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La nostra "cara terra materna" e il mondo animale nella filosofia greca

di Gino Ditadi - 27/10/2010


Scrive TEOFRASTO:
“Poiché la Terra è il focolare comune degli dèi e degli uomini, bisogna che tutti,
prosternati su di lei, considerandola nostra nutrice e madre, cantiamo inni e
l’accarezziamo come colei che ci ha generato”.
Teofrasto si rifà ad una tradizione rintracciabile in Pindaro, Odi, VII,
7, 98; Eschilo, Prometeo, 90; Coefore, 127-128; Euripide, Frammento 994
Nauck. In Eschilo, I sette contro Tebe, 16, nell’appello di Eteocle, vi è
l’espressione “Terra materna, la più dolce nutrice”. L’Inno Omerico A Gea,
madre di tutti i viventi, XXX, 2-15, qualifica la Terra come “madre universale,
dalle salde fondamenta, antichissima, che nutre tutti gli esseri”, come “forza
generosa”, “madre degli dèi, consorte del cielo stellato” – (Inni Omerici, a
cura di F. Càssola, Milano1975, pp. 435-437). Le lamine d’oro orfiche
trovate in alcune tombe a Hipponion, Petelia, Pharsalos, Eleutherna
risalenti ai secoli V-III a. C. ripetono sempre la stessa formula: “Sono figlio
della Terra e del Cielo stellato”; cfr. G. Pugliese Carratelli, Le lamine d’oro orfiche,
Milano 2001. In Eschilo, Eumenidi, vv. 1-5, la Pizia rivolge la sua preghiera
in primo luogo alla Terra, prima profetessa, prwtόmantiv, poi a
Themis, madre delle Stagioni, della giustizia, regola della natura e del diritto;
nell’Inno orfico LXXIX, Themis è maestra di Apollo ed è definita, “germoglio
di Terra, fresca fanciulla dal volto di corolla”. Platone, Repubblica, III, 414e,
afferma che bisogna convincere gli uomini, anche con il mito, che “sono
tenuti a provvedere e a difendere la terra che abitano come fosse la loro
madre e nutrice, se qualcuno l’assale, e a considerare gli altri cittadini come
fratelli e nati dalla terra”. In Cratilo, 397d, Platone afferma che i primi
uomini che abitavano la Grecia onoravano la Terra e gli astri. In Timeo, 40bc,
la Terra è definita “nostra nutrice… la prima e la più antica delle divinità
generate dentro il cielo”; in Menesseno, 237e - 238a, è definita nostra madre:
“La nostra Terra, che è anche nostra madre, offre una sufficiente
dimostrazione di aver generato degli uomini; unica infatti, a quel tempo e
per prima produsse un nutrimento adatto all’uomo, il frumento e l’orzo con
cui alimenta, nel modo migliore e più confacente, la stirpe umana, proprio
come se essa stessa l’avesse generata”. Altrove Platone ricorda che un
tempo, a Creta, si usava la bella espressione “cara Terra materna”. Negli
Inni Orfici la Terra è dea che tutto dona e nutre (XXVI), “Madre degli dèi”,
“santa, dai molti nomi” (XXVII). Cfr. Phaesti lapide repertum, in: O. Kern,
Orphicorum Fragmenta, 106 (F32 b IV K); Papyrus Berolinensis, 44, IV, 60-68,
Kern, OF 122. Il Perì eusébeias di Filodemo (si veda l’edizione a cura di Dirk
Obbink, Oxford University Press, U.S., 1994), riporta una colonna del
Papiro Derveni (la XXII), nella quale si legge: “Negli Inni Orfeo dice che la
Terra e Demetra sono equivalenti a Estia”. Sulla Terra come Madre si
vedano: A. Dietrich, Mutter Erde, Berlin 1925; O. Pettersson, Mother Earth,
Lund 1967; Ph. Borgeaud, La Mère des Dieux, Genève 1996. Analoga
sensibilità, tra i moderni, in G. Th. Fechner, Zend-Avesta. Gedanken über die
Dinge des Himmels und des Jenseits, Leipzig 1851 (in particolare i capitoli II, La
terra morta e la terra vivente; V, La Terra nostra madre; VI, Gli astri come esseri
superiori). Quanto al «cantare inni», Teofrasto (come i Pitagorici e Platone –
cfr. Ione, 535a-536b), era assolutamente convinto del valore religioso, civile
e anche terapeutico del canto e della musica; si veda, per esempio:
Teofrasto, fr. 88 Wimmer=Aristosseno fr. 6; cfr. Aristosseno fr. 117;
Dicearco, in F. Wehrli, Sch. d. Arist., I, fr. 93; A. J. Neubecker, Bewertung der
Musik, p. 64, nota 4; Marziano Capella, De Nuptiis Philologiae et Mercurii,
Milano 2001 (a c. di I. Ramelli), IX, 923: “Teofrasto s’impegnò ad esporre
quest’argomento [l’armonia del mondo] a tutti i mortali. Anche i Pitagorici
insegnarono ad addolcire con flauti e cetre la ferocia dell’animo.
Accanto alla difesa della madre Terra, ineludibilmente legata ad essa è
la difesa del mondo animale, dotato di sensibilità, memoria, intelligenza.
Teofrasto, anche in forza della sua esigenza di riforma della religiosità
(eusébeia) greca, è legato al pitagorismo di Empedocle alla luce del quale (e
non solo), giustifica la sua ricerca di una nuova pietà religiosa in grado di
avvertire la contraddizione tra il divino e l’odore del sangue che
ingiustamente sgorga dalla gola squarciata dell’animale offerto in sacrificio.
Teofrasto, il fondatore dell’ecologia, ha tentato di rifondare la civiltà ma, in fine,
tale intento si è dissolto ed è rimasta una formidabile, potente, profonda,
eroica e sublime aratura del mare.
La preoccupante crisi della civiltà e le connesse emergenze ambientali
planetarie contemporanee, derivano anche dalla latitanza della cultura che
non ha saputo (o voluto) trasmettere fondamenti, di qui le tragiche e più
che giustificate conclusioni di Theodor Wiesengrund Adorno in Dialettica
negativa, che si sposano perfettamente con quelle di Claude Lévi-Strauss e di
Hans Jonas. La cultura, nel suo palazzo ben definito da Brecht, che non ha
fatto la sua parte ieri, ha lo spazio e l’energìa per farlo oggi?