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Exxon Valdez: ventiduesimo anniversario di un disastro colossale

di Giacomo Dolzani - 27/03/2011

Fonte: italiasociale



Ma la nave, statunitense, oggi circola per i mari d’Europa. Con un nome nuovo.


Il 24 marzo 1989, esattamente ventidue anni fa, la superpetroliera americana Exxon Valdez, di proprietà della Exxon Mobil (colosso del petrolio a cui appartiene la Esso), che transitava nello stretto di Prince William, in Alaska, per evitare un iceberg, deviò dalla rotta stabilita, avvertendo la guardia costiera e, per una cattiva esecuzione della manovra, andò a collidere sugli scogli vicini alla costa, che ne danneggiarono lo scafo provocando la fuoriuscita di greggio.
Accortosi della faglia nello scafo, il comandate avvertì la guardia costiera con le parole: “stiamo evidentemente perdendo un po’ di petrolio”, quel “po’ di petrolio” si rivelerà, pochi giorni dopo, essere pari ad un volume di 41 milioni di litri di greggio, riversati in mare e sparsi dalle tempeste dei quei giorni su duemila chilometri di costa.
La macchina dei soccorsi si attivò praticamente subito, dopo sole tre ore dall’incidente. La guardia costiera intervenne con tutti i mezzi e migliaia di volontari ed attivisti offrirono il loro aiuto per limitare il disastro.
A causa forse della scarsa competenza, forse per i mezzi utilizzati, gli interventi furono spesso inutili se non dannosi per l’ecosistema; un esempio fu l’utilizzo di schiume ed altri prodotti chimici, di cui al tempo non si conoscevano gli effetti a lungo termine e la loro capacità di permanere in loco dopo l’utilizzo.
Furono organizzati anche interventi per il salvataggio in extremis di specie animali in via di estinzione come le lontre, lo scopo dei quali fu però più di propaganda che di reale utilità. Di queste lontre ne fu infatti prelevato un numero poco più che simbolico e ancora più esiguo fu il numero di quelle salvate.
L’impatto sulla fauna fu terribile, in quella zona, oltre alle lontre, hanno\avevano il loro habitat animali rari come l’aquila dalla testa bianca, simbolo degli USA, migliaia di specie di pesci tra cui l’orca, bivalvi e centinaia di specie di uccelli. Venne calcolato che nei giorni e mesi successivi morirono più di duecentocinquantamila uccelli marini, duemilaottocento lontre, trecento foche, duecentocinquanta aquile e ventidue orche. Questa fu però solo una stima sull’impatto immediato, queste specie risentono ancora oggi dell’inquinamento delle acque e del territorio, e dopo più di due decenni la loro popolazione, a parte quella delle aquile, è ancora in forte calo, tanto che se ne teme ancora la possibile estinzione nei prossimi anni.
Il disastro però non toccò solo la fauna, ma il greggio riversatosi in mare penetrò nel sottosuolo, nelle spiagge e tra gli scogli e, dopo ventidue anni ancora lì giace, causando malformazioni in gran parte della flora costiera, sia terrestre, che lo assorbe attraverso le radici, sia marina, in quanto o scambio di sostanze tra sottosuolo e mare, anche se in piccole quantità, è continuo.
La quantità di petrolio recuperata ad oggi è solo il 15% di quella fuoriuscita dalla Exxon Valdez, e difficilmente si riuscirà a ripulire ulteriormente la zona, si stima che un 20% sia evaporato o si sia biodegradato col tempo, ma la maggior parte rimane comunque disperso nell’ambiente.
Oggi, dopo più di due decenni, scavando una buca sulla riva del mare dell’Alaska si può ancora ammirare il petrolio imprigionato nel sottosuolo, oppure si può vederlo ancora incrostato sugli scogli di duemila chilometri di costa, ingerito dai pesci e dagli uccelli che se ne nutrono.
Da quell’evento l’economia della zona, basata sulla pesca e sul turismo, venne gravemente danneggiata e migliaia di persone persero il lavoro e la possibilità di provvedere a se ed alla propria famiglia.
Per aver causato questa enorme mole di danni economici, morali, ma soprattutto ambientali la multinazionale Exxon, oltre che ad assumersi tutte le spese di pulizia, quasi totalmente rimborsate dalle assicurazioni, venne condannata ad una maxi multa di otto miliardi e mezzo di dollari. Quella multa, dopo vent’anni di processi, nel 2008, venne ridotta dal governo, comandato dalle lobbies, alla somma ridicola di cinquecento milioni di dollari ed al divieto della nave Exxon Valdez di circolare nello stretto di Prince William.
Oggi la petroliera, a causa del divieto, ha semplicemente cambiato rotta e nome in SeaRiver Mediterranean, trasportando ancora petrolio, questa volta attraverso mari europei, quelli americani sono troppo preziosi, e tutelati da un governo ora in grado di proteggerli.