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Mangrovie a Karachi

di Marina Forti - 20/10/2008


 

Sono bastate poche settimane: in luglio i boschi di mangrovie tra i villaggi di Ibrahim Hyderi e Rehri Goath sono scomparsi. I due villaggi si trovano ai bordi della «grande Karachi», la metropoli pakistana affacciata sul mare Arabico, spiega una preoccupata lettera a The Friday Times, autorevole settimanale indipendente pakistano. Un'area metropolitana gigantesca, abitata da qualcosa come 13 milioni di persone, che si espande ormai a lambire il delta del fiume Indo. Un delta importante, che copre circa 600mila ettari (è il sesto al mondo per grandezza), con 17 canali maggiori e un groviglio innumerevole di canali minori coperti da una fitta vegetazione di mangrovie, gli alberi dalle radici aggrovigliate che «pescano» in acqua, creando un ricco habitat naturale e una solida protezione dalle onde dell'oceano. E' un caso forse unico: la più grande estensione di mangrovie al mondo in un clima arido quale è il Pakistan meridionale.
Il punto è che quelle mangrovie stanno scomparendo in modo inesorabile. E la prima causa è proprio che dipendono dall'acqua portata dall'Indo, visto che nella regione piove ben poco: ma di acqua, il grande fiume che nasce dall'Himalaya ne porta sempre meno. Infatti negli ultimi 60 anni una serie di dighe e chiuse è stata costruita nella parte alta del suo corso e sui suoi affluenti.
L'acqua è deviata per alimentare progetti agricoli o industriali. Oggi circa il 60% dell'acqua del bacino dell'Indo finisce nella rete di irrigazione, importante perché bagna oltre 15 milioni di ettari, circa l'80% delle terre coltivate di un paese essenzialmente agricolo. Questo però ha un costo pesante sull'equilibrio ambientale - per tutto il Pakistan, tagliato da nord a sud dal grande fiume. Tanto più che le singole province non hanno una politica coordinata, ciascuna pompa secondo necessità e progetti, sempre di più. Per le mangrovie è un attentato mortale: gli alberi stanno letteralmente morendo di sete. E questo è un attentato anche alla sopravvivenza del milione e passa di persone che vive attorno alle mangrovie. Il documento della Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) da cui traggo questi dati stima che oltre 135mila persone dipendano direttamente dalle mangrovie per la propria sopravvivenza, in particolare pescatori, contadini. Tre quarti del delta vivono di pesca: ma con il declino delle mangrovie scompaiono anche pesci e crostacei.
La lettera pubblicata dal Friday Times indica altre minacce alle mangrovie: il taglio illegale (ma ampiamente tollerato) del legno, e la «mafia della terra», soprattutto nelle zone ormai lambite dalla metropoli in espansione. Spiega ad esempio che il governo municipale di Karachi smaltisce i rifiuti solidi urbani buttandoli in mare - ad esempio nei villaggi già citati - e interrandoli, e così «reclama» al mare sempre nuove zone dove le mangrovie sono state tagliate o sono lasciate a morire di sete. La lettera parla delle proteste, vane, del Pakistan People's Forum; racconta di pescatori in fallimento che tagliano i poveri alberi rimasti per venderli alle piccole aziende che lo trasformano in carbon vegetale. Infine nota che la gran parte delle aree costiere cade sotto la giurisdizione di tre istituzioni: la Defence Housing Authority, il Karachi Port Trust (entrambe di proprietà dell'esercito pakistano) e il Land Revenue Department (dello stato), e conclude: «Sfortunatamente, queste tre agenzie hanno come priorità lo sviluppo economico, non l'ambiente e le mangrovie».