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Menzogne, e poi ancora menzogne. Obiettivo: uccidere

di Giorgio Cattaneo - 04/09/2013

 

Strano tipo, quel Kerry. Oggi è il ministro degli esteri di Obama, ma solo nel 2009 «s’attovagliò a Damasco» col futuro “nuovo Hitler” siriano Bashar Assad. Porta male: anche Donald Rumsfeld, poi ministro della guerra di Bush junior, era stato in grande familiariatà con l’uomo di Baghdad, quando Saddam «davvero puzzava di gas mostarda, sarin, tabun, soman», cioè le armi chimiche ottenute proprio dagli Usa per sterminare i soldati dell’Iran. Problema: «Le bombe americane sono diverse, democratiche, intelligenti», e probabilmente «profumano di sandalo e gelsomino: non come quelle di Assad, che olezzano di fogna», scrive Stefania Elena Carnemolla. «E la tragedia è che gli americani ci credono». Rintronati dai media, non hanno piena memoria «delle delicatessen sganciate su Hiroshima e Nagasaki, per tacer del napalm e dell’agente Orange, il defogliante con cui Kennedy, Johnson e Nixon appestarono il Vietnam e che deformò i bambini, facendone dei mostri».

Repertorio polemico del peggiore antiamericanismo paleo-marxista e complottista, settario e allucinato, come direbbe Vittorio Zucconi su John Kerry“Repubblica”, puntando il dito contro la pletora dei blogger che – incorreggibili – continuano a raccontare quello che i quotidiani si rifiutano di scrivere. E a ravvivare ricordi sgradevoli, come fa la Carnemolla su “Megachip”, che prende di mira l’eroe del giorno Kerry, guerriero o pacifista a seconda della stagione. Figlio di un diplomatico del Dipartimento di Stato e di un’ex crocerossina della Seconda GuerraMondiale, rampolla dei banchieri Forbes, il super-ministro ora aggiunge con disinvoltura il presidente siriano nel pantheon infernale dei nemici dell’umanità, ovvero dell’America: «Da quando Osama bin Laden giace in fondo al mare, Gheddafi riposa tra le sabbie libiche e Saddam ha lasciato il collo sul patibolo, sai che noia, a Washington». Kerry? In fondo è «una mente semplice»: di qua i buoni, cioè, gli americani, e di là i cattivi, ovvero «gli amici di un tempo, gettati via quando non servono più».

Kerry, «i cui antenati a Shanghai commerciavano in oppio