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L’ Urplanfze di Goethe

di Salvatore Nicastro - 10/11/2010

Fonte: nemetonmagazine


goethe
Se si crede di poter afferrare la pianta-tipo solo mediante i fenomeni sensibili espressi dalle varie forme vegetali, non si possiede l’organo atto a comprendere Goethe. Nella pianta, quale organismo vivente, occorre considerare la natura dell’insieme e non i particolari isolati, perchè questi non portano in sé il loro principio esplicativo. Solo se viviamo noi stessi il complesso delle leggi formative interagenti – complesso che per forza propria determina i particolari, le singole parti dello sviluppo – allora intuiamo che esso è la natura della pianta stessa tradotta in idea, e questa idea vive nel nostro spirito come vive nell’oggetto. Arriviamo così a rappresentarci un organismo vivente sin nelle sue minime particelle e non un oggetto morto, definito, ma qualcosa in continuo divenire, in crescente sviluppo. Nell’organismo bisogna considerare che la manifestazione esteriore è la cristallizzazione di un principio interiore che agisce compenetrando ogni particolare. Secondo Goethe in tutte le forme, e in particolare in quelle organiche, non vi è nulla di immutabile, di chiuso: tutto ondeggia in un movimento. A questo fluttuante movimento egli contrappone quale elemento costante l’idea. La natura è un incessante fluire ma le sue leggi sono immutabili. Goethe cerca nell’infinità delle forme vegetali la pianta primordiale una. Quindi abbiamo l’uno (l’idea) e il molteplice (il reale) e quest’ultimo essendone la variabile, non può esserne l’essenza. L’essenza va ricercata in profondità. Per Goethe, la pianta-tipo non può non esistere, altrimenti come potrebbe risultare riconoscibile questa o quella forma se esse non fossero tutte formate secondo un modello? è un quid ideale afferrabile solo col pensiero. Pensiamo al triangolo: vi sono diverse forme, ma qual è il tipo ovvero l’insieme delle leggi, l’idea che dà origine a queste forme? Tre rette che intersecandosi formano insieme un angolo di 180°. Le singole manifestazioni della pianta sono molteplici espressioni dell’organismo primordiale, il quale ha in sé la facoltà di assumere svariati aspetti e in una situazione determinata assume quell’aspetto che risulta il più appropriato alle condizioni ambientali. Queste ultime, quali influssi esterni, non agiscono sull’organismo come cause meccaniche, poiché l’ambiente diventa l’attualizzazione di quelle forze formative intrinseche che si palesano in un modo particolare, e solo queste ne sono il principio creativo. “En kai pan”: il vivente è un tutto in sé conchiuso e deriva da se stesso i propri modi di esistere. Tanto nella connessione spaziale degli organi (forma), quanto nella successione temporale (movimento) degli stadi di un essere vivente, esiste un gioco di reciproci rapporti che non sembra condizionato dai caratteri sensibili degli organi, né da un nesso meccanico-causale tra uno stadio precedente e uno successivo; al contrario esso viene dominato da un principio superiore che si eleva al di sopra dei singoli organi e stadi. Dipende dalla natura dell’intero che un determinato stadio sia posto come primo e un altro come ultimo. Un continuo divenire. Nella pianta questa dipendenza di ogni singolo membro dall’organismo intero si esprime nel fatto che tutti gli organi sono costituiti secondo la medesima forma essenziale. Goethe identifica nell’organo della foglia il vero Proteo, capace di celarsi e manifestarsi nelle apparenze più diverse. Essa è sempre e solamente foglia. In ogni singola parte è contenuta in potenza l’intera pianta e da ogni singola parte l’intera pianta si può anche sviluppare purché le condizioni siano favorevoli. Le forze che organizzano la natura vegetale quando entrano nell’esistenza reale assumono svariate forme che si uniscono nel concetto vivente, nel senso del loro progresso e regresso. Questo si traduce in un processo di alterno contrarsi ed espandersi. Nel seme la formazione della pianta è contratta al massimo grado, poi, con le foglie, segue il primo espandersi della forza formativa. Nel calice le forze si contaggono di nuovo verso un punto assiale, e la successiva formazione della corolla è di nuovo un processo di espansione. Quindi, gli stami e il pistillo sono la consecutiva contrazione mentre il frutto è la terza e ultima espansione. Contrazione ed espansione è il modo in cui l’interiorità, l’idea, dell’organismo pianta si configura. Aristotele direbbe entelechia. E non a caso, Goethe, visto il suo amore per la cultura greca, richiama spesso il principio dell’entelechia aristotelica. Le qualità sensibili della pianta non sono come conseguenza l’una dell’altra, ma esistenti l’una per l’altra. Dobbiamo andare oltre il mondo dei sensi, l’osservazione non è più sufficiente, se vogliamo spiegare i fenomeni occorre afferrare l’unità concettualmente.

Chi brama di conoscere

qualcosa di vivente e di descriverlo,

cerca prima di scacciar lo spirito;

così ha in mano le parti,

e non gli manca, ahimè, che l’essenziale:

il nesso spirituale!

Faust, parte I “Studio