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La teoria delle forze cosmiche può spiegare le migrazioni degli uccelli

di Francesco Lamendola - 29/02/2008

 

 

Domenico Rossi, romano, classe 1909, è il classico esempio di un naturalista autodidatta che, a un certo punto, lascia le sue abituali occupazioni (di imprenditore nel settore delle forniture nautiche) e si ritira su di un'isola disabitata, insieme alla moglie, per dedicarsi interamente agli amati studi e osservazioni naturalistiche, ed elabora in perfetta solitudine una innovativa teoria scientifica; che, ovviamente, gli scienziati professionali ignorano puramente e semplicemente. Eppure noi sappiamo che il progresso della scienza, il più delle volte, dipende proprio dall'apporto generoso, di idee e di osservazioni, di questi outsider; purché la comunità scientifica non si chiuda a riccio in difesa del proprio "specialismo" e non faccia testardamente quadrato, in nome di un presunto monopolio del sapere, attorno a teorie insufficienti e palesemente inadeguate.

Il campo di osservazioni prediletto di Domenico Rossi era il fenomeno, per molti aspetti ancora misterioso, delle migrazioni degli uccelli. Certo, negli ultimi decenni la biologia e l'etologia hanno fatto passi da gigante in questo campo; e, mediante l'inanellamento di campioni di uccelli migratori, la scienza è stata in grado di stabilire, con un notevole grado di precisione, quando partono le singole specie, quanto impiegano ad arrivare nei luoghi di riproduzione, quale rotta seguono nei loro spostamenti. Ma una cosa continua ad eludere la nostra sete di conoscenza: il meccanismo profondo che regola le migrazioni stagionali dei volatili e che rende possibili quelle prestazioni, assolutamente eccezionali, le quali consentono loro di coprire distanze immense con qualunque tempo, anche nella nebbia, volando giorno e notte, senza mai perdere la rotta, e ritrovando con millimetrica precisione i luoghi di nidificazione della stagione precedente.

È un grande mistero, un prodigio che ha smesso di stupirci, solo perché la nostra visione del mondo si è fatta incredibilmente ristretta e banale.

Prendiamo il caso delle rondini, il cui arrivo segnala il ritorno della primavera e che ritornano, per riprodursi, esattamente al nido che avevano costruito in precedenza, con istinto veramente infallibile. Attualmente, il ritorno delle rondini non è più così scontato, a causa, purtroppo, dei livelli insopportabili di inquinamento, che hanno indotto un numero considerevole di uccelli a modificare le loro rotte e i loro luoghi di riproduzione. Le rondini che giungono in Italia in primavera, ad esempio, in genere provengono dalla Nigeria e dalle regioni vicine, oppure, seguendo una rotta parallela ma più spostata ad oriente, partono dalla regione dei Grandi Laghi dell'Africa Orientale:  attraversano,  dunque, in successione, il Sahel, il Sahara, il Mediterraneo. Alcune, poi che partono ancora più a sud, dalla zona del Capo di Buona Speranza, sorvolano anche le Alpi e si spingono fino in Germania e in Scandinavia, eludendo le trappole degli uomini e sopportando sete, fame, stanchezza; nonché affrontando perturbazioni atmosferiche, che indurrebbero esperti piloti di aviazione, pur forti di una sofisticata tecnologia, a rinunciare a levarsi in volo e a restare fermi sui campi  di decollo degli aeroporti.

Oppure si prenda il caso della sterna codalunga, che nidifica in grandi colonie attorno ai mari artici e in alcune località più a sud, come le Isole Britanniche e il Massachusetts e che, in autunno, vola quasi senza soste fino al capo opposto del mondo (estremità meridionali del Sud America, dell'Africa, dell'Australia e della Nuova Zelanda).

L'albatro urlatore, poi, che, come gli altri appartenenti all'ordine dei procellariformi, è in grado di sfruttare i venti di tempesta, senza offrire loro la minima resistenza, è in grado di compiere agevolmente il giro del mondo; se non può nutrirsi in volo, a causa della forza dei venti, consuma le proprie riserve di grasso e, ovviamente, perde peso, ma prosegue intrepido il suo lunghissimo viaggio.

Che il prodigio di queste prestazioni spettacolari non si possa spiegare solo in termini di orientamento visivo da parte degli uccelli, è dimostrato da elementi che sono sotto lo sguardo di tutti. Basterà qui ricordare che le migrazioni si svolgono principalmente di notte, anche con cielo coperto e su vasti tratti di mare aperto, privi, perciò, di alcun punto di riferimento geografico, comprese le costellazioni; che, se i giovani uccelli vengono trattenuti sul luogo di nascita dopo la partenza degli anziani, una volta liberati seguono anch'essi, senza incertezza, la medesima rotta di quelli, pur percorrendola, e da soli, per la prima volta; che dal comportamento dei giovani esemplari non traspare assolutamente nulla che faccia pensare a una volizione intelligente, nel senso che gli umani intendono con questa parola, ma solo e unicamente delle azioni istintive.

Tuttavia, fra gli scienziati accademici prevale ancora l'opinione che gli uccelli, nelle loro migrazioni,  si orientino per mezzo del sole e delle stelle. Ipotizzano che essi possiedano internamente una sorta di "bussola solare" che permette loro di misurare l'altezza del sole sull'orizzonte; e che mediante questa misurazione possano calcolare, prima di intraprendere il viaggio, il movimento del sole durante il giorno. La stessa cosa avverrebbe, di notte, con la luna e le stelle; come sarebbe dimostrato dal fatto che, ponendo degli uccelli sotto il cielo artificiale di un planetario, essi navigano senza errori, però possono essere ingannati se viene mutata la posizione degli astri (cfr. Cathy Jarman, Atlante delle migrazioni animali, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1973).

Tuttavia, come si è detto, esistono elementi i quali fanno pensare che l'orientamento visivo sia insufficiente a spiegare il fenomeno delle migrazioni degli uccelli, specialmente quando il cielo è coperto, sia di giorno che di notte.

In sintesi, la teoria elaborata da Domenico Rossi, ed esposta nel suo libro Dove, come, perché migrano gli uccelli, Milano, Mursia Editore, 1971, 1972) ipotizza che, per spiegare il fenomeno delle migrazioni, sia necessario andare al di là dei cinque sensi conosciuti e fare appello a discipline giovani, come la psicoanlisi e la cosmobiologia. Per tale teoria, la migrazione è un fenomeno che deve essere collegato  all'imperativo categorico della conservazione delle specie; nelle sue modalità traspare  la presenza di fenomeni medianici di massa  e l'esistenza di un inconscio collettivo degli uccelli, che fa da tramite con la volontà di autoconservazione della specie. Un ruolo decisivo, poi, viene esercitato dalla Luna, che esercita un'influenza sulle capacità di orientamento degli uccelli non in senso visivo, bensì medianico.

Per usare le parole dell'Autore (Op. cit., pp. 197-198).

 

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"La caratteristica della vita dell'uccello è il viaggio, inteso come spostamento che ubbidisce a motivo sessuale, più specificamente procreativo.  Il viaggio si produce per effetto di una rottura dell'equilibrio sensitivo che favorisce una trance medianica, e si concreta attraverso un senso mentale pratico, ossia risponde ad una necessità fisica, nonché fisiologica.

"Sappiamo anche che il fenomeno migratorio inizia quando la Luna si trova in una determinata posizione.  (…)

"L'ora di partenza è associata ad un meccanismo fisso mentale e ancestrale che, una volta messo in funzione, necessariamente spinge alla realizzazione del viaggio. (…)

"…questo meccanismo scatta a una certa ora lunare, ciò che lascia supporre che il viaggio sia guidato da una corrente di tipo elettromagnetico solo percepibile attraverso uno stato di trance. In questo stato di trance la mentalità dei singoli uccelli viene a subordinarsi aduna causa collettiva superiore colta inconsciamente ma travolgente. Questa situazione predispone al viaggio di tipo migratorio di massa e di forma «magnetico-elettrico-sensitivo-lunare».Il motivo del viaggio assume, per quanto sopra spiegato, un carattere essenzialmente sessuale e ciò in relazione alla libido degli uccelli.  Il transito, infatti, permette la realizzazione sessuale attraverso il processo di fecondazione.  La influenza lunare (…) predispone al viaggio in stato di trance e nel tempo stesso produce la eccitazione sessuale.

"Il viaggio si manifesta quando la luna si trova in determinate posizioni che le permettono di agire attraverso una corrente magnetica  sulla sensibilità dell'uccello; la direzione  di tali radiazioni è determinata dalle proiezioni dei nodi lunari."

 

Non entreremo nei dettagli più specifici della teoria di Domenico Rossi, invitando il lettore a leggere direttamente l'opera di questo naturalista-filosofo, dotato di una audacia speculativa veramente ammirevole. Diremo solo che essa tiene conto di alcune importanti acquisizioni della fisica moderna e, in particolare, poggia sulla convinzione che le forze cosmiche, le quali giungono sulla Terra sotto forma di influssi, raggi siderei, radiazioni stellari, onde, vibrazioni, esercitano una considerevole influenza anche sul volo degli uccelli. Mettendo a confronto la data di partenza e quella di arrivo di numerosi uccelli migratori (Rossi si era particolarmente interessato ai rondoni, uccelli che trascorrono praticamente tutta la loro vita in cielo), la sua teoria individuò una concomitanza fra tali date e determinate posizioni dei corpi celesti e, in particolare, la proiezione dei nodi lunari.

Alcune osservazioni specifiche sul fenomeno migratorio degli uccelli sono del più vivo interesse. Ad esempio, Rossi ha notato che, quando gli uccelli in migrazione giungono in prossimità delle coste, preferiscono proseguire lungo di esse, anziché tagliarle, perché il loro profilo, fortemente ionizzzato, impedisce la penetrazione delle irradiazioni cosmiche, senza le quali gli uccelli perderebbero la rotta. Non solo. Egli ha pure avuto modo di constatare che, pur di non dover tagliare le coste che si trovano davanti, gli uccelli deviano la propria rotta anche di novanta gradi, piegando il volo ad angolo retto; tuttavia, prima di uscire dal campo d'influenza del nodo lunare, si decidono ad oltrepassarle in massa, perché essi viaggiano come all'interno di un "corridoio" formato proprio dalle proiezioni dei nodi lunari.

Lo stesso fenomeno, poi, si ripete ai margini dei boschi e delle foreste: l'evoluzione di masse umide, infatti - secondo l'autore - aumenta il grado di ionizzazione dell'aria, diminuendone al tempo stesso, la conduttività.

Purtroppo la teoria di Domenico Rossi sembra essere caduta nel vuoto, per la superciliosa diffidenza degli scienziati di professione. Essa  presenta caratteri di forte originalità; tuttavia non parte da una concezione spiritualista, ché, anzi, il suo autore è un convinto evoluzionista; deciso, però, ad avvalersi dei risultati di altre discipline, non sempre accettate dalla scienza accademica. Però egli è anche uno studioso ben deciso a ristabilire una visione finalistica delle scienze naturali, tornando a quella "filosofia naturale" che già Aristotele aveva teorizzato; ed è questo, secondo noi, il punto di maggiore dissonanza con la concezione moderna della scienza, che è essenzialmente di tipo descrittivo.

A Rossi, però, non basta poter descrivere il fenomeno delle migrazioni degli uccelli; la sua ambizione dichiarata è quella di  riuscire a spiegarne le ragioni profonde, risalendo a quell'unico fenomeno  cosmico che è la Vita.

Ecco come egli stesso espone, con un linguaggio semplice e piano, la propria concezione della filosofia naturale (Op. cit., pp. 169-171).

 

"In questa formula lo studio della psiche ha avuto un ruolo importante, perché ci ha permesso di comprendere le motivazioni di comportamenti che altrimenti  sarebbero risultati incomprensibili. Purtroppo, di norma, osserviamo gli uccelli con gli schemi logici della mente umana e finiamo per dotarli di stimoli e sensazioni in stretta analogia con i nostri. Gli animali, come le piante,  sono esseri in armonia rispetto al loro rapporto evolutivo, mentre l'uomo è a metà del suo cammino, metà spirito metà materia.  Così consideriamo un senso cromatico, una memoria topografica, una possibilità di orientamento, un olfatto e tante altre loro sensazioni alla stregua delle nostre, e questo perché l'ammettere un sistema sensitivo e percettivo diverso da quello ufficiale sarebbe troppo impegnativo e compromettente. Da tempo si sapeva ad esempio che i pipistrelli, anche accecati, riuscivano a scansare, al buio, nei loro voli, dei sottilissimi fili tesi fra le pareti di una stanza: di recente si è paragonata tale facoltà alla sensibilità dei radar. (…)

"A noi occorre di più. È quel mondo al di là degli animali e della loro storia che a noi interessa. Non bisogna fermarsi a vedere nella natura solo un fatto storico o un fatto meccanico ordinatore ma, sia pure attraverso gli elementi di una filosofia della Natura, giungere a comprenderne la dimensione gnoseoprassica. Per usare le parole di Pietro Hoenen: «La filosofia naturale ha il compito di cercare una spiegazione  della natura fin nei suoi più profondi fondamenti di tentare di affermare la essenza delle cose, perciò dovrà necessariamente disporre di principi generali…ma in seguito dovrà penetrare ulteriormente fino a rendere intelligibile  l'essenza specifica delle cose, la natura specifica delle loro così multiformi mutabilità» (P. Hoenen, Filosofia della Natura inorganica, traduzione dall'olandese di M. Cavaioni, 1950, La Scuola Editrice, Brescia, p. 93).

"Soltanto a queste condizioni si può pensare di cogliere quella che i filosofi della Natura chiamano «Totalità della vita» (Alessandro M. Fraenkel, Le scienze naturali nella filosofia di B. Croce, 1952, Laterza, p. 93), il significato della vita attraverso le sue manifestazioni finalistiche.

"Di fronte al fenomeno forse più spettacolare degli animali, la migrazione, non si può non rimanere  attratti innanzitutto dal principio naturale che esso attua e dai meccanismi secondo cui lo attua. E qui l'inconscio ci appare, finalmente, come realtà. L'avvicinamento di un essere vivente con i principi astratti della Natura, con la volontà finalistica della Natura, non può concepirsi in altro modo che attraverso l'inconscio in tutta la ampiezza del suo significato. Un eventuale scambio non inconscio fra principi astratti ed esseri viventi potrebbe, se mai, concepirsi nell'uomo, il quale è dotato di ragione e di coscienza. Ma esseri viventi privi di coscienza questo scambio con le volontà preordinate dalla Natura non può avvenire se non a livello inconscio…"

 

Il lettore, il quale ci abbia seguiti nei precedenti saggi ed articoli dedicati alla filosofia della scienza, avrà notato che la teoria di Domenico Rossi ha il merito (o il demerito, secondo i suoi detrattori) di ripristinare il concetto di finalismo nel mondo della natura, cosa che la avvicina alla concezione di un grandissimo matematico e scienziato italiano contemporaneo, oggi "stranamente" quasi dimenticato: Luigi Fantappié. Di lui ci siamo già occupati, non molto tempo fa, in un articolo al quale rimandiamo, per cogliere le analogie fra la sua visione del reale e quella sottesa alla teoria di Rossi (Francesco Lamendola, Luigi Fantappié e l'altra idea della scienza, sempre sul sito di Arianna Editrice).

È bene, a nostro avviso, che si torni a pensare non solo in termini di scienza descrittiva, ma di una scienza che voglia scendere al fondo della realtà; che si torni a parlare non solo di una scienza naturale, ma di una filosofia naturale; che si "sdogani" il concetto stesso di finalismo, troppo a lungo congelato nei magazzini di una concezione materialistica e meccanicistica, per la quale spesso era divenuto una merce imbarazzante e impresentabile.

E sarebbe bene che si tornasse a parlare della teoria della migrazione degli uccelli formulata da Domenico Rossi; la quale, anche se presentasse una parte soltanto di verità, avrebbe sempre, però, il merito di sollecitare un allargamento degli orizzonti speculativi da parte di troppi scienziati che, oggi, lavorano con una specie di paraocchi specialistico, che impedisce loro di cogliere la globalità e l'armonia complessiva del fenomeno chiamato "Vita".