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Il liberalismo è crollato

di Paolo Conforto - 22/02/2007

 

Un titolo che sa di svolta epocale! Alla stessa stregua di quello che, accolto con trepidante attesa da quella metà dell'Europa consegnata dal dopoguerra alle amorevoli cure di Stalin, ci annunciò nell'89 che il muro di Berlino era crollato.

In realtà, come il lettore più avveduto ben intuirà, il liberalismo inteso come sistema economico e teoria intellettuale è ben lontano dalla disfatta che portò alla scomparsa del comunismo sovietico, e sembra invece ben saldo nel conservare la propria preminenza nelle scelte economiche e nella mentalità culturale della società occidentale (e non). Il titolo di questo articolo, al di la dell'abietto intento giornalistico di richiamare in maniera un po' truffaldina l'attenzione del potenziale lettore con un'uscita ad effetto, e più che dar conto di un evento storico realmente avvenuto, mira a mettere in evidenza una contraddizione del liberalismo che potrebbe minarne le sue stesse fondamenta.

Chiunque abbia avuto modo di vedere un qualunque programma di intrattenimento di seconda serata sarà ormai persuaso di come nozioni quali diritti individuali, giustizia ed equità attivino insospettabili energie retoriche e apologetiche in numerosi politici e opinionisti. Tali nozioni sono infatti elemento portante di quella versione del liberalismo che ormai domina nella filosofia morale, politica e giuridica contemporanea, e che molti indicano con il termine di liberalismo deontologico.

Questa liberalismo può essere definito come una teoria della giustizia, che poggia sul teorema secondo il quale il diritto abbia priorità sul bene e che la giustizia abbia un primato rispetto a ideali politici e morali. Alla base di questo teorema c'è l'assunzione che la società sia formata da una pluralità di individui ognuno con i propri fini, i propri ideali, i propri interessi e, soprattutto, la propria (spesso personalissima) concezione del bene. Di conseguenza il liberale pensa che la società sia meglio ordinata quando organizzata su e governata da principi normativi che non presuppongono nessuna particolare concezione del bene. Questi principi sono basati sulla categoria morale del diritto (da qui il concetto di teoria della giustizia) che precede ed è superiore in ordine di importanza alla categoria morale del bene. E del resto la cronaca dell'ultimo periodo propone sempre più stesso il contrasto tra queste due categorie morali: diritti individuali contro concezione (o concezioni) del bene l'un contro l'altro armati.

Ma per poter giustificare la teoria della giustizia, questo liberalismo ha bisogno di postulare l'esistenza del cosiddetto soggetto trascendente e cioè di un soggetto che in qualche modo sia indipendente da tutti i suoi fini, dai sui ideali e dalla sua visione della realtà. Come la giustizia precede il bene, così il soggetto trascendente precede i suoi fini. Cioè, per poter garantire che la società sia organizzata secondo principi completamente di giustizia, tali principi devono essere dati da un soggetto completamente staccato dalle proprie convinzioni. Si vede quindi come questa forma di liberalismo per poter esistere richiede l'esistenza di un soggetto incorporeo e quindi di fatto inesistente!

Tra i vari studiosi liberali che si sono accorti di questo non insignificante problema di applicabilità pratica della teoria, Rawls ha tentato di superare la succitata contraddizione definendo un soggetto che non sia completamente incorporeo (e quindi inesistente). Tramite abili accorgimenti Rawls riesce infatti a collocare il soggetto in una posizione a mezz'aria tra la trascendenza e la realtà. Stando in questa posizione il soggetto riesce a staccarsi da quelle personali concezioni che renderebbero l’equità del diritto e della giustizia irrealizzabili, ma nonostante tutto riesce ancora ad essere parte di questo mondo.

La posizione a mezz'aria viene chiamate da Rawls posizione originaria e gli abili accorgimenti sono elencati nella cosiddetta teoria parziale del bene.  Questa teoria si basa su due elementi: ciò che gli individui non sanno e ciò che gli individui sanno. Ciò che gli individui non sanno rappresenta la forza che dalla posizione a mezz'aria tende a spostarli verso l'alto staccandosi dal mondo per raggiungere il soggetto trascendente. Gli individui cioè assumono di essere all'oscuro non solo di informazioni su posizione sociale, razza, sesso, ricchezza ecc. ma anche di non conoscere le particolari concezioni del bene, i valori, i fini e gli scopi della vita degli individui che formano la società. Questo garantisce il giusto distacco dal mondo e la possibilità di affermare principi di diritto e di giustizia assolutamente imparziale e non influenzati da nessuna particolare visione personale. Ciò che gli individui sanno è che ogni individuo razionale dà valore ad alcuni beni sociali primari quali diritti e libertà, ricchezza e opportunità, potere ecc. Questa conoscenza li attrae verso il mondo reale. La posizione originaria (cioè la posizione a mezz'aria) deriva dall'equilibrio di queste due forze.

Ma poiché Rawls abbandona il soggetto incorporeo (trascendente) e lo lega in un certo modo ad una società reale, ha bisogno di definire quali sono le condizioni nelle quali la posizione originaria si applica e cioè quale tipo di società deve essere presa in considerazione. La posizione originaria per Rawls si applica nell’ambito di una società intesa come un'impresa cooperativa dalla cui partecipazione tutti si aspettano un reciproco vantaggio e in cui esistono allo stesso tempo delle identità di interessi e degli interessi divergenti. Ma affinché una società di questo tipo possa funzionare sono necessari degli accordi tra gli individui che la compongono, veri e propri contratti che possano stabilire in che modo e in che entità gli interessi degli individui possano essere soddisfatti.

A questo punto nasce il problema, poiché un contratto reale non necessariamente è giusto per il solo fatto di esistere. Ci si può chiedere se le parti che lo hanno stipulato erano realmente libere, se ogni parte ha ricevuto la giusta quota e così via. Quindi affinché il contratto reale sia giustificato (e questo è un aspetto ben noto nell'ambito delle teorie contrattualiste) è necessario che esista un principio di giustizia garantito da un contratto originario, ipotetico e a monte di quello reale. Il contratto originario garantisce quindi che il contratto reale sia giusto. Ed ecco che a questo punto la trascendenza che era stata allontanata dal soggetto ritorna nel contratto, la teoria liberale si avviluppa su se stessa e...crolla.

                                                      

 

Bibliografia

Mchael J. Sandel; "Il liberalismo e i limiti della giustizia"; Felrinelli