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Qualche riflessione (del giorno dopo) sulla Festa della Donna

di Carlo Gambescia - 09/03/2007

 

La Festa della Donna può essere utile per capire come funzionano i meccanismi sociologici di istituzionalizzazione del fatti sociali. Ma anche per valutare, in prospettiva, le dinamiche socioculturali dei movimenti femministi. Ci spieghiamo meglio.
C’è una prima fase, in cui un movimento sociale non può ancora avere una forma istituzionale precisa. Esprime valori, atteggiamenti e comportamenti in contrasto con i valori, gli atteggiamenti e i comportamenti, già socialmente istituzionalizzati. E' la fase delle lotte.
C’è un seconda fase in cui un movimento sociale, non è più tale, perché i suoi valori, atteggiamenti e comportamenti, sono stati socialmente istituzionalizzati. Ai vecchi valori, eccetera, se ne sono sostituiti di nuovi. Ma questo però non accade subito: per un certo periodo di tempo, i nuovi valori, atteggiamenti e comportamenti devono mescolarsi ai vecchi. Immaginiamo una coperta patchwork… Ed è molto importante, dal punto di vista del movimento sociale - e soprattutto di chi lo guida - non confondere mai l'autentica e piena istituzionalizzazione, con la fase intermedia, che può essere definita fase patchwork.
Due ulteriori spiegazioni sul carattere e la durata del processo di istituzionalizzazione.
Quanto al carattere, l’istituzionalizzazione implica la “scontata” accettazione sociale di valori, atteggiamenti e comportamenti in precedenza ritenuti socialmente difformi, e persino contrastanti, con quelli “ufficiali”, socialmente condivisi e praticati. Quanto alla durata, non ci sono tempi storici definiti. Si pensi all’avvento dei cosiddetti “valori moderni”, ancora non compiutamente istituzionalizzati all’interno delle nostre stesse società.
Ora tornando, alla Festa della Donna, si può dire, che oggi, dopo circa un secolo di battaglie sociali, il “movimento femminista” abbia finalmente ottenuto qualche risultato, di tipo istituzionale, almeno sul piano del riconoscimento formale dei diritti: quello della “formalizzazione” giuridica dei valori. Mentre sul piano degli atteggiamenti e dei comportamenti, non si è avuta ancora una piena istituzionalizzazione. Siamo in piena fase patchwork. Di qui l’ibrido di una Festa della Donna, vissuta dalle autorità pubbliche in termini di dichiarazioni di intenti, più o meno verbose. E dalla "base" delle stesse donne (non tutte ovviamente), come pura e semplice evasione da una realtà sociale (fatta di atteggiamenti e comportamenti) ben più complessa, da cui in qualche modo fuoriuscire, anche solo per qualche ora, non più attraverso manifestazioni di massa (visto che i diritti “ci sono”), ma partecipando a riunioni conviviali. E dunque in un clima molto privatistico e poco politico.
Perché accade questo? Perché con il riconoscimento formale dei diritti, si è concessa, ma a metà, una qualche forma di istituzionalizzazione, mentre in realtà sul piano concreto la situazione è segnata da luci e ombre: le donne continuano a guadagnare di meno, a subire spesso l’ingiusta arroganza maschile, eccetera. In questa discrasia sociale (tra forma giuridica e concreti atteggiamenti e comportamenti) si è inserito il sistema dei consumi, che ha fornito “magicamente” alle donne ( la cui autonomia economica, tutto sommato, è cresciuta), una valvola di sfogo consumistica. Di qui le celebrazione, privatistiche e divertentistiche… Il messaggio è questo: “Care donne i diritti ci sono, il resto verrà… Ma intanto consumate….”.
Un consiglio “sociologico” alla nostra (possiamo?) bellissima "Altra Metà del Cielo": l’istituzionalizzazione, vera e propria (negli atteggiamenti e nei comportamenti), è ancora lontana.
Perciò, meglio non abbassare troppo la guardia.