Il pansessista. Lettura del pensiero di Freud attraverso la categoria della “perversione polimorfa”
di Francesco Agnoli - 15/03/2007
S
i parlava, la volta scorsa, dell’errore diFreud: aver preso, come Marx, un aspetto
della realtà, la sessualità, per farne l’unica
spiegazione di ogni cosa, nell’illusione di
possedere tutto l’uomo, di esaurire, in una
parte, la complessità del tutto. Visione di un
uomo miope, che crede di scorgere e comprendere
ogni cosa; che ritiene di poter dire,
come fosse scienza, che esistono simboli
fissi, per lo più sessuali, interpretabili “clinicamente”:
le case coi muri lisci, ad esempio,
simboleggerebbero uomini, quelle con
sporgenze, donne; un innumerevole numero
di animali e cose, pur lontanissimi dal
sesso, rimanderebbero sempre, in definitiva,
ad esso, perché ovunque, nel pensiero
freudiano, fa capolino la perversione. Anche
il bambino, lungi dall’essere una creatura
pura, benché macchiata dal peccato
originale, sarebbe un “perverso polimorfo”,
propenso all’incesto, al masochismo, al sadismo,
all’esibizionismo; una creatura, inoltre,
segnato da un odio inconscio verso chi
si prende cura di lui, verso la madre, che
negherebbe alla figlia la libertà sessuale, e
verso il padre, che, dove c’è un patrimonio,
impedisce al figlio di goderne.
La verità è che il piccolo Freud fu profondamente
turbato dal sesso, al punto che si
può tranquillamente sostenere che le perversioni
sperimentate nella sua infanzia
siano state poi elevate a verità assoluta e totalizzante,
per tutti: Freud stesso affermava
ad esempio di essere stato oggetto di libidine
da parte del proprio padre, di aver avuto
sin dall’infanzia fantasie morbose di stupri
della sorella, e forse della madre. Benché
i suoi biografi e sua figlia Anna abbiano
spesso cercato di occultare una serie di
notizie poco edificanti sul fondatore della
psicoanalisi, allo scopo di mitizzarlo, conosciamo
la sua passione per i tarocchi, il suo
rapporto morboso con la figlia, analizzata
tutti i giorni, sei volte alla settimana, per
quasi quattro anni di fila. Conosciamo anche
la sua passione per la cocaina, considerata
a lungo un tonico da prescrivere a se
stesso e agli altri, senza alcuna precauzione,
alla moglie per colorirne le guance, e ai pazienti,
senza distinguo, sino a determinare
la morte di uno di essi. E’ anche nota la sua
infatuazione per le teorie dell’amico Fliess,
sostenitore di una presunta bisessualità
delle cellule e degli esseri umani e delle
“supposte zone genitali maschili e femminili
situate nel naso. Arriva a dargli credito
anche nel dissennato trattamento di alcune
malcapitate pazienti che Fliess pretendeva
di curare dalle abitudini masturbatorie tramite
un intervento di cauterizzazione della
mucosa nasale” (S. Vegetti Finzi, “Psicoanalisi
per donne”, Laterza). Anche l’omosessualità
era per Freud assolutamente
normale: “Nel bambino l’orrore per la donna
e la predisposizione all’omosessualità
derivano dalla convinzione che la donna
non ha pene”, essendo la donna nient’altro
che una creatura dotata di un fallo imperfetto,
“inferiore”, la clitoride. Oggi ermafroditismo,
omosessualismo e bisessualismo
sono particolarmente in auge, se è vero che
Umberto Veronesi arriva a propagandare la
clonazione riproduttiva in ossequio a una
presunta bisessualità originaria di ogni uomo,
e che qualcuno vorrebbe il “matrimonio
omosessuale” negando che sia contro
natura.
Le “passioni sfrenate” e la volontà
Ma Freud è cattivo maestro anche per
quanto riguarda la dissociazione tra sesso e
procreazione. Come ha notato Sofia Vanni
Rovighi, infatti, egli concepisce gli impulsi
come “passioni sfrenate”, cioè totalmente
prive di finalità, come se l’uomo non fosse
un organismo “anfibio”, un sinolo, tendente
all’equilibrio tra anima e corpo, ma un semplice
impasto di tendenze tiranniche. Eppure
gli animali ci insegnano che i loro impulsi
non sono affatto sfrenati, bensì finalizzati,
e che quindi “la sfrenatezza degli impulsi
può essere propria solo dell’uomo”,
proprio perché i suoi impulsi “sono fatti per
essere guidati da un cavaliere che può condurli
a una meta favorevole alla vita, ma
può anche divertirsi a fare corse pazze, trasferendo
negli impulsi quella sete di infinito
che è propria della volontà umana”. Quali
furono, in conclusione, i risultati della
psicoanalisi freudiana? Concretamente si
può brevemente ricordare che amici e collaboratori
finirono spesso assai male:
Edoardo Weiss si impiccò al ritorno dalla
luna di miele; Otto Gross divenne assassino
e suicida; Frink impazzì dopo il disastro del
matrimonio, caldeggiato dallo stesso Freud;
Tausk, Federn, Silberer e Rank, già segretario
di Freud, finirono pazzi e suicidi; pazzi
morirono anche Reich e Ferenczi… (Ennio
Innocenti, “Critica alla psicoanalisi”,
Grafite).