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UE, adesso tocca a Hezbollah

di Michele Paris - 02/06/2013


    


Il prossimo 4 giugno, il cosiddetto gruppo CP931 dell’Unione Europea, incaricato della stesura dell’elenco delle organizzazioni terroristiche, prenderà in considerazione l’eventuale aggiunta ad esso del partito e milizia sciita libanese Hezbollah. Ad aprire la procedura di valutazione è stato recentemente il governo britannico dopo avere incassato l’appoggio di Francia e Germania. L’iniziativa è legata direttamente all’evoluzione della crisi in Siria e si basa su accuse a dir poco discutibili rivolte contro il “Partito di Dio” per avere commesso atti di terrorismo sul suolo europeo.

A indicare un cambiamento di atteggiamento da parte di Berlino e Parigi sono stati i rispettivi ministri degli Esteri - Guido Westerwelle e Laurent Fabius - i quali settimana scorsa, rinnegando le posizioni precedentemente assunte dai loro paesi, hanno manifestato il proprio favore all’aggiunta dell’ala militare di Hezbollah alla lista nera dell’Unione Europea.

Singolarmente, alcuni paesi europei considerano già almeno in parte Hezbollah come un gruppo terrorista. La Gran Bretagna, ad esempio, classifica in questo modo l’ala militare del partito libanese, mentre Francia e Olanda - assieme a Stati Uniti, Canada, Israele e Bahrain - hanno bollato come terrorista l’intera organizzazione sciita guidata fin dal 1992 da Sayyed Hassan Nasrallah.

Altri governi, invece, nutrono molti dubbi circa la designazione di Hezbollah, sia per il timore di destabilizzare ulteriormente il Libano sia per non mettere in pericolo la missione di “peacekeeping” delle Nazioni Unite nel sud di quest’ultimo paese, nella quale sono schierati contingenti di molti paesi europei. Le procedure dell’UE prevedono la necessità di un voto unanime da parte di tutti e 27 i paesi membri per includere una qualsiasi organizzazione nella lista dei gruppi considerati di natura terroristica.

La proposta avanzata da Londra, Berlino e Parigi, in ogni caso, si basa su motivazioni del tutto fuorvianti e scaturisce da calcoli puramente politici. Oltretutto, pur mantenendo una efficientissima milizia armata dedita alla difesa dell’integrità territoriale del Libano, Hezbollah si è da tempo trasformato in uno dei principali partiti politici del proprio paese, dove gestisce una fitta rete di servizi sociali per la comunità sciita.

I fatti che hanno fornito l’occasione a questi governi europei di spingere per la designazione di Hezbollah riguardano in primo luogo un attentato risalente all’estate del 2012 le cui responsabilità sono tutte da dimostrare. L’episodio in questione è l’esplosione di un autobus di turisti israeliani avvenuta nel luglio dello scorso anno nella località bulgara di Burgas, sul Mar Nero, nella quale morirono sei persone.

Dietro le pressioni di Stati Uniti e Israele, nel mese di febbraio l’allora ministro dell’Interno di Sofia, Tsvetan Tsvetanov, in una conferenza stampa indicò Hezbollah, sia pure senza esprimere certezza, come il probabile responsabile dell’attentato terroristico. Tsvetanov non fornì alcuna prova concreta a sostegno della sua tesi, affermando per due volte che il coinvolgimento di membri di Hezbollah era soltanto una “ragionevole supposizione”.

Un articolo del New York Times avrebbe successivamente rivelato come dietro alle conclusioni degli investigatori bulgari riportate da Tsvetanov c’erano informazioni provenienti da “fonti segrete” e da “agenzie di intelligence europee” che avevano semplicemente collegato gli autori materiali dell’attentato di Burgas al Libano.

Soprattutto, una serie di analisi del giornalista investigativo americano Gareth Porter ha messo in luce come le accuse contro Hezbollah si basino esclusivamente su “ipotesi”, tanto che lo stesso magistrato bulgaro incaricato dell’indagine aveva sottolineato in un’intervista nel mese di gennaio che “le prove disponibili sono troppo esili per indicare un responsabile certo”.

Oltre ai fatti di Burgas, i paesi che insistono per aggiungere Hezbollah alla lista UE delle organizzazioni terroriste faranno poi riferimento anche alla recente condanna a Cipro di un individuo con doppia cittadinanza libanese e svedese, accusato di avere monitorato per conto di Hezbollah alcune località turistiche dell’isola frequentate da israeliani per individuare potenziali obiettivi di attentati finora mai messi in atto.

Soprattutto, però, l’offensiva europea contro Hezbollah coincide con una serie di sconfitte patite sul campo dai “ribelli” siriani in parte a causa proprio della partecipazione al conflitto di un certo numero di affiliati alla milizia sciita libanese a fianco del regime di Assad, il quale, assieme all’Iran, rappresenta il suo principale sponsor.

Tutt’altro che casualmente, infatti, la questione dell’aggiunta di Hezbollah alla lita nera UE sta per essere discussa pochi giorni dopo la decisione di Bruxelles di cancellare l’embargo sulla fornitura di armi ai “ribelli”, anche in questo caso in seguito alle pressioni di Francia e Gran Bretagna. Che le due questioni siano collegate lo ha confermato anche lo stesso ministro francese Fabius, il quale aveva annunciato in maniera ufficiale la nuova posizione del suo governo su Hezbollah a margine dell’incontro dei cosiddetti “Amici della Siria”, andato in scena settimana scorsa ad Amman, in Giordania.

Il marchio del terrorismo eventualmente affibbiato al “Partito di Dio” da parte dell’Europa, perciò, rientrerebbe più in generale nel disegno Occidentale e israeliano di spezzare l’asse della “resistenza” in Medio Oriente, formato appunto da Siria, Hezbollah e Iran, tutti al centro delle manovre militari, diplomatiche ed economiche degli Stati Uniti e dei loro alleati.

I tentativi di screditare, se non addirittura annientare, Hezbollah sono d’altra parte numerosi, tra cui spicca il cosiddetto Tribunale Speciale per il Libano, creato sotto l’egida delle Nazioni Unite appositamente per assegnare all’organizzazione sciita la responsabilità dell’assassinio nel febbraio 2005 dell’ex primo ministro sunnita di Beirut, Rafik Hariri.

In particolare, l’emarginazione di Hezbollah finirebbe per beneficiare Israele, come dimostrano i ripetuti bombardamenti illegali condotti negli ultimi mesi da Tel Aviv in territorio siriano, ufficialmente decisi per impedire il trasferimento di armi alla milizia/partito libanese.

Proprio l’inevitabile collegamento tra l’iniziativa di Bruxelles nei confronti di Hezbollah e la vicenda siriana consente di mettere in evidenza ancora una volta il cinismo e l’ipocrisia degli USA e dei governi europei. Mentre Londra, Parigi e Berlino insitono per bollare come terrorista l’ala militare di un partito che è parte integrante della struttura politica di un paese sovrano, e che sta intervenendo in maniera limitata a fianco di un alleato, questi stessi governi favoriscono l’afflusso in Siria di migliaia di terroristi provenienti da vari paesi europei e asiatici, responsabili principali di un’escalation di violenze che sembra non avere fine.

L’unico provvedimento adottato per dare l’impressione di voler modificare questo scenario è stato puramente di facciata, vale a dire l’aggiunta alla lista delle organizzazioni terroristiche del solo Fronte al-Nusra attivo in Siria, una delle tante formazioni jihadiste che operano per rimuovere il regime di Assad in collaborazione con l’Occidente e le monarchie assolute del Golfo Persico e che beneficeranno a breve della decisione di Bruxelles di abolire l’embargo sulle armi destinate ai “ribelli”.

Se la messa fuori legge dell’ala militare di Hezbollah in Europa sembrava improbabile fino a qualche mese fa, il cambiamento della posizione di paesi del peso di Francia e Germania rende decisamente più probabile una decisione di questo genere. Dopo l’incontro dell’apposito gruppo di lavoro europeo del 4 giugno, inoltre, la questione dovrebbe essere discussa a livello di ministri degli Esteri il 24 dello stesso mese, prima di una decisione finale durante l’estate.

L’aggiunta di Hezbollah alla lista nera di Bruxelles renderebbe pressoché impossibile l’attività di questa organizzazione in Europa, dove grazie ad una rete ben consolidata di propri affiliati può attualmente raccogliere donazioni in maniera legale.

Come ha spiegato, tra gli altri, l’analista del NATO Defense College, Jean-Loup Samaan, in un articolo apparso martedì sulla testata on-line Al-Monitor, Hezbollah appare però come un’organizzazione centralizzata con un organismo direttivo che esercita il proprio controllo su tutte le attività, sia in ambito militare che politico e sociale.

Un’eventuale decisione dell’UE riguardante la sola ala militare, quindi, potrebbe consentire a quella sociale o caritativa di proseguire la propria attività in territorio europeo, così che un’ipotesi percorribile potrebbe essere quella di inserire un certo numero di esponenti di Hezbollah in una lista di persone sottoposte a sanzioni, come è già accaduto nel recente passato.

La distinzione tra l’unità militare e quella politico/sociale di Hezbollah, con ogni probabilità, appare comunque di importanza relativa per Gran Bretagna, Francia e Germania, dal momento che il processo appena avviato all’interno dell’UE non è altro che un primo passo verso la totale messa al bando di un’organizzazione che, assieme al regime siriano sotto assedio, rappresenta uno dei principali ostacoli alla promozione dei loro interessi strategici nella regione mediorientale.