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Il titillante mondo dello scandalo

di Miguel Martinez - 05/02/2007

 

Sin da quando mi ricordo, ho sempre provato un violento senso di rigetto verso il Calcio con la maiuscola.

Non verso il gioco, con la minuscola, che i ragazzi una volta facevano per strada. Ma verso la gigantesca macchina della finzione del gioco e della finzione delle emozioni. A giocare non sono giovani che ci mettono l'anima, ma mercenari intercambiabili di uomini d'affari.

In altre parole, gli imprenditori giocano il proprio ego per procura.

Gli uomini d'affari sono selezionati per la loro abilità. Quindi, se arrivano a poter sponsorizzare una squadra, vuol dire che hanno capito e applicato il punto vincente del capitalismo, che è questo: quando io e te abbiamo lo stesso prodotto, vince chi riesce ad avvolgerlo in una nuvola trionfale di fuffa. Ma non basta.

Il fatto che gli imprenditori siano disposti a spese folli, a una dissipazione tipica dei ludi romani, pur di giocarsi attraverso i piedi dei propri mercenari, rende palese una cosa che sapevamo tutti: a un certo livello, si fa capitalismo per puro spirito d'azzardo, per sentirsi vincitori sul destino.

Vincere quindi diventa tutto.

I capitalisti hanno voluto regole molto precise perché lo stato li salvasse dallo sbranarsi a vicenda, e se si viene colti violando queste regole, si viene, in teoria, puniti.

Proprio per questo, il margine vincente consiste nella capacità di violare le regole, senza farsi prendere. E' un gioco eccitante, in cui i competitori misurano la propria, vera abilità. Chi non è disposto a correre questo rischio, viene spazzato via da chi lo corre.

Siccome il Calcio è una proiezione degli uomini d'affari, ne consegue quindi che sia strutturalmente fuffa truccata. Ancora prima che giochino, dovremmo sapere che le partite sono truccate. Non questa o quella, ma tutte.

Il fatto che l'Industria del Calcio sia truccata la lega al capitalismo; il fatto che sia fuffa la integra in pieno nell'Industria Culturale.

Voglio dire che esiste una continuità indissolubile tra il derby Roma-Lazio, i mini-serial storici con cui ci impongono la memoria culturale, Magdi Allam, la pornografia velinara, il discorso domenicale del Papa e l'analisi alla "Chi l'ha visto" della forma del taglio che il coltello del maniaco ha fatto nella gola di Veronica - qui per Veronica non intendo ovviamente la signora Berlusconi, ma qualunque persona abbia la sventura di entrare mediaticamente per qualche ora nella nostra famiglia di guardoni, spogliata persino del proprio cognome.

L'Industria del Calcio, cioè la sfida tra imprenditori, si incarna sullo schermo televisivo, facendoci vedere alcuni attori - di indubbia bravura, come sono in genere gli animali da allevamento - che si battono nel fango.

Per vedere questi giovani maschi, bisogna pagare uno spietato magnate australiano, proprietario di 175 quotidiani nel mondo, ognuno dei quali ha sostenuto pubblicamente la guerra in Iraq. Lo so che non c'entra, ma c'entra.

Ora, in cambio dei tuoi soldi, Rupert Murdoch ti dà la possibilità di guardare questi giovani maschi sul tuo schermo di casa. La cosa eccita la gente ancora più degli attesi accoppiamenti in diretta del Grande Fratello e derivati.

Questo spettacolo televisivo ha un curioso e arcaico doppione pre-virtuale, un luogo fisico che si chiama stadio, in cui - oltre ai giovani maschi visibili e pagati - si radunano alcune migliaia di giovani maschi di tutt'altro tipo.

Poveri, allegri, adrenalinici, hanno il compito di urlare in coro cose caste e politicamente corrette, di non rompere niente, di fare da sfondo colorato in televisione. Per fare questo noioso lavoro da comparse, devono pure pagare.

Si tratta di un'umanità molto particolare, persone a volte feroci, a volte sentimentali, in certi casi geniali grazie all'assenza completa di sovrastrutture culturali, che cercano di vivere in modo intenso e, se possibile, originale.

