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Ci risiamo col “terrorismo islamico”?

di Enrico Galoppini - 25/05/2012

Fonte: europeanphoenix



 L'imam Abu Ammar al-Sudani, predicatore musulmano che conduce il programma «Dall'interno della terra dei romani».

Ci risiamo. Sembrava una fase superata, ma non è così, probabilmente perché ci si appresta ad un’altra aggressione, questa volta in grande stile, di un paese arabo-musulmano (la Siria) o di un’intera regione abitata in prevalenza da musulmani (l’intero Vicino Oriente, dal Libano all’Iran).

Ci risiamo con la “paura dell’Islam”. Subito dopo l’11 settembre era usuale essere spaventati con storie, le più pretestuose e fantasiose, che coinvolgevano presunti “terroristi islamici”, regolarmente smentite grazie al lavoro di coraggiosi e preparatissimi avvocati. Era la stagione dei “Porta a Porta” col “macellaio di Porta Palazzo”, di Adel Smith contro Forza Nuova, dell’“imam di Carmagnola” sbolognato dall’Italia e di altri personaggi gettati nel tritacarne mediatico che “sbatte il mostro in prima pagina”.

Vi era infatti da puntellare la versione ufficiale del “big bang del XXI secolo”… “Chi ha commesso l’11 settembre? Il crimine dei crimini contro La Civiltà? Ovvio, l’Islam e i musulmani!”.

Sembrava una fase superata perché poi l’America ha “teso una mano all’Islam” (ma solo quello “sunnita”…) col famoso discorso di Obama al Cairo, mentre l’Egitto veniva disseminato di “Ong democratiche”, e a quel punto si è calcata meno la mano sul “terrorismo islamico” con turbante e scimitarra, al punto che anche i più ferventi accusatori dell’Islam hanno ‘cambiato mestiere’, producendosi in spettacolari “conversioni” in mondovisione... Vi era, a questo punto, da mettere in scena la “Primavera araba”, con gli “estremisti islamici” che tornavano ad essere gli alleati dell’Occidente. Non che avessero mai smesso di esserlo (v. l’Afghanistan degli anni Ottanta, la Cecenia dei Novanta e la ex Jugoslavia), ma quella tra “fondamentalisti” delle due sponde apparentemente contrapposte – quella “anglosionamericana” e quella “islamica” - è un’amicizia che non va mai troppo sbandierata per non cadere in evidente ed imbarazzante contraddizione; e poi non si può dire che sono tutti quanti “cattivi” allo stesso tempo, altrimenti chi sono stavolta i “buoni” che andiamo ad “aiutare” con la Nato in Libia e poi in Siria?

Infatti – dopo esserci liberati dell’ingombrante Bin Laden, finalmente “morto” - adesso i “cattivi” sono i “dittatori” come Gheddafi o al-Asad, assieme ai “mullah” e agli “ayatollah” sciiti, che non sono mai scesi dal podio di quest’imbecille e bambinesca classifica del “pericolo pubblico numero uno” in stile Far West.

Ma siccome la massa dei telesudditi non è che sia molto acuta, i media gettano alla rinfusa, in un unico calderone, sia i “dittatori” – presentati come “laici” da alcuni loro sostenitori nostrani quando tra l’altro non sono “laici” come s’intende da noi – che i “religiosi”, tanto alla fine sono tutti “brutti, sporchi e cattivi”, “ci vogliono sottomettere alla shari’a” e probabilmente intendono pure fregarci le donne per poi costringerle nel mitico “burqa” che, c’è da esserne sicuri, farà la sua ricomparsa in qualche studio televisivo in cui qualche “soubrette”, dall’alto di una vacanza a Sharm el-Sheykh, ci spiegherà l’altrettanto mitica “condizione delle donne musulmane”.

Così è accaduto che a Brescia, presso una locale emittente che – mi dicono – non si distingue per trasmissioni dai contenuti propriamente ‘islamici’, va in onda un programma, in lingua araba, pensato per presentare nel mondo arabo, via satellite, la vita dei musulmani che vivono in Europa. Insomma, niente di trascendentale o d’innovativo. Magari pure un programma un po’ noioso e scontato, ma che non si sognava di scatenare un terremoto come poi è successo. Anche se, a dir la verità, quando ho letto del “lancio” dell’iniziativa, mi son detto: “Vuoi vedere che parte una caccia alle streghe?”.

È difatti accaduto che dopo una “polemica” iniziata sulle colonne di “Libero” e del “Giornale” secondo un’oliata tecnica da “compagni di merende”, a bussare alla porta del canale bresciano si sono recati prima i Carabinieri e poi la Digos per acquisire la registrazione della trasmissione, condotta da un sudanese (in “asilo politico” in Italia: ma non sono sempre “bravi” i “richiedenti asilo”?), tratteggiato nientepopodimenoche come un “imam”, una sorta di “Bin Laden fatto in casa”; il che, ad un pubblico totalmente disinformato e/o in malafede, evoca all’incirca l’idea di un diavolo.

Ma prima di proseguire è necessaria una parentesi: non è questione di denunciare i giornali della “destra” in quanto “islamofobi” (ovvero che agitano la “paura dell’Islam”), preferendogli quelli della “sinistra”. Per prima cosa, ho più volte scritto che “destra” e “sinistra” sono due facce di un unico andazzo, quello liberaldemocratico, ateo e dissacrante, senza rispetto per niente e per nessuno, per cui tutta questa massa di carta sprecata si trova a darsi battaglia solo su un certo piano relativo per completarsi in realtà a vicenda, poiché non è certo incoraggiando un Islam (o qualsiasi altra tradizione) a ‘misura di diritti umani’ come fa la “sinistra multiculturale” che si rende un servizio alla causa della Verità e si favorisce un raddrizzamento di una situazione che oramai ha preso una piega preoccupante, tanto la “vita moderna” è diventata disanimata e senza senso. In più, va detto onestamente che l’Islam così come viene incarnato da alcuni suoi “rappresentanti” che fan di tutto per mettersi in mostra parlando tanto per dire che hanno parlato può risultare – ed è del tutto legittimo – particolarmente antipatico, sia al “radical chic” entusiasta del “laicismo” sia al buzzurro “padano” che, poverino, pensa di “difendere la sua cultura” brandendo un panino con la porchetta in faccia a gente che non chiede altro che poter fare le preghiere in un luogo degno e consono allo scopo senza doversi nascondere in qualche scantinato, nemmeno fossimo all’epoca delle catacombe.

Certi “rappresentanti” della religione islamica, infatti, a forza di privilegiare la “lettera” a scapito dello “spirito” ne hanno fatto una specie di talmudismo leguleio, insulso ed arido, tutto “regole”, “proibizioni” ed “anatemi”, che certamente né avvicina i non musulmani desiderosi di abbeverarsi ad una fonte di saggezza perenne né previene l’abbandono della religione da parte dei suoi aderenti, i quali si sentiranno progressivamente come si sono sentiti i cristiani occidentali, che di fronte alla discrepanza tra il “dire” e il “fare” dei loro sacerdoti si sono pian piano progressivamente disamorati e disillusi sull’utilità della pratica religiosa. Che senso ha, infatti, discutere della possibilità, per il marito, di giacere amorevolmente con la moglie da poco deceduta? Non c’è altro di più sostanzioso di cui “discutere”? Va bene, un antropologo che sa tutto della sua materia potrebbe obiettare che sì, esiste una popolazione nel tal sperduto anfratto che ha la medesima usanza… per cui “nulla di nuovo”. Ma dico, ammesso e non concesso che non si tratti d’una inedita stravaganza, possibile che certi “sapienti” (o sedicenti tali) non trovino di meglio che cavillare su simili assurdità piuttosto che presentare, o meglio comunicare con l’esempio, il senso dell’Islam ai loro uditori? Non si poteva scegliere di cominciare la serie di trasmissioni con qualche altro argomento?

D’accordo, quando ci sono malafede e pregiudizio si trovano pretesti per attaccare anche il “bene incarnato”. E la vicenda stessa del Cristo, un uomo così mite e puro, che era la “bocca della Verità”, massacrato da un’orda di belve che - parole del Cristo stesso – si son presi “per padre il Diavolo”… insegna parecchio, ed aiuta a comprendere come funzionano i moderni “processi mediatici”, nei quali un poveretto viene fatto oggetto di un linciaggio a tutto tondo, senza possibilità di salvarsi, né più né meno come Gesù accusato dal Sinedrio.

Non conosciamo il signor as-Sudani, ma non dev’essere molto simpatico trovarsi addosso tutte queste “attenzioni” da parte di una serie di soggetti che, anche se non sembra (chi scrive su un giornale non è sempre un “giornalista”…), lavorano di concerto, metodicamente, per un unico scopo. Se, invece, fossimo di fronte alla buona fede di chi, di volta in volta, tratteggia in tv o sui giornali l’identikit di un “mostro”, vi sarebbe seriamente da chiedersi a cosa servano allora le lauree in Lettere che, prevalentemente, dovrebbero dare sbocchi come quello della “carriera giornalistica”. Come si fa, infatti - senza scoppiare a ridere nel rileggersi - a chiedere se si è stati amici di Bin Laden e, alla risposta negativa dell’intervistato (cosa poteva dire?), che sottolinea d’essere africano, ribattere perentoriamente che “beh, la setta nigeriana Boko Haram si dichiara affiliata ad al-Qaeda”?

Di questo passo verrà chiesto al malcapitato di turno se ha avuto rapporti con Belfagor o Fantomax. E, in base alla provenienza, poniamo dall’Indonesia, cosa ne pensa dei tagliatori di teste del Borneo (secondo me, persone degnissime e meno “biforcute” di molti “moderni”), o se africano come questo signore, se ha mai saputo, senza fare nulla per impedirlo, della bollitura di bambini bianchi, possibilmente “padani”, nel classico pentolone in cui mangiano i membri della sua tribù.

Ma è possibile andare avanti in questo modo? Fino a quando dovremo sopportare una simile insolenza e superficialità? Va bene, i pressappochisti ci sono sempre stati, ma almeno un tempo non avevano ambizioni “letterarie”, né pretendevano di insegnare alcunché a nessuno.

Oggi, invece, per il semplice fatto di “aver studiato”, tutti possono sproloquiare di tutto, e tanti saluti se in giro vi sono delle persone preparate che potrebbero offrire un servizio davvero “culturale” al pubblico delle “gazzette”. Il quale, però, evidentemente non riuscendo a comprendere nulla di più complesso (figuriamoci una spiegazione, una volta per tutte, di che cos’è un “imam”), mal sopporterebbe ragionamenti troppo sofisticati al bar, tra un caffè e un croissant, e mentre che c’è tenta la fortuna – la fortuna degli sfigati - col “gratta e vinci”.

Ma fin qui è roba da ridere, diciamo così, anche se non è affatto perdonabile il fatto che in un ambiente che si proclama “avanti” rispetto al resto del mondo possano circolare simili insulti al buon gusto e all’intelligenza. Dirsi “progrediti” comporterebbe una “nobiltà d’animo”, una maggior responsabilità ed avvedutezza quando si tratta un argomento così complesso come una tradizione religiosa cui aderisce oltre un miliardo di uomini, ma sta proprio nella pretesa d’aver lasciato “indietro” tutti gli altri, considerandosi una sorta di “popolo eletto”, che si racchiude il segreto di pulcinella del baratro in cui sta sprofondando il cosiddetto “Occidente”. Che mentre ringhia e minaccia di bombardare tutto e tutti ha sotto sotto una gran paura… La paura che si veda - che i suoi sudditi realizzino - quanto è inconsistente e fasullo… in poche parole, che “il re è nudo”.

È sintomatico infatti che una delle paure agitate sia quella dei “proseliti” che una trasmissione potrebbe far guadagnare. Ma cosa s’intende per “proseliti”? “Conversioni”? E che problema c’è? In Italia vi è l’assoluta libertà di predicare una religione, tant’è vero che le sette protestanti sono scatenate da questo punto di vista e nessun intervistatore si sogna di chiedere a chicchessia se è in rapporti d’amicizia con Bush, massacratore di non so quanti poveracci con la scusa della “guerra al terrorismo” e fervente “cristiano rinato”. Ma immaginiamo cosa accadrebbe se al posto dei protestanti, sotto il gazebo in piazza, a strimpellare e diffondere materiale propagandistico tra l’edificante e l’apocalittico, si aggirassero per le nostre città dei “maomettani”… Apriti cielo!

Oppure per “proseliti” s’intende, subdolamente, “adepti di organizzazioni terroristiche”? Non potremo mai saperlo, ed in effetti è tutto questo mescolare i piani, questo confondere le acque nella mente di un pubblico sprovveduto che ha prodotto l’idea folle secondo cui l’Islam equivale al “terrorismo”, questo nemico talmente indefinibile che permette di scatenare aggressioni a destra e a manca senza dover addurre alcuna giustificazione razionale. Per il pubblico più “acculturato” è poi pronta la variante “problematica” del medesimo assioma: “Non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani”, che come qualcheduno ricorderà circolava a non finire sulle bocche dei buffoni di corte che popolavano i “talk-show” successivi all’11 settembre in cui veniva regolarmente linciato un “rappresentante” dell’Islam.

Ed esiste forse una qualche legge italiana che vieta di parlare in una lingua che non sia l’Italiano dai microfoni di una tv? Non mi risulta, ma basta evocare il fantasma dell’Arabo per alimentare il sospetto che chissà cosa mai verrà proferito, e per di più da un “imam”! Questa cosa è talmente folle, senza alcun aggancio con la logica più elementare e, ripeto, con le leggi vigenti, che siccome però ci hanno abituato ad avere riflessi condizionati come degli automi vi è anche spazio per dei ciarlatani i quali pretendono, senza temere di essere sommersi da tsunami di risate, che durante la predica della “preghiera del venerdì” si dovrebbe utilizzare l’Italiano, come se ogni centro islamico nascondesse chissà quale “covo di saraceni”, per giunta stupidi se aspettano proprio la folla del venerdì per affermare appunto l’indicibile ed essere perciò subito “attenzionati”.

E che dire degli addetti delle Forze dell’Ordine, che devono perdere il loro tempo a “decifrare” i contenuti di una trasmissione televisiva o di una predica in moschea? Non si rendono conto che non è così che proteggono i cittadini, la famosa “gente normale”, e che “l’ordine e la sicurezza” sono a questo punto diventati una faccenda privata, ostaggio di potentati che manipolano sia loro che noi, e – lo vedremo di seguito – pure il malcapitato di turno che in tutta questa messinscena svolge la necessaria parte del “male assoluto”? Non si sentono, tanti onesti agenti di Pubblica Sicurezza, presi regolarmente in giro? Non è giunta l’ora di smetterla, tutti quanti, di prendersi in giro con questo giochetto del “terrorismo islamico”?

L’islamofobia, la “paura dell’Islam”, è come un microcosmo che se indagato in ogni suo risvolto permette di comprendere la miseria morale ed intellettuale del “mondo moderno”, dei suoi apologeti convinti e dei suoi inconsapevoli sudditi, spingendo a rifuggire a gambe levate da tutto ciò. Quale credibilità può avere giustappunto un “esponente politico” che per raccattare qualche voto e spaparanzarsi su una “poltrona” si mette a strillare all’indirizzo di un “africano” additandolo a “pericolo pubblico numero 1” per la “nostra identità”, mentre chissà perché non vede o non vuol vedere quanto a forza di “americanizzarci” siamo diventati l’ombra di noi stessi? Ma di quale “identità” vaneggiano questi pistoleri della Val Padana? Non alzano mai gli occhi al cielo? Credono forse che quel capolavoro glielo stia propinando “l’aviazione di al-Qaeda”? Pensano che l’euro – la moneta-debito che ci sta strangolando - sia di proprietà delle “banche islamiche”? Sanno o no che le oltre cento basi straniere dislocate su quella che un tempo è stata una Nazione indipendente e sovrana non sono quelle di qualche emirato mediorientale?

Buffoni, solo dei buffoni senza dignità possono trovare soddisfazione in queste cacce all’untore quando sanno benissimo chi è che ci comanda e ci opprime. Ma è facile essere forti coi deboli e deboli coi forti, no? Per questo il razzismo – almeno quello “moderno”, ché la fierezza dei popoli tradizionali per quel che si è, è ben altra cosa - fa schifo, perché copre sempre un istinto di sopraffazione di gente frustrata e alla ricerca di una “identità” perduta (per colpa loro) verso un obiettivo di comodo, individuato nel più debole, sovente per motivi economici.

Che questo obiettivo, poi, sia totalmente esente da pecche (ma non quelle addebitategli in maniera spettacolare ed infamante), è un altro paio di maniche… La moda dei “telepredicatori” è, difatti, un portato della “modernità”, manco a farlo apposta dall’America, dove imperversano ‘guide catodiche’ che tengono incollate allo schermo della tv o del computer masse di “credenti” e che peregrinano organizzando “eventi” nei quali, con una mano sulla Bibbia e l’altra sul portafoglio, s’incontrano “fede” e “successo”. Anche nell’Islam va diffondendosi questo tipo di “guide” itineranti, che in saloni e palazzetti, ma più sovente via etere, raccolgono consensi e quattrini per “nobili cause”. L’analogia è evidente. Non afferma forse il Calvinismo che il successo negli affari è un segno della benevolenza divina? E che dire dello spostamento dal reale al virtuale (la tv, internet, i forum ecc.) tipico dei tempi moderni? Eppure anche per molti seguaci della religione dell’Islam ormai fa più testo quel che dice un “telepredicatore”, un “sapiente da prima serata” (o peggio ancora un “mufti on line”!), rispetto a quanto possono indicare i maestri veri, quelli che nel silenzio – senza far troppo baccano - mostrano la via a chi ancora la vuol seguire. Che bisogno c’è, appunto, di metter su iniziative che per come vengono concepite e realizzate sembrano fatte apposta per poi essere oggetto di “polemiche” e “attenzioni” morbose? L’Islam è un fatto di costume, uno spettacolo, oppure un obiettivo per cui c’è solo da lavorare sodo, sperando nella Grazia divina? Il problema capitale in tutta questa storia è perciò l’inadeguatezza di chi si erge a “guida” pensando di avere le carte in regola per farlo, senza mai porsi il dubbio di avere piuttosto lui bisogno di una guida. Ma i “telepredicatori” ritengono di non aver bisogno di alcuna “guida”, anzi, di poter intrattenere un “colloquio diretto” col Signore, senza bisogno di “intermediari”, di “santi”. E non è questa un’altra palese analogia con l’atteggiamento protestante? Che contrasto di facciata è, quindi, quello tra il “puritanesimo” americano e il suo omologo islamico?

Come di norma avviene ai nostri tempi, perciò, una “polemica” imbastita secondo uno schema scontato e semplicistico al quale la gente è stata purtroppo abituata nasconde ben altre questioni, mentre gli attori di quella che appare come una sceneggiatura preordinata sembra non possano in alcun modo sottrarvisi.