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Centri commerciali, un libro per conoscerli meglio (schiavi del supermercato)

di Francesco Di Rienzo - 19/03/2007

Fonte: laprovinciaonline.com

 

 

 

L'associazione Cittadinanzattiva ha presentato il libro "Schiavi del supermercato" nella Torre dell'Orologio, uno studio dettagliato sulla grande distribuzione e sulle sue possibili alternative.

 

«Questo incontro è quanto mai attuale a livello nazionale e a livello locale. Nella nostra città, viviamo da quattro mesi momenti di tensione per la decisione di aprire in maniera non partecipata, non condivisa, sette nuovi centri commerciali». Con queste parole Rosa Alba Notaro dell’associazione Cittadinanzattiva- Pomigliano ha aperto i lavori della presentazione del libro “Schiavi del supermercato”, svoltasi lo scorso 16 marzo presso il palazzo dell’Orologio nella città delle Industrie. Hanno partecipato: uno dei due autori Saverio Pipitone; Wanda Spoto, presidente della LegaCoopcampania; Franco Cuomo, docente di Sociologia dei processi comunicativi e culturali della II Università di Napoli e Cesare Buoninconti, coordinatore del Gruppo di Acquisto Solidale (Gas) nel quartiere Miracoli di Napoli. L’opera, scritta a quattro mani da Pipitone e da Monica Di Bari, si rivolge a tutti coloro che iniziano a farsi qualche domanda sulla moderna distribuzione e vorrebbero optare per un consumo critico. La prima parte del testo è un’esplorazione tra reparti e scaffali della grande distribuzione organizzata. La seconda parte è interamente dedicata a quelle che sono le possibili alternative. I due studiosi hanno messo sotto osservazione lo Shopville di Casalecchio di Reno a Bologna, dove il carrello della spesa è colmo di alimenti, elettrodomestici, computer, televisori, telefonini, tende da campeggio, mobili, libri e tutto quello che rientra nel largo consumo. «La grande distribuzione- ha spiegato Pipitone- incanta continuamente il consumatore per indurlo ad acquistare sempre di più attraverso l’introduzione di carte fedeltà, sconti, premi, raccolte punti, carrelli più grandi, pubblicità, prezzi competitivi e percorsi prestabiliti. Inoltre, col sistema del self service, dal montaggio del mobile ai lettori salvatempo per la spesa, il consumatore diventa un lavoratore non retribuito. Lo controllano con telecamere onnipresenti che non servono solo a individuare i ladruncoli, ma soprattutto ad analizzare i suoi movimenti, le scelte e comportamenti». In Italia, attualmente, si contano circa 840 centri commerciali e almeno 56 in corso di realizzazione o in quella di avvio nei prossimi cinque anni, con una forte concentrazione al centro e al sud. In Campania, sono previsti 8 progetti. A Pomigliano d’Arco, dal mese di dicembre si discute in Consiglio comunale, o meglio si cerca di fare, vista l’ampia protesta dei commercianti e di parte delle forze politiche, di approvare una modifica al piano commerciale che consente la possibilità di creare sette nuovi centri della grande distribuzione sul territorio cittadino. «La caratteristica del modello analizzato- ha aggiunto Pipitone- consiste nel superamento del vecchio modello “tutto sotto lo stesso tetto” verso una nuova logica di “tutto sotto lo stesso cielo”, in quanto supermercato, negozi, cinema multisala, ristoranti, pub, palestra sono situati vicino all’autostrada, stazione ferroviaria, residence e a due passi da altre catene commerciali: il classico centro commerciale si evolve in distretto commerciale». Quali le possibili alternative? Secondo i due autori, è necessario limitare i consumi recuperando il valore d’uso degli oggetti. Poi, ci sono movimenti organizzati che sostengono questa sobrietà dei consumi. Tra questi, i Gruppi di Acquisto Solidale (Gas). Consistono nel creare un rapporto diretto tra produttore e consumatore consentendo un approccio “critico” all’acquisto e un abbattimento dei costi dei singoli prodotti. In Italia, se ne contano circa 200 e, negli ultimi anni, sono cresciuti a un tasso del 40 per cento. «Siamo per un mercato pluralista nel quale il consumo sia consapevole- ha affermato Vanda Spoto-. Il consumatore deve essere sempre libero di poter scegliere. Non entro nel merito dei piani commerciali ma mi sembra giusto che vengano applicate le leggi che aprono al mercato. Occorre, però, farle con equilibrio. Serve un mercato trasparente dove ci sia una vera e sana concorrenza. Molto spesso, assistiamo all’apertura di nuove attività che sono soltanto coperture per riciclare danaro sporco. Non credo che il problema sia la grande distribuzione ma le tasse alte, i fitti elevati e la legalità. Non mi rivedo nella grande distribuzione delineata nel libro. La cooperazione non divide gli utili ma li reinveste in progetti sociali o nella promozione delle strutture in difficoltà. Abbiamo escluso contratti di lavoro interinale o a chiamata. Siamo nati a Torino 150 anni fa da un gruppo di operai che si misero insieme per poter acquistare prodotti. Abbiamo dei lavoratori a cui dobbiamo garantire lo stipendio a fine mese. Non per questo perderemo la nostra anima oggi che ci siamo ingranditi». L’intervento del presidente di LegaCoopCampania e quello successivo del professor Cuomo, che ha definito i centri commerciali un «non-luogo perché si tratta di posti fortemente omologati tra loro in cui il consumatore subisce un bombardamento commerciale» tale da «de-soggettivizzarlo», hanno creato un certo mormorio in platea. Ha concluso Cesare Buoninconti che ha spiegato la sua esperienza di gruppo di acquisto solidale. Infine, le domande del pubblico che, nella maggior parte dei casi, si sono trasformate in veri e propri interventi spostando l’attenzione dall’argomento in questione, cioè l'analisi della grande distribuzione organizzata in Italia e le sue alternative, su esperienze e posizioni personali dal carattere il più delle volte locale.