Le loro vite sono spesso drammatiche, con alti e bassi degni di un picaro spagnolo del Seicento, e finiscono in genere molto male.

Sono comunque infinitamente più interessanti dei giocatori alle cui partite assistono. Infatti, un calciatore da allevamento, che può fare di interessante, a parte andare a letto di tanto in tanto con una velina? Un'esperienza probabilmente piacevole, ma molto meno formativa di una giornata tra i banchi del mercato del pesce a Catania.
 
Ogni tanto, le comparse paganti provano a giocare anche loro, proprio durante la partita.

Lo fanno battendosi contro altri giovani maschi. Ed è interessante, e non del tutto spiacevole, rendersi conto che ci sono migliaia di giovani in Italia che non vogliono essere spettatori, ma attori. E non per quindici minuti di notorietà in televisione, ma nella vita vera, di quella che può costare anche la morte.

La qualità dello spettacolo gratuito che questi atori danno dipende dalla loro cultura: che è la cultura che proviene dallo spettacolo che loro stessi stanno violando, nonché dall'arroganza umiliata delle periferie planetarie. Chi ha studiato ha altri canali - come questo blog, ad esempio -, oppure può ingannare meglio se stesso di contare qualcosa. Oppure è semplicemente troppo stanco interiormente per fare qualcosa.

Per assicurare la regolare trasmissione dello show del signor Murdoch, e per evitare che giovani maschi consenzienti giochino tra di loro, ogni domenica migliaia e migliaia di poliziotti vengono mandati, a nostre spese, a manganellarli e a prendersi in cambio sassate.

Ieri, mentre giocavano tutti - calciatori, tifosi e poliziotti - un ispettore capo di polizia è stato colpito contemporaneamente da un sasso e da un petardo, di quelli in vendita per la festa della patrona della città di Catania, trasformato nei media in una "bomba carta". [1]

Dopo questa brevissima uscita nel mondo reale, ritorniamo nella bolla virtuale mediatica.

Innanzitutto, Repubblica rivela che Sky TV - che ha pagato 500 milioni di euro per avere l'esclusiva sui campionati - avrebbe fatto lo scoop sul povero poliziotto morto, battendo sui tempi la Rai e dedicando più spazio all'avvenimento: per "spazio" s'intende quella cosa per cui un giornalista che ancora non sa nulla urla cose generiche sulla "commozione" e la "tragedia", poi le telecamere puntano sul volto di qualche politico o qualche psicologo, che non ne sa nulla nemmeno lui, ma ha la risposta per tutto. O meglio, la risposta banale per due o tre domande banali, identiche a quelle che gli vengono poste ogni volta che succede una Tragedia che Scuote la Coscienza Nazionale.

La RAI, risponde, furiosa, con un comunicato stampa, in cui si vanta di aver mobilitato "7milioni912mila" guardoni entro 45 minuti dall'ultimo respiro dell'ispettore Raciti, pari, ci tengono a precisare a "uno share del 32,81%". [2]

Ma proseguiamo.

Repubblica, il giorno dopo, cita due dichiarazioni.

Prodi proclama, "Bisogna fermare la degenerazione dello sport". Napolitano dice, "Le autorità devono reagire".

E il titolista cosa fa? Produce per sintesi questo:

 "Napolitano: reagire contro queste degenerazioni".

C'è qualcosa di significativo nel fatto che le due dichiarazioni siano talmente scontate, prevedibili e intercambiabili da poter essere riassemblate e riassegnate. Tanto, non si offende nessuno.

Ma c'è di meglio. Mentre alcuni propongono sistemi sempre più fantascientifici di  controllo sociale (il microchip sottopelle tra un paio di campionati?), c'è chi invece suggerisce, da ora in poi, di giocare solo  "a porte chiuse". In pratica, che le partite si vedano solo in televisione, così al massimo possiamo tirare una bottiglia di birra al nostro televisore.

Mentre si spera che togliendo l'appuntamento allo stadio, i giovani vivaci e rumorosi si disgregheranno e non disturberanno più.

La proposta è perfettamente sensata: in fondo, si tratta semplicemente di abolire il rappresentato - il gioco stesso - a favore della sua rappresentazione virtuale.

Un chiaro segno dei tempi della videosfera.

P.S. Matarrese, il responsabile del calcio in Italia, ieri ha fatto notare che "La Fiat mica si è fermata per rilanciarsi, e noi vogliamo copiarla perché siamo un'industria che vuole il rilancio". E ha commentato che, fermando le partite, si sottraggono 500 milioni di Euro al "sistema Italia". Se c'è una cosa che rispetto dei capitalisti, è il loro realismo senza fuffa, e Matarrese ha pienamente ragione.

Solo che i 500 milioni di Euro (circa 10 a testa per ognuno di noi) sono tutti soldi risparmiati per gli italiani. Potrebbero usarli per comprarsi un pallone (made in China) e imparare a giocare a calcio senza Murdoch.

Note:

[1] La vicenda ricorda quella del 1973, quando due adolescenti milanesi - il ricco Vittorio Loi e lo squattrinato Maurizio Murelli  - tirarono due bombe a mano da esercitazione, studiate per non far male ai soldati inesperti che le usavano per addestrarsi.

La bomba tirata da Loi andò a finire nel tascapane pieno di lacrimogeni di un poliziotto, uccidendolo. L'omicida per caso si fece pochi anni di carcere, essendosi immediatamente "pentito". Murelli, che non aveva la stoffa del pentito, né i suoi avvocati, si fece undici anni di carcere. Oggi, Loi non lo ricorda nessuno, mentre Murelli viene regolarmente definito "omicida" nei media.

[2] Ecco il comunicato della RAI:

AGIS (SPE) - 03/02/2007 - 16.55.00
RAI: L'INFORMAZIONE RAI SUI FATTI DI CATANIA
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ZCZC AGI2413 3 SPE 0 R01 / RAI: L'INFORMAZIONE RAI SUI FATTI DI CATANIA = (AGI) - Roma, 3 feb. - La Rai ha confermato anche ieri, dopo i tragici fatti di Catania, la sua puntuale e precisa presenza nell'informare e nel commentare quello che e' avvenuto, su tutte le sue piattaforme. Lo ribadisce una nota dell'azienda, in cui si rileva che, Raiuno e' stata l'unica rete generalista ad interrompere la normale programmazione con una edizione straordinaria alle 22.12 che e' stata vista da 4milioni 775 mila spettatori ed uno share del 18,52. Ma gia' l'edizione delle 20.00 del Tg1 aveva dedicato ampio spazio ai tragici avvenimenti, informando 7milioni912mila spettatori con uno share del 32,81. Subito dopo la fine del programma di prima serata "TV7" ha trasmesso in diretta uno speciale interamente dedicato ai fatti di Catania che e' stato seguito da 2 milioni 104mila spettatori ed uno share del 24,99. Il Tg2 della notte alle 22.50 ha dato ampio spazio alla notizia ed e' stato seguito da 1 milione 530 mila spettatori con uno share del 7,00. Anche il Tg3 ha dato grande risalto all'avvenimento nell'edizione delle 23.10 che e' stata vista da 1 milione 891 mila spettatori ed uno share del 10,48. Il Giornale Radio Rai, prosegue la nota Rai, ha trasmesso due "speciali" di 45 minuti ciascuno: il primo alle 21.32 e il secondo alle 22.45. Per quanto riguarda le reti satellitari ed internet, Televideo dalle 21.43 ha pubblicato in "Prima Pagina" uno speciale con notizie e aggiornamenti che ancora sta andando in onda. Rainews24 dalle 21.45 alle 23.30 ha trasmesso solo notizie e aggiornamenti sui fatti di Catania, con le prime interviste a Luca Pancalli Commissario Straordinario della Federazione Italiana Giuoco Calcio; a Giovanna Melandri, Ministro per le Politiche giovanili e le attivita' sportive e a Oliviero Beha. Anche lo speciale di Rainews24 e' ancora in onda. Stupisce che un giornale serio come "La Repubblica" paragoni una rete all news satellitare con reti generaliste, senza valutare l'impegno della Rai su tutte le sue piattaforme (AGI) Red/Pec/Cam 031700 FEB 07 NNNN.