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E la Somalia?

di Miguel Martinez - 14/07/2006

 

Ci sono piccoli particolari che rivelano un mondo.

Gli italiani, anche quelli che non sanno cosa sia il Corno d'Africa, sanno che alcuni miliziani islamisti somali hanno avuto l'idea (forse non così malvagia) di far chiudere un bar (pomposamente chiamato "cinema" nei nostri media) in cui si potevano vedere i campionati in TV - nella rissa sono morte due persone.

Una notizia ghiotta, perché conferma la natura sacra dell'industria del calcio, e fa apparire quindi come blasfemi i musulmani in generale (visto che di musulmani somali si sa poco o niente).

Mancano due dettagli. Il meno importante è che le Corti Islamiche hanno fatto poi arrestare i miliziani, che saranno processati per omicidio.

Secondo e più importante, i fan di Pirlo non sono gli unici somali morti in questi giorni.

Dopo una battaglia costata circa 200 morti, i seguaci dell'ultimo brigante di Mogadiscio, Abdi Qeybdid, si sono arresi alle Corti Islamiche. L'ARCPT (Alliance for the Restoration of Peace and Counter-Terrorism), la coalizione di signori della guerra che che è stata finanziata e sostenuta dagli Stati Uniti, si può quindi considerare defunta.

Questo vuol dire che il progetto statunitense sulla Somalia è per ora fallito.

Infatti, per alcuni giorni, le dichiarazioni del governo americano sembravano dimostrare una certa apertura verso i vincitori delle battaglie di Mogadiscio. Adesso però sembra che gli americani abbiano semplicemente cambiato tattica. I segni più evidenti vengono da alcuni editorialisti di destra, come Peter Pham, rappresentante di vari think tank di destra, che chiedono un diretto intervento militare dalla base USA di Gibuti contro il nuovo governo di Mogadiscio, senza trascurare "altre opzioni".

Le "Corti Islamiche" non sono paragonabili ad altri movimenti islamisti nel mondo, che rappresentano il vasto ceto dei giovani laureati disoccupati e precari, in grandi città piuttosto impersonali. Le Corti sono piuttosto l'espressione dello storico sistema di vita somalo, ma anche di interessi e alleanze tra clan e sottoclan, fondamentali in un paese in cui, ai matrimoni, si cita la genealogia degli sposi arrivando indietro fino ad Adamo.

Questo vuol dire che le Corti hanno oppositori che non hanno nulla a che vedere con presunti "moderati filo-occidentali": non c'è conflitto di ideologie, ma di gruppi tradizionali e familiari di ogni sorta. Si parla inoltre dell'ostilità di alcune confraternite Sufi: difficile, come al solito, capire se si tratta di fazioni isolate, oppure della grande e diffusa realtà del sufismo somalo. Opposizioni, comunque, superabili se non sperassero di contare su aiuti esterni.

Lo stesso nuovo presidente delle Corti, lo Sheikh Hassan Dahir Aweys, che si trova sulla lista nera degli Stati Uniti, ha indicato chiaramente il vero nemico in un'intervista a Reuters del 10 luglio:

"non esiste nazione islamica che sia al riparo dall'oppressione di Bush. Ha utilizzato i signori della guerra per uccidere le persone. Se è possibile citarlo in tribunale, bisognerebbe portarlo davanti alla giustizia".
Aweys ha aggiunto un commento profetico, a proposito degli incontri previsti nel Sudan, per il 15 luglio, tra le Corti e il cosiddetto Governo Transitorio Federale:
"La cosa buona dei somali è che, quando riescono a incontarsi, normalmente arrivano a un accordo se non ci sono pressioni esterne. Temiamo soltanto l'interferenza da parte dell'Etiopia e dei suoi simili, tra cui gli americani".
A duecento chilometri da Mogadiscio, verso l'interno, ha sede il Governo Transitorio Federale (TFG), che è l'espressione dell'altisonante Parlamento, nominato da alcuni capi clan. Il TFG, che il governo del Kenya ha espulso recentemente da un grande albergo sul lago Naivasha dove era solito riunirsi, ha trovato provvisorio rifugio a Baydhowa, una cittadina marginale dell'interno, e solo perché lì abitano clan storicamente nemici di quelli della capitale.

In un paese in cui chiunque possiede una milizia, il TFG non ha nemmeno un esercito. Baydhowa si trova relativamente vicina alla frontiera dell'Etiopia, che ha schierato migliaia di soldati lungo la frontiera a sostegno del TFG. Visto che l'Etiopia è il nemico storico di tutti i somali, è un po' come se il governo serbo schierasse i propri soldati a difesa di qualche politico croato.

Insomma, un organismo come il TFG, in condizioni normali, sarebbe già scomparso. E infatti nelle ultime settimane, aveva avviato negoziati con l'Unione delle Corti Islamiche, che ha una sede persino a Baydhowa, che dovevano culminare proprio nell'incontro del 15 luglio.

Ma tutti conosciamo la situazione in cui vivono i somali - basti pensare che non si sa nemmeno quanti siano, le stime variano da sei a quindici milioni. Nel grande caos, i rapporti con l'industria degli aiuti internazionali sono essenziali: l'UNDP - il programma di sviluppo dell'ONU - ha finora investito 7 milioni di dollari, versati dalla Comunità Europea, dalla Svezia e dal Regno Unito, solo per rafforzare il governo di Baydhowa, pagando persino gli stipendi dei deputati.

A questo programma vanno aggiunti altri (ad esempio, 4 milioni di dollari per "sostenere" il Presidente e il Primo Ministro), e soprattutto va aggiunta tutta la costellazione delle ONG (al cui cuore si trova il Somali Aid Coordination Body (SACB)che raccolgono fondi in Occidente senza dover rendere conto a nessuno.

Il TFG ha inoltre eletto come proprio presidente il signore della guerra del Puntland, appoggiato dall'Etiopia, che ha armato le sue milizie private con armi cinesi.

Il 7 luglio, Kofi Annan - l'elegante signore che in questi giorni è venuto in Italia chiedendo uomini e soldi per bombardare l'Afghanistan - ha rilasciato un rapporto (che però porta la data del 20 giugno) in cui si insiste sulla necessità di "sostenere" il TFG.

Forte di questo appoggio, il 10 luglio il TFG ha improvvisamente cancellato il dialogo con le Corti Islamiche, proprio come previsto dallo Sheikh Aweys, chiedendo ufficialmente l'invio di truppe straniere per imporre il proprio controllo sulla Somalia, quello che nel newspeak orwelliano si chiamano "forze di peacekeeping".

Siccome è difficile immaginare gli americani che si prestino a un altro disastro in diretta come il tentativo di occupare Mogadiscio nel 1994, è probabile che verrebero arruolate le sfigatissime truppe di alcuni stati africani. Che avrebbero anche il vantaggio di costare pochissimo: altre esperienze, come la Liberia, dimostrano che si può mantenere un esercito numeroso con stipendi quasi inesistenti, purché si concedano alcune soddisfazioni collaterali, come il diritto al saccheggio, allo stupro e al contrabbando.

Le Corti Islamiche, come i somali in genere, anche di diverso orientamento, sono assolutamente contrarie all'ipotesi di occupazione militare straniera, voluta unicamente dal TFG.

Stiamo a vedere.