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Il sole come simbolo

di Alberto Lombardo - 16/02/2007



Tradizione solare Giacomo Devoto definisce il latino sol come «parola antichissima, di ricca ancorché disturbata tradizione». Il termine originario indoeuropeo, ricostruito dai linguisti e dai glottologi (in questo caso il Pokorny) è *SÄWEL.

Questo tema si manifesta in modo più o meno incorrotto, oltre che nel latino sol, nelle aree celtica e germanica: dall’irlandese süil (in questa lingua è stato anche ricostruito un suli, con valore di “occhio”, secondo la visione del sole quale “occhio del cielo”) al gallese haul, dal norreno, anglosassone e svedese sol al gotico sauil (e presupposto *SÖWILA).

In lituano è sáulé, in antico slavo slûnice. Nelle aree aria e greca si assiste a un ampliamento in –yo: greco hélios (probabile parente ne è l’albanese yll), avestico hvare, sanscrito suvar.

Enrico Campanile, Bernard Comrie, Calvert Watkins, Introduzione alla lingua e alla cultura degli Indoeuropei Nelle lingue moderne, la comunanza di origine si avverte ancora: dal provenzale, catalano, spagnolo e portoghese sol al francese soleil e dal tedesco Sonne all’inglese sun.

Il simbolo del sole occupa una parte centrale in ogni tradizione. L’astro luminoso dà vita, luce e calore: è l’epifania suprema del divino. Rappresenta la gloria, lo splendore e il trionfo; le insegne delle legioni recarono la dicitura soli invicto.

Luigi Valli, Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore Dante afferma che «non esiste cosa visibile, in tutto il mondo, più degna del sole di fungere da simbolo di Dio, poiché esso illumina con vita visibile prima se stesso, poi tutti i corpi celesti e terreni».

Nel suo Inno a Helios re aveva scritto Giuliano Flavio Imperatore: «L’universo che vediamo dall’eternità sussiste intorno ad Helios, ed ha come sua dimora la luce che avvolge il mondo dall’eternità, e non ora sì e talvolta no, e nemmeno in modo diverso secondo i tempi, ma sempre nello stesso modo». Il suo sogno di restaurazione della spiritualità arcaica nel rinnovato culto del sole avrebbe dovuto presto naufragare, in realtà, nella marea della sempre più dilagante professione di fede nel Nazareno.

Giuliano Imperatore, Uomini e dei. A cura di Claudio Mutti A Giuliano fece comunque eco, tra gli altri, Marziano Capella, che scrisse del sole: «Forza eccelsa del Padre ignoto, sua prima emanazione, scaturigine dei sensi, fonte dell’intelligenza, origine della luce, sede regale della natura, splendore e garanzia dell’esistenza degli dèi e occhio dell’Universo, fulgore dell’Olimpo splendente» (Inno al sole, da Le nozze di Filologia e Mercurio).

Sul culto solare Mircea Eliade affermò che «molte ierofanie arcaiche del sole si sono conservate nelle tradizioni popolari, più o meno integrate in altri sistemi religiosi»; e soprattutto che «sarebbe bene insistere sull’affinità della teologia solare con le élites, siano sovrani, eroi, iniziati o filosofi».

Il potere dei simboli, in fondo, è così forte da poter ancora oggi parlare direttamente al cuore di chi li sappia ricevere: e il Sole ci comunica chiaramente ancor oggi, nella sua maestosa grandezza, l’impressione netta del divino che tutto avvolge.