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La Grande Bugia

di Massimiliano Mazzanti - 01/10/2025

La Grande Bugia

Fonte: 2 di picche

Prima che Israele porti a termine il genocidio del popolo palestinese, bisogna cambiare la prospettiva e denunciare l’immensa menzogna dei due popoli in due stati, da sempre premessa della cancellazione di una parte della popolazione che vive a Ovest del Giordano, tra l’Egitto e il Libano, a tutto vantaggio dell’altra.
Dove dovrebbe o sarebbe dovuto nascere, infatti, il fantomatico secondo stato? Nelle terre di altre nazioni? Oppure – come, del resto era avvenuto – in un enclave del territorio israeliano, dove è sempre stato chiaro che non sarebbe potuta sorgere un’istituzione libera, indipendente, padrona dei propri confini e delle propria economia, socialità e politica?
Chi ricorda la grande crisi sudafricana? Qualcuno avrebbe accettato come soluzione uno stato per i neri e uno per i bianchi? No, perché il popolo sudafricano era uno, costituito da bianchi, neri, in piccola parte asiatici. Uomini e donne cristiane, protestanti e cattolici, israeliti e animisti e anche atei.
Perché mai, allora, a Israele dev’essere ancora concesso – sul solco di un progetto pensato ben prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e delle persecuzioni subite dagli ebrei europei – di essere l’unico, indiscutibile e autenticamente stato razzista del mondo contemporaneo? Una nazione dove non si può essere compiutamente cittadini, se non si è ebrei, e di cui possono essere cittadini, a dispetto della nazionalità a cui si appartiene, tutti gli ebrei del mondo, alterando i normali rapporti politici che dovrebbero regolare la vita di un qualsiasi paese?
Ciclicamente, c’è chi propone di far entrare Israele nell’Unione europea, ma quale altra nazione del vecchio continente sarebbe accettata nella Ue, se trattasse le minoranze all’interno dei suoi confini come Israele tratta i palestinesi, mussulmani o cristiani che siano? L’Europa che contesta all’Ungheria l’introduzione di norme che, regolando i costumi, violerebbero i diritti – che poi altro non sono che pretese – di supposte minoranze, può accettare ancora di avere normali relazioni con uno stato fondato sul dna dei suoi abitanti?
La Palestina – come ammise anche Golda Meir, in un’intervista che sta girando su Youtube – è una sola e il suo popolo non è – e non può essere – solo quello ebraico, così come nel resto del mondo tutte le nazioni hanno una pluralità di origini etniche al proprio interno.
Israele dev’essere costretto a non considerarsi più uno Judenstaat, ma a trasformarsi in una nazione civile, dove gli abitanti non possano più essere discriminati per la razza a cui appartengono. Come accade nel resto del mondo, il governo di Tel Aviv deve essere indotto – anche con una seria politica di sanzioni e di isolamento internazionale – a riammettere alla piena cittadinanza i palestinesi e a tutelarne i diritti come ogni stato civile fa con le rispettive popolazioni. Uno stato dove tutti possano essere pienamente “israeliani”, pur non essendo ebrei e non professando la religione di Mosè. E dove l’essere ebreo e rispettosi della Torah non costituisca titolo di privilegio rispetto agli altri.
Come sarebbe giudicata l’Italia, se l’andare a messa la domenica o il non aver stranieri nell’albero genealogico costituisse un titolo costituzionalmente – o sostanzialmente – preferenziale?
Incredibile: tutto il mondo dovrebbe diventare multietnico, secondo le anime candide del Centrodestra e del Centrosinistra, inglobando e integrando anche coloro i quali non hanno alcun legame o radice con i paesi, in cui emigrano; mentre Israele – e solo Israele – avrebbe il diritto di preservare la sua integrità di sangue, anche annichilendo una parte della propria popolazione? Non è l’ora di dire basta? Non è venuto il tempo di dichiarare ad alta voce che le discriminazioni patite nella storia da un popolo non possono essere la scusa per imporne di analoghe ed equivalenti ad altri popoli.
I palestinesi non possono continuare a essere un problema per tutto il consesso internazionale, tranne che per Israele. Devono tornare a essere il più grande e grave problema di Israele, con la necessità che quello stato e quel governo rimedi ai mali del passato, restituendo alle donne e agli uomini di Gaza i diritti. di cui sempre avrebbero dovuto godere nella loro patria.
Altro che due popoli e due stati: un solo popolo, quello palestinese, dove non esistano più distinzioni di razza e religione. Solo nell’eguaglianza dei diritti e delle opportunità si può sperare di intravedere un orizzonte di pace. Diversamente, oltre che all’olocausto dei palestinesi, sarà inevitabile prepararsi ad altri lustri, se non decenni di violenza e terrorismo, poiché non ragionevole, per non dire altro, che le vittime sacrificali di una politica spietata si lascino annientare senza reazioni.
Continuare a contrabbandare lo slogan “due popoli, due stati” come la soluzione della guerra civile – perché di questo si tratta, di un conflitto crudele tra due fazioni dello stesso popolo – tra ebrei e arabi palestinesi, significa solo accettare ipocritamente la distruzione – in buona parte anche fisica e già realizzata – della minoranza non ebrea della Palestina.