Lo strano caso del principe Carlo
di Alessandro Cisilin - 05/03/2009

Sarà che è il principe di un regno che forse non avrà mai. Sarà che rimane comunque un erede monarchico, con tutte le motivate antipatie e ironie del caso. Sarà che è la monarchia più potente e discussa del pianeta. Sarà che la sua articolata e tragica vita coniugale gli ha guadagnato l’ostilità di mezzo mondo. Sarà che la fonte e la dimensione dei suoi denari e della sua influenza non sono mai derivate da alcuna attività economica né elettorale, né hanno avuto il contrappeso di un effettivo onere di responsabilità. Sta di fatto che il principe Carlo usa davvero la statutaria libertà di cui dispone. E la usa al punto da risultare una delle più lucide e agguerrite anime della militanza ambientalista.

Ciononostante è definito un “autentico eroe verde”, o anche un tenace “intellettuale dissidente”. Ironia della sorte, a sostenerlo non è la stampa mainstream d’oltremanica, largamente conservatrice, scandalistica e filo-monarchica, che anzi tende a rallegrarsi del probabile salto dinastico da Elisabetta II a William. A scriverlo sono due “covi” repubblicani, rispettivamente il Guardian e il più esplicito anche se meno diffuso Republic.
Nel suo ultimo incontro annuale con la stampa estera il plurinominato ha messo in discussione l'idea stessa di progresso, definendo la crisi finanziaria come un “effetto collaterale della più drammatica crisi ambientale”, figlia della crescita dei consumi e della dipendenza tecnologica che ha “pericolosamente ridotto” il nostro rispetto per la natura. Sembrano considerazioni generiche, per quanto radicali. Nel caso di Carlo sono avvalorate da un curriculum ecologista sostanzioso quanto antico.
Risalgono ad esempio già agli anni settanta i suoi strali contro l'uso dei mari come spazzatura per cittadini e imprese. La denuncia, che all'epoca suonava ai più come stucchevole, ora è terreno di convenzioni internazionali che hanno preso atto degli effetti devastanti dell'inquinamento marino da lui preconizzati. Da decenni inoltre suscita carichi di ironia su battaglie globali per la costruzione di edifici e quartieri il più possibile eco-compatibili.

L’ironia poi si moltiplica quando si va a indagare sui personali possessi del principe. La sua automobile è un’Aston Martin di trentotto anni.
Si potrebbe pensare a consumi ben poco ecologici, invece no, perché il mezzo è stato convertito al bioetanolo realizzato con avanzi di vino. Alcuni dei suoi gabinetti poi sono alimentati non da acqua corrente ma piovana, e quasi tutti i dipendenti ora giungono al lavoro a bordo di una bicicletta. Il suo segretario personale ha inoltre annunciato che tra le seicentomila sterline investite l’anno scorso in progetti ecologici c’è quella di un’erba migliore per le sue mucche, per limitare la loro nociva emissione di metano.
L’ultima sua battaglia, peraltro lanciata da anni, è contro le coltivazioni geneticamente modificate, che Carlo definisce “il più grande disastro ecologico di tutti i tempi”, con perdita di fertilità dei suoli per i produttori, rischi sanitari per i consumatori e crescita delle emissioni nocive per tutti. E anche qui le agenzie internazionali sono arrivate oggi a dargli ragione. Il governo di Sua Maestà invece ha un altro motivo per irriderlo. Avendo già siglato cinquantaquattro appalti per colture Ogm.