L’Europa senza gli Stati Uniti può mettere fine alla guerra
di Riccardo Antoniucci - 08/09/2024
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Nessuna guerra è inevitabile, tanto meno quella in Ucraina. Su questo punto si sono trovati d’accordo i tre ospiti dell’incontro “Dove vanno Europa, Usa, Ucraina e Russia”, sul palco della festa del Fatto Quotidiano ieri a Roma. I tre, intervistati dai giornalisti Stefano Citati e Alessia Grossi, sono firme abituali del quotidiano: l’economista americano ed esperto di geopolitica Jeffrey Sachs, il sociologo Alessandro Orsini, l’ex ambasciatrice Elena Basile. Sullo sfondo, gli annunci di Zelensky sul piano di pace (che non coinvolge la Russia) da presentare a novembre e le pressioni di Kiev per spingere gli Alleati ad allentare le restrizioni sull’uso delle armi occidentali nel territorio di Mosca.
Ad aprire l’incontro, l’analisi delle cause profonde del conflitto. “Le ragioni di questa guerra sono ben diverse da quelle che vengono raccontate”, ha detto Sachs. Per lui, l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022 è un capitolo di un conflitto più ampio cominciato a fine anni 90, quando gli Stati Uniti hanno messo in pratica i piani di espansione della Nato a est, realizzando le teorie neocon egemoni sia tra i democratici che tra i repubblicani: “L’ho visto con i miei occhi, da consigliere di varie amministrazioni di Washington e di Boris Yeltsin in Russia”. Sachs ha ricordato la genesi americana del colpo di Stato contro Viktor Yanukovich a Kiev nel 2014 e i molteplici allarmi venuti da Mosca sull’espansione della Nato. È lo stesso segretario Nato Jens Stoltenberg ad averlo riconosciuto, ha ricordato Orsini: “Una relazione interna del 2023 riconosce che la causa della guerra in Ucraina è l’espansione della Nato e afferma che Putin aveva offerto la possibilità di trattare, ma l’Alleanza ha preferito esporre l’Ucraina al rischio dell’invasione piuttosto che trattare con Putin”. Perché gli Stati europei hanno deciso di seguire passivamente l’interesse statunitense a scapito della loro sicurezza?, si è chiesta Basile. “Fin dall’inizio i termini di una mediazione con la Russia erano chiari, e in armonia con la filosofia dell’Unione europea: autonomia linguistica e federalismo”. Un’Ucraina federale, con ampia autonomia per le popolazioni russofone del Donbass e geopoliticamente neutrale, avrebbe evitato l’invasione militare.
“L’Ucraina neutrale è un problema solo per gli Usa, per il loro obiettivo di destabilizzazione della Russia”, ha spiegato Basile. L’ha seguita Orsini: “Il problema non è Washington che persegue i suoi interessi di politica estera, ma la Commissione europea, che dovrebbe proteggere il territorio europeo. Ursula von der Leyen doverebbe evitare politiche che accrescano la possibilità di guerre sul suolo europeo”. Sachs ha chiarito la centralità dell’Ue in una potenziale strategia di pace: “Se Bruxelles dicesse agli Stati Uniti ‘basta’, la guerra in Ucraina finirebbe immediatamente”. Ma il problema, ha continuato, è che “Bruxelles è la sede insieme dell’Ue e della Nato, e la Nato persegue gli interessi Usa”. Un cambiamento potrebbe arrivare se il Vecchio continente cominciasse a coltivare un’autonomia strategica per allontanare i rischi di un’escalation del conflitto. Improbabile, invece, che venga dagli Usa dopo le prossime presidenziali, che vinca Donald Trump o Kamala Harris. “Non importa chi sarà il prossimo presidente Usa, perché queste sono politiche di deep state trasversale. Basti pensare che Dick Cheney, teorico neocon, ha fatto endorsement per Kamala Harris l’altro giorno”.