Tutta la vita in una scatola
di Massimo Gramellini - 16/09/2008
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Poi, una mattina di quasi autunno, il capo ti convoca in sala riunioni assieme ai colleghi, tutti in fila fianco a fianco, come per un premio o per un’esecuzione. E ti dice che la tua diga di oggetti non è servita ad arginare l’onda impetuosa del cambiamento: ragazzi si chiude, addio e buona fortuna. Tu torni nella tua stanza e non pensi a niente, perché qualunque pensiero potrebbe spaventarti. Svuoti in fretta la scrivania, raduni il tuo presepe ambulante nello spazio ancor più ristretto di un parallelepipedo di cartone, lo prendi in braccio e te ne vai senza voltarti indietro. Inutile chiedersi come fanno i licenziati ad avere ogni volta una scatola a portata di mano. È sempre la stessa, fa parte del presepe, momentaneamente parcheggiata contro una parete o dentro un armadio. Il simbolo di quella precarietà da sfollati esistenziali che qualcuno, di solito ricco e inamovibile, si ostina a chiamare progresso. |