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La causa del popolo

di Alain De Benoist - 09/12/2005

Fonte: alaindebenoist.com

Disfunzioni di un sistema

 

Come turbare un

popolo disincantato

e navigato

come il nostro se non sbandierandogli

davanti di tanto in

tanto pericoli immaginari?"

scriveva Tocqueville ne L’Ancien

Régime et la Révolution.

pericoli immaginari sono,

oggi, quelli che la classe politico-

mediatica tira fuori dal cappello

per distogliere l’attenzione

dai veri pericoli e, in seguito,

fare dimenticare le proprie

malefatte. La denuncia del

"populismo" – la "minaccia

populista", la "deriva populista",

la "tentazione populista"

– ne fanno parte con ogni evidenza.

Dall’inizio degli anni

ottanta, questo termine, una

volta poco usato, è entrato prepotentemente

a far parte del

discorso pubblico. Ormai funziona

come un insulto politico,

fingendo di apparire, contraddittoriamente,

una categoria di

analisi.

È vero che oggi il populismo

soprattutto uno stile o un atteggiamento.

Come tale, può

accostarsi a qualunque ideologia:

nazional-populismo, populismo

ultraliberale, populismo

di sinistra, populismo operaio,

etc. Il populismo può essere

democratico o reazionario,

solidale o xenofobo. È un

camaleonte, una "parola di

gomma" che il discorso mediatico

o pseudocompetente può

diabolizzare tanto più facilmente

in quanto il termine, non

avendo un contenuto reale, può

essere applicato a qualunque

cosa. Donde questo "superimpiego

polemico" (Pierre

André Taguieff) che tende

scoraggiare tipologie e definizioni.

In quanto a stile, il populismo

soprattutto l’oggetto di partiti

acchiappa-tutto, che moltiplicano

le promesse in una prospettiva

essenzialmente demagogica.

I loro capi, tribuni dalle

mascelle serrate o dal sorriso

telegenico, sfruttano miserie

e rancori, capitalizzano paure,

miserie e angosce sociali, indicando

spesso capri espiatori

senza mai, beninteso, mettere

in causa la logica del capitale.

Il loro atteggiamento più frequente

è rivolgersi al popolo

contro il sistema in vigore.

Questo "appello al popolo"

con ogni evidenza equivoco,

proprio per il fatto che la

nozione di popolo può essere

intesa in molti modi. Il populismo

manifesta il suo lato

"naif" quando si limita

incensare le "virtù innate" del

popolo, la sicurezza "spontanea"

dei suoi giudizi, che renderebbe

inutile ogni mediazione.

Si è potuto sostenere che

populisti fanno politica controvoglia.

Essi corrono allora il

rischio di cadere, o in un atteggiamento

puramente impolitico,

o in un poujadisme brontolone.

Tuttavia, per quanto criticabile

possa essere, questo populismo

assume valore di simbolo. Reazione

"da un basso" verso un

"alto" in cui l’esperienza del

potere si confonde con il godimento

dei privilegi, rappresenta

prima di tutto il rifiuto di

una democrazia rappresentativa

che non rappresenta più

nulla. Protesta contro l’edificio

tarlato di istituzioni fatiscenti

separate dal Paese reale, rivelatore

delle disfunzioni di un

sistema politico che non

risponde più alle attese dei cittadini

e si rivela  incapace di assicurare la

permanenza di un legame

sociale, testimonia un malessere

in continua crescita in

seno alla vita pubblica, un

disprezzo sempre crescente per

la Nuova Classe. Esso mette in

evidenza una crisi della democrazia,

recentemente analizzata

da Gérard Mendel come

"una tendenza di fondo in cui

si sommano la desacralizzazione

dell’autorità, una perdita

di fede nelle ideologie globali,

la convergenza di gestione

dei grandi partiti, il sentimento

diffuso che le forze economiche

sono le più potenti".

Questo populismo sorge quando

i cittadini si allontanano

dalle urne per il semplice

motivo che da esso non si

aspettano più niente.

In tali condizioni la denuncia

del "populismo" mira troppo

spesso a disarmare la protesta

sociale, sia all’interno di una

destra essenzialmente preoccupata

dei suoi interessi sia in

seno ad una sinistra divenuta

massicciamente conservatrice

e lontana dal popolo. Essa

permette allora a una Nuova

Classe venale e corrotta, la cui

preoccupazione principale è la

"delegittimazione di tutti coloro

per cui il popolo è una causa

da difendere dal profitto di

coloro per cui il popolo è un

problema da risolvere" (Annie

Collovald), di guardare al

popolo con disprezzo. Che il

"ricorso al popolo" possa

essere denunciato come una

patologia politica, per esempio

una minaccia per la democrazia,

è a questo riguardo

rivelatore. È dimenticare che

in democrazia, il popolo è l’unico

depositario della sovranità.

Soprattutto quando questa

è confiscata.

Ridotto a semplice atteggiamento,

il populismo diventa

sinonimo di demagogia, cioè

di mistificazione. Ma il populismo

può anche esistere come

forma politica di tutto rispetto,

per esempio come sistema

organizzato di idee. Esso ha

infatti i suoi grandi antenati:

Luddisti e cartisti inglesi, agrari

americani e populisti russi,

sindacalisti rivoluzionari e

rappresentanti del socialismo

francese di tipo associativo e

mutualista, senza dimenticare

alcuni grandi teorici, da Enry

George a Bakhounine, da

Nicolas Tchernychevski a

Pierre Leroux, Benoit Malon e

Proudhon.

Quanto alla forma politica, il

populismo si esprime con un

impegno verso le comunità

locali piuttosto che verso la

"grande società". Non essendo

solidale né con lo Stato né

con il Mercato, esso rifiuta sia

lo statalismo che l’individualismo

liberale. Aspira sia alla

libertà che all’eguaglianza,

ma è fondamentalmente anticapitalista,

poiché capisce

bene che il regno della merce

liquida ogni forma di vita

comune cui è legato. Mirando

a una politica conforme alle

aspirazioni popolari, fondata

su questa morale popolare per

cui la Nuova Classe non prova

che disprezzo, esso cerca di

creare nuovi ambienti di

espressione collettiva sulla

base di una politica di contiguità.

Esso postula che la partecipazione

dei cittadini alla

vita pubblica è più importante

del gioco delle istituzioni. Infine

dà importanza centrale alla

nozione di sussidiarietà. È per

questo che si oppone esplicitamente

alle èlites politicomediatiche,

manageriali e

burocratiche.

Anti-elitario, il vero populismo

è dunque incompatibile con

tutti i sistemi autoritari cui

troppo facilmente si tende ad

assimilarlo. È altrettanto

incompatibile con i discorsi

roboanti di leaders autoproclamatisi

che pretendono di

parlare in nome del popolo,

ma si guardano bene dal dargli

la parola. Quando l’impulso

viene dall’alto, quando è il

prodotto di un tribuno demagogo

che si affida alla protesta

sociale o al malcontento popolare

senza mai lasciare che il

popolo steso si esprima, si

esce dal populismo propriamente

detto.

Ricollocato nella giusta prospettiva,

il populismo ha un

futuro sempre più ampio mentre

la politica istituzionale ne

ha sempre di meno. Già ora,

il solo a poter sintetizzare l’asse

giustizia sociale-sicurezza

che tende a sostituire l’asse

sinistra-destra o i conflitti

sociali di tipo più classico. È

proprio questa l’alternativa

che offre il populismo paragonato

all’egemonia neoliberale,

fondata sulla sola politica rappresentativa.

Offrendo la possibilità

di rinvigorire la politica

locale grazie ad una concezione

responsabile della politica

partecipativa, può giocare

un ruolo liberatore. Il populismo

ritroverebbe così il suo

ruolo originario: servire la

causa del popolo.

 

(Traduzione di Gertrude Testini)