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Eolico, quando le pale girano in Europa ma non in Italia

di redazionale - 29/01/2007

Il coordinatore del Comitato parchi Franco Tassi boccia l´energia del vento: «all´ombra delle pale eoliche fiorisce l´ecobusiness che disgrega l´ambientalismo nazionale»
In Italia continua a infuriare la polemica sull´eolico e per il Comitato parchi «finalmente il governo parla chiaro sull´energia eolica, e comincia a svelarsi l´intreccio di quello che, propagandato nel nome della energia pulita, è invece uno dei più torbidi affari dell´ecobusiness, ovvero dell´ormai nota "ecologia all´italiana"».

L´associazione si riferisce a quanto detto dal sottosegretario all´ambiente Laura Marchetti: «la costruzione di percorsi che puntano sulle energie rinnovabili come il vento e il sole non può avvenire a discapito dell´ambiente e delle comunità locali, né deve mascherare operazioni politiche poco chiare e logiche speculative. Né in Abruzzo, né in Puglia possiamo consentire che vengano fatte scelte che distruggono il paesaggio e ignorino la necessità di tutelare la biodiversità dei territori attraverso la conservazione degli habitat naturali. Non possiamo certo consentire che a decidere le sorti di una zona ricca di biodiversità come la Murgia siano tre aziende con una negoziazione privata approvato prima del Piano regolatore degli impianti eolici (Prie)».

Una dichiarazione che non pare proprio una totale sconfessione dell´eolico, quanto piuttosto di alcuni progetti come quello nella Murgia o nella riserva naturale, Sic e Zps di Monte Eremita.
Del resto lo stesso termine ecobusiness, che ormai pare aver preso esclusivamente connotazione negativa, in realtà avrebbe tutt´altro significato: ovvero l´insieme delle attività che operano a monte e a valle dei processi produttivi per rendere tali processi "puliti" o meni inquinanti, attività che registra in tutti i paesi industrializzati notevoli tassi di crescita e che legge l´assunzione dei fattori ambientali non più come vincolo, ma come opportunità per l´impresa. E se un´impresa riesce a far business con progetti che aumentano la salvaguardia dell´ambiente, perché dovrebbe essere un male?

Ma Franco Tassi, già direttore del parco nazionale di Abruzzo Molise e Lazio e coordinatore del Comitato parchi rilancia contro l´eolico: «non è soltanto un disastro ecologico e paesaggistico, come già dimostrato da ampi studi, ma si tratta anche di uno sfacelo inutile. Perché si produce energia (poca) non dove se ne consumerà (tanta), aumentando soprattutto lo spreco energetico. Il bello, infatti, verrà dopo: quando sfasceranno il resto del territorio per trasportarla dalla montagna verso le zone metropolitane e industriali, disperdendone nel viaggio quasi la metà».

Tassi rovescia anche le obiezioni che fanno altre associazioni ambientaliste che pongono come esempio gli altri paesi europei: «il Nord Europa è ricco di vento, ma povero di sole – spiga Tassi - L´Italia è invece povera di vento, ma ricca di sole e di paesaggio. Sono quindi realtà ben diverse, no? Eppure il Nord Europa sta sviluppando ottimamente l´energia solare, che da noi stenta a decollare».

E a chi lo accusa di localismo Tassi risponde: «No, siamo piuttosto egoisti, poco attenti al bene comune ma visceralmente legati soprattutto al nostro "particulare" interesse. All´ombra delle pale eoliche fiorisce l´ ecobusiness, quello che ha disgregato l´ambientalismo nazionale, un tempo ben più integro e combattivo».

E allora quali sono le alternative? «lo sviluppo del fotovoltaico solare – dice il coordinatore del Comitato parchi - viene oggi tardivamente riconosciuto come una delle vie migliori per l´Italia, immersa nel clima mediterraneo. Ma anche una limitata quota di eolico non sarebbe inammissibile. Strumenti innovativi, come l´inglese "The Beacon" (Il Faro), ad esempio, potrebbero captare i venti più alti nelle grandi periferie. Con turbine a tripla elica, silenziosi e perfino esteticamente accettabili in certi ambienti urbani, produrrebbero a bassissimo costo energia alternativa immediatamente utilizzabile nei sottostanti palazzi. Arricchirebbero meno gli affaristi dell´ecologia, certo, ma gioverebbero di più ai cittadini. E non distruggerebbero affatto il paesaggio naturale».

Una posizione di chiusura all´eolico condivisa da Italia Nostra che se la dovrà vedere non solo con gli ambientalisti "traditori" delle altre grandi associazioni ambientaliste nazionali, a cominciare da Greenpeace e Legambiente, ma anche con il Piano d´azione dell´Unione europea che prevede di raggiungere entro il 2020 una quota di energie rinnovabili del 20% sul consumo energetico totale.

Secondo la Commissione Europea almeno il 12% dell´energia elettrica europea dovrà essere fornita dall´eolico ed un terzo di questa verrà prodotta con impianti off-shore. Del resto già oggi l´eolico è la normalità in molti Paesi europei: la Danimarca produce energia eolica per il 18% dell´elettricità, la Spagna (che non è proprio un paese "nordico") è all´8% e la Germania al 6%.