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Come pensano i mistici

di Massimo Ammaniti - 19/03/2007

 
Un convegno a Roma

Un saggio di Daniel Dennett ha suscitato molte polemiche
Un'entità trascendente aiuta ad affrontare interrogativi nuovi
Le forme religiose si sarebbero sviluppate con l'homo sapiens
Il Nobel Romain Rolland, Freud e il misticismo indiano
Ci sono tecniche molto sofisticate di studio dei processi cerebrali
Neurobiologi e altri scienziati si interrogano su quali attività cerebrali entrano in gioco quando si prega o si sta in meditazione

Rompere l´incantesimo. La religione come fenomeno naturale è il titolo del libro del filosofo americano Daniel Dennett che ha suscitato negli Stati Uniti polemiche e critiche virulente (uscirà in Italia ad aprile, edito da Raffaello Cortina). L´intendimento dichiarato di Dennett è quello di sfidare il tabù, ossia l´incantesimo in base al quale le religioni siano verità divine rivelate e che non possano essere oggetto di investigazione scientifica. Cercando di rispondere al suo interrogativo iniziale - «da dove nasce la nostra devozione per Dio?» - Dennett si inoltra in un sentiero scivoloso, già percorso da molti altri pensatori come ad esempio Sigmund Freud, che riteneva che i sistemi religiosi fossero «la nevrosi ossessiva universale dell´umanità», una risposta alla paura della morte che attanaglia gli esseri umani, soprattutto se la vita rappresenta soltanto il frutto del caso.
Un analogo tentativo è stato effettuato anche dal filosofo della scienza Richard Dawkins nel suo libro The God Delusion, (L´illusione di Dio), che è stato recensito qualche mese fa sul London Review of Books, non da un teocon ma da uno studioso del marxismo che rileva in modo comprensibilmente critico che «in un libro di circa 400 pagine l´autore quasi non riconosce che un solo beneficio possa essere scaturito dalla fede religiosa, un punto di vista che non solo costituisce un apriori improbabile ma anche empiricamente falso».
Per ritornare a Dennett non si tratta, dal suo punto di vista, di discutere le prove dell´esistenza di Dio quanto piuttosto di sottoporre le convinzioni religiose dei credenti all´indagine scientifica utilizzando discipline diverse dalla teoria dell´evoluzione, all´antropologia e all´archeologia. Le forme religiose si sarebbero sviluppate ed evolute con l´avvento dell´Homo Sapiens, ma addirittura col Neanderthal, probabilmente in relazione al linguaggio, ossia alla dimensione simbolica. Non evento soprannaturale, ma naturale ossia un fenomeno umano fatto di eventi, organismi, oggetti, strutture e forme che obbediscano alle leggi della biologia e della fisica.
Cercando di ricostruire lo sviluppo della comunità umane decine di migliaia di anni fa la mente andò incontro a trasformazioni complesse con l´acquisizione di sistemi cognitivi distinti, fra cui il riconoscimento delle intenzioni delle altre persone oppure un sistema per individuare le fonti di inganno, proprio per migliorare le capacità adattative e di previsione dei possibili pericoli. È a questo punto che in base ad un sistema mentale così complesso prenderebbe corpo l´esigenza di un´entità che trascenda la dimensione immediata della realtà ed aiuti ad affrontare interrogativi nuovi e conflitti difficili da risolvere.
Le credenze e le pratiche religiose servono a confortare nei momenti di dolore e ad attenuare la paura della morte, ma anche a darsi delle spiegazioni di fenomeni incomprensibili, ad esempio il tuono o il fulmine. Ma c´è un altro aspetto che nel tempo si è rivelato vincente, il senso di appartenenza ad una religione favorisce la cooperazione e la coesione sociale, pensiamo che cosa seppe fare il popolo ebraico fuggendo dall´Egitto, unito nella comune convinzione religiosa con la guida di Mosè.
Naturalmente, ed è lo stesso Dennett ad ammetterlo, si tratta di ipotesi e supposizioni che dovranno essere confermate, anche se sono troppe semplicistiche e riduttive nel tentativo di spiegare un evento complesso come la religione. Forse la teoria evoluzionistica, che ha avuto ed ha grandi meriti scientifici, rischia di diventare una nuova credenza se pretende di spiegare ogni fenomeno umano.
Forse è più interessante circoscrivere il campo e studiare le credenze religiose come ad esempio fece il padre della psicologia moderna William James più di un secolo fa nel suo libro Varie forme di esperienza religiosa riconoscendo all´esperienza mistica il fondamento di ogni religione. Ma oggi l´esplorazione delle credenze e del senso di religiosità si è ampliato allo studio dei processi cerebrali attraverso nuove tecniche di indagine molto sofisticate, come viene messo in luce nelle Giornate di Studio dedicate al «Mystic Brain» (Il cervello mistico) organizzate in questi giorni presso l´Università di Roma La Sapienza.
Queste ricerche sono iniziate alla fine degli anni ´90. Vanno ricordate ad esempio quelle dell´Università della Pennsylvania che hanno studiato il cervello di credenti buddisti mentre facevano degli esercizi di meditazione oppure di suore francescane che pregavano in modo contemplativo.
Nonostante la diversità dei gruppi e delle appartenenze religiose si è messo in luce che durante la preghiera o la meditazione si attivano i lobi prefrontali, ossia la parte più recente del cervello che interviene nei processi mentali superiori come l´intenzionalità, la decisionalità e la capacità di focalizzare l´attenzione. Se da una parte avviene una concentrazione meditativa o mistica tipica del credente, dall´altra si è rilevata una ridotta attività del lobo parietale posteriore che è invece è un´area associativa che serve all´orientamento nello spazio e alla percezione degli stimoli dell´ambiente circostante. Infatti nell´intensità dell´assorbimento religioso e nel senso di unicità si perde di vista quello che ci succede intorno in una sorta di movimento psichico trascendente.
Naturalmente esistono delle profonde variabilità del senso religioso individuale, che, in base a queste ricerche, dipendono anche dal sistema cerebrale della serotonina e da altri neuromodulatori che intervengono sui recettori cerebrali oppioidi contribuendo ad un senso di benessere e di pacificazione interiore. Forse è questo che lega molti credenti alle proprie pratiche religiose contribuendo ad un senso di pace interiore, che non viene garantito da nessuna altra attività.
Come scrisse il Premio Nobel Romain Rolland, scrittore, poeta e studioso del misticismo indiano, in una lettera a Freud proprio su questo tema: «Mi sarebbe piaciuto che lei avesse fatto un´analisi del stato d´animo religioso spontaneo o più esattamente del sentimento religioso, che è totalmente diverso dalle religioni e molto più durevole... Mi sento a mia volta familiare con questa sensazione. Attraverso tutta la mia vita non mi ha mai abbandonato, si tratta di una fonte di rinnovamento vitale».