedremo), prima di lui, hanno tracciato, non il solco, ma l'autostrada (non è solo una metafora).

I giornalisti sono “ricattabili” a partire dal loro basso stipendio iniziale ma, ancora di più, dagli anni di precariato, che norme o non norme, sindacato o non sindacato, si vanno estendendo sine die , frantumando, insieme alle speranze e alle illusioni, soprattutto le resistenze etiche al degrado anche da parte di quelli all'avvio “migliori” per natura e cultura. L'effetto del cosiddetto “San Precario”, socialmente devastante in tutti i settori, in questo dell'informazione è assolutamente letale. Basterebbe che qualunque “giovane giornalista” di buona volontà raccontasse significativi episodi delle scuole di giornalismo, dei master e dei corsi universitari in Scienze della comunicazione (una materia da portare all'esame come spia dello sfascio accademico più generale). Che raccontasse come e quanto quel che è stato loro virtuosamente insegnato si scontri nella realtà con la possibilità “ricattatoria” di uno stage in un giornale. Che raccontasse della “mafia” sempre più diffusa e addirittura esibita in qualche testata prestigiosa (Tg5?) dei “figli e nipoti di” (e virgoletto “mafia” non per tema di smentite o querele, bensì come forma di rispettosa citazione delle parole di Zdenek Zeman, un intellettuale ceco che però fa l'allenatore di calcio, il quale, richiesto di precisare se la mafia fosse solo in Sicilia, rispose, sul «Corriere della Sera», che a Torino e a Milano c'era ugualmente ma non le avevano ancora trovato un nome…). Che raccontasse della difformità di trattamento, lezioni, esami di un qualunque raccomandato dal prefetto xy, delle vicende del quale poi magari il tapino dovrebbe scrivere, oppure del “nonnismo” sottoculturale dei primi tempi in un giornale, ecc. Basterebbe e naturalmente avanzerebbe solo questo. […]

Una Weimar all'amatriciana […] La cifra che incamera all'anno il presidente della Confindustria tricolore, Luca Cordero di Montezemolo, per essere stato per un anno presidente della Fiat ed essere presidente della Ferrari, famosa nel mondo, è di 12.850.000 euro (fonte l'aggiornatissimo e prezioso sito giornalistico travestito da “pupazzo gossip” di nome Dagospia ). Non è male. Certo, fa il pieno di responsabilità, ma insomma non se le assume gratis. Non dovrebbe essere depresso più di tanto, né assediato dal pessimismo. E invece l'Italia è, secondo un “sondaggio internazionale”, il Paese più pessimista sul futuro che ci sia sul pianeta. Il più ottimista è la Cina. Montezemolo infatti fa affari con i cinesi. E sempre in Italia, censimento clinico alla mano, ci sarebbero 5 milioni di depressi certificati. […] […] Quando è morto Pasolini, Luca era direttore sportivo della fabbrica di Maranello. È sempre stato un uomo affabile, sveglio e pratico. È cresciuto all'ombra di Agnelli. Fin troppo. Una decina d'anni più tardi, nella seconda metà degli anni Ottanta, l'allora amministratore delegato, un Cesare della finanza, il gladiatore Romiti, disse a proposito di poco edificanti avventure in Fiat: «Abbiamo pescato un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno all'Avvocato. Uno dei due l'abbiamo mandato in galera, l'altro alla Cinzano».

Queste dichiarazioni erano in prima pagina su un quotidiano non del tutto clandestino, «la Repubblica». Montezemolo, già dirottato alla Cinzano, con franchezza ammise: «È vero, ho sbagliato, per favorire il contatto con Gianni Agnelli mi son fatto dare 80 milioni nel cofanetto di un libro vuoto di Enzo Biagi», formula quest'ultima che qualcuno definì “prettamente tautologica”. Adesso si vuole il presidente di Confindustria come uno dei cavalli di razza da far correre per il centrosinistra contro Berlusconi, in tempi da destinarsi secondo la mutevole meteorologia politica. Niente di nuovo sotto il sole: dopo Bush contro Kerry, saremmo a Berlusconi contro Cordero di Montezemolo. Idem, ma all'amatriciana. E qui forse interrogarsi sui valori morali, sulla tenuta etica, sulla profondità, sul principio di necessità che ancora resistono nel Paese non sarebbe del tutto peregrino.

A quale pannello di valori ci stiamo riferendo, ammesso che se ne abbia ancora uno che non sia quello del denaro? Siamo disposti a mandar giù ogni cosa, per battere Berlusconi? E in un'eventualità del genere non vincerebbe comunque la sua visione del mondo, sopravvivendogli politicamente? E la stampa? Con Montezemolo cuspide del centrosinistra, ricorderebbe quell'infinitesimale episodio del cofanetto milionario, oppure no? E perché no? Perché non ha memoria? Perché quella filogovernativa non se lo ricorda? Perché quella all'opposizione non vuol fare il gioco di Berlusconi? Perché essendo una recita non conviene a nessuna delle due fazioni che si dividono l'Italia? Dunque stiamo molto meglio di come stavano ottant'anni fa, a Weimar?


di Oliviero Beha
da aideM