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Si o no alla missione afghana? Lettera alla gentile onorevole Franca Rame

di Roberto Buffagni - 14/03/2007

 

Gentile Signora Rame,

l'alternativa che Lei mi propone nel sondaggio (votare sì e dimettersi, votare sì, non dimettersi, e lavorare per la pace) non è un'alternativa, e quindi non esprimo il mio voto.

Sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista morale, la questione vera non sono le Sue dimissioni: la questione è il voto a favore o contro la prosecuzione della guerra afghana.

Nell'azione politica (come del resto - Lei lo sa bene - nell'azione scenica) quel che conta non sono le intenzioni, sono i risultati.

Se Lei vota a favore della guerra in Afghanistan, pur qualificando questo voto con tutti i dubbi, i distinguo e le buone intenzioni del mondo, Lei è politicamente e moralmente corresponsabile di quel che in Afghanistan avviene ed avverrà: guerra imperialistica di aggressione, uccisione di civili, eccetera.

Lei mi dirà: ma se voto contro, cade il governo Prodi e torna Berlusconi.

D'accordo, signora. Torna Berlusconi. Per gli afghani cosa cambia? Per i soldati italiani, cosa cambia? Per la politica estera italiana, cosa cambia? Secondo me, niente (tranne forse una leggera diminuzione del tasso di ipocrisia).

Vuole estendere e accentuare la sua egemonia mondiale, Berlusconi? Vuole ridisegnare la mappa del Medio Oriente? Vuole circondare la Russia? Vuole imporre il suo stile di vita e la sua cultura all'orbe terracqueo? A me non pare. Mi pare semmai che questi obiettivi siano efficacemente perseguiti dal Suo alleato politico che risiede alla Casa Bianca (sì, signora: George W. Bush è Suo alleato politico, anche se Le sta antipatico).

Quanto poi alla "conferenza internazionale" proposta da D'Alema, Lei sa (o se non lo sa, lo dovrebbe sapere, visto il ruolo che ricopre) che una conferenza di pace vera e propria è affatto impossibile, perchè vi si dovrebbero invitare anche i talebani (ai negoziati di pace si invita soprattutto il nemico, sennò con chi si tratta?); e finchè non vi saranno costretti dai fatti, gli USA non accetteranno mai.

Ci sono solo due leve politiche di cui l'Italia disponga per avvicinare il momento in cui si aprirà una vera conferenza di pace, e sono queste:
1) ritirare l'appoggio politico e militare agli USA. Quanto più indebolita politicamente e militarmente sarà l'alleanza che ha invaso l'Afghanistan, tanto più si approssimerà la trattativa di pace, perchè si avvicinerà il momento in cui i Talebani saranno sul punto di vincere, e gli USA di perdere.
2) rinforzare al massimo l'appoggio politico e militare agli USA. Quanto più rafforzata sarà l'alleanza che occupa l'Afghanistan, tanto più si approssimeranno le trattative di pace, perchè sarà più vicino il momento in cui gli USA saranno sul punto di vincere, e i Talebani di perdere.

(Detto per inciso, io consiglierei l'alternativa 1, perchè a parer mio, molleranno prima gli USA dei talebani, gente coriacea che ha motivazioni trascendenti, zero paura di morire, e combatte per la libertà e l'indipendenza del suo paese e del suo popolo.)

Si potrà forse (è molto improbabile, ma possibile) convocare una conferenza di alcuni paesi confinanti con l'Afghanistan per discutere come mettere sotto controllo il problema.

Ma il problema qual è, signora? Il problema è che gli afghani non ci stanno a farsi invadere. Non ci sono stati con Alessandro Magno e con Breznev, vuole che ci stiano con Massimo D'Alema e con Bush? Io non credo.

La guerra, signora Rame, è il momento della verità della politica.

Perchè quando si tratta di decidere sulla guerra, ci sono solo due posizioni: o a favore, o contro. I forse, i vediamo, i però non sono ammessi. Una volta deciso per il sì o per il no, mille altre decisioni sono possibili e necessarie: ma prima, c'è il "sì sì, no no".

Un'altra volta, nella storia della sinistra italiana, i parlamentari e i partiti si sottrassero al momento della verità. Ricorda i libri di scuola, o i racconti dei nonni?

Fu nel 1915, signora Rame, quando sull'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale il Partito Socialista prese la posizione "Nè aderire nè sabotare", cioè non prese posizione.

Naturalmente, la guerra ci fu. Morirono 600.000 italiani, tra i quali parecchi elettori del partito socialista. A quattro anni di distanza dal 1918, ci fu la marcia su Roma. Turati scappò in Francia.

Il "nè nè" non si era dimostrato, insomma, una scelta saggia: perchè non era una scelta.

Anche la Sua, signora Rame, non è una scelta. Nè lo è la posizione adottata dal suo partito.

La vostra fuga dalle responsabilità politiche e morali è soltanto meno appariscente di quella del partito socialista di Turati, per due semplici ma non banali fatti:

a) che le bombe cadono sulla testa degli afghani, e non sulla testa degli italiani, i quali dunque se ne possono fregare, salvo (quando siano particolarmente sensibili) manifestare con bandiere arcobaleno, sospingendo bambini in carrozzina che rischiano al massimo di prendersi un raffreddore, non uno spezzone incendiario.

b) che oggi l'esercito italiano non è di leva, e quindi, quando tornano a casa le bare avvolte nel tricolore, ai parenti in lacrime non siete obbligati a dare troppe spiegazioni. Basta il normale cordoglio ufficiale, con commovente cerimonia pubblica e messa celebrata da Vescovo o Cardinale, e il normale assegno dell'assicurazione + pensione di reversibilità alla vedova. Se poi riuscirete a far passare i DICO, la pensione arriverà - giustamente - anche al convivente, maschio o femmina che sia. In fondo,insomma, il morto nessuno l'obbligava ad arruolarsi, no? Rischio professionale.

Ma questa vostra fuga dalle responsabilità politiche e morali, questo vostro Otto Settembre di Sinistra che si iscrive nell'antica tradizione dell'inesorabile cinismo ipocrita italiano, non è meno grave, nè meno foriero di conseguenze, politiche e morali.

Il suo partito si è messo all'angolo da sè, signora Rame.

Ha furbescamente e ipocritamente scelto la non violenza per acclarare che di rivoluzione non se ne parla più: una posizione (ragionevolissima) che non può esprimere con chiarezza senza rinunciare al simbolo e alla bandiera identitaria che gli porta voti e giustifica la sua stessa esistenza.

Ma la non violenza non è una linea politica: è una posizione di testimonianza morale e/o religiosa valida esclusivamente per gli individui disposti a morire piuttosto che uccidere, oppure una tattica di lotta politica che in certi casi è praticabile con speranza di successo (Ghandi contro gli inglesi) in certi casi no (guerra fra Stati, ocupazione di potenza straniera e resistenza necessariamente armata: a meno che Lei non creda che gli USA se ne andrebbero dall'Afghanistan se i Talebani rispondessero con la disobbedienza civile).

Così, quando il suo partito si trova al governo e quando la storia lo renda inevitabile, è costretto a decidere, come qualsiasi altro partito, se e come impiegare le forze armate, che per definizione non possono praticare la non violenza.

Come decide, allora, il Suo partito? Decide che vota le operazioni guerra, ma le chiama operazioni di pace.

Decide "sì ripeto no", perchè sa di non avere una strategia politica praticabile, tranne una: raccogliere i voti di chi non si riconosce nel marchio dei DS, è nostalgicamente affezionato al marchio "comunismo", ma avendo subito una sconfitta epocale sotto quella bandiera, "ha già dato", e mai si sognerebbe di ricominciare daccapo con i proclami rivoluzionari.

E a chi non abbia una strategia politica praticabile, resta un solo obiettivo politico: assicurarsi i mezzi della propria riproduzione (vulgo, tirare a campare).

I mezzi della riproduzione del suo partito, signora Rame, sono esclusivamente l'accesso al finanziamento pubblico dei partiti, e la possibilità di distribuire un po' di posti di governo e sottogoverno, dai Ministeri alle presidenze di circoscrizione. Finiti quelli, finisce anche la Rifondazione del Comunismo.

Ed ecco svelato il segreto di Pulcinella del vostro voto sulla missione afghana.

(Non del Suo: sono persuaso della Sua buona fede, ma non saprei se considerarla un'attenuante come la minore età, o un'aggravante come lo stato di ubriachezza. Nel caso dei dirigenti del Suo partito, invece, sono persuaso della malafede, e a ulteriore aggravante del reato ci sono i motivi, futili e bassi insieme).

Per farla corta, Signora Rame, voi vi trovate nella stessa identica situazione di Clemente Mastella, e vi comportate esattamente come lui: con la differenza che Mastella lo sa e lo dice, voi fate finta di non saperlo (o addirittura davvero non lo sapete, come credo sia il Suo caso) e per non dirlo vi inventate delle bubbole spaziali, quali la Diga contro il Berlusconismo, il Fronte Popolare contro Previti, e altre consimili sciocchezze, che un giorno, passata la sbornia delle bugie e della falsa coscienza, vi faranno amaramente vergognare.

La ringrazio per avermi seguito sin qui, e la saluto cordialmente.
Suo