Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ognuno è custode di ciò che lo avvilisce

Ognuno è custode di ciò che lo avvilisce

di Franco Arminio - 02/03/2007

 
Non si può andare avanti con Casini e Diliberto. Non si può andare avanti con questi politicanti autistici e parassiti. Un uomo come Berlusconi che dovrebbe essere oggetto di accurate perizie medico-legali continua a dominare la nazione. Intorno a lui si muovono le larve dei nuovi governanti, i dannati della chiacchiera lautamente stipendiata.
Pochi giorni fa al mio paese è venuto un assessore diessino del comune di Napoli a parlare contro la prospettiva del partito democratico. Non era solo, aveva la fidanzata e una pletorica scorta. La politica costa più del petrolio. Non c’è nessuna nazione al mondo dove il dieci per cento della popolazione vive fingendosi di occupare della cosa pubblica. Dal Quirinale fino al Comune più sperduto, l’Italia è gremita di luoghi in cui una classe di parlatori in doppiopetto galleggia su un fiume di carte.

La percentuale aumenta vistosamente e dannatamente nel meridione.

Pensate a quanti dipendenti ha la regione Calabria, pensate a quanto sia scandalosa e immotivata la loro inerzia in una zona che sa trafficare a meraviglia con le armi e con la droga.

Pensate ai soldi che ha speso Bassolino per accudire i rifiuti, per garantire scrupolosamente il loro accumulo in mezzo alle strade della Campania.

Ho appena finito di leggere un libro che in apparenza non c’entra niente con tutto questo. Si chiama Il padre degli animali e lo ha scritto Andrea Di Consoli. In un buon libro può ancora accadere quello che non accadrà mai a Porta a porta o a Ballarò. In un buon libro si legge di un ragazzo che ha paura di ammalarsi e di un paese che si è lasciato appestare dal miraggio della ricchezza; si legge di un emigrante che è tornato al suo paese e che alla fine trova compagnia solo negli animali. Di Consoli ci parla di un luogo senza speranze, come sono senza speranza i tanti, diversi luoghi di cui si compone la nostra sciagurata nazione.

Ho letto delle recensioni al libro in cui si indugia sul lirismo dell’autore. Non ho letto nessun riferimento alla desolazione che sbrana i nostri paesi. Ormai i libri sempre più spesso vengono letti come se fossero un mondo a parte, un mondo che non ha nessun collegamento col mondo reale. L’irrealtà della politica mostruosamente incentivata dall’egemonia berlusconiana nasconde sempre più la realtà della letteratura.

Il gesto di segnare una croce sul pane lievitato, prima di metterlo nel forno rovente di fuoco-la faccia calda della madre che guarda nel fuoco per vedere il pane che si scurisce; il gesto di versare il liquore nel bicchiere dell’amico; il gesto di togliersi i vestiti, la sera, prima di pregare; il gesto di chiudere gli occhi quando il vento è forte e schiaccia la faccia; il gesto di fischiare alle pecore che corrono senza motivo in una terra; il gesto di toccarsi il collo quando non si sa cosa dire, quando si è in torto; il gesto di bersi il sangue rugginoso quando una mano si ferisce.

Pensando ai gesti che si vedono ogni giorno alla televisione e a questi che ci ha raccontato Di Consoli nel suo libro forse si può capire da che parte stare, forse si può provare a uscire da questo delirio in cui ognuno si fa custode di ciò che lo avvilisce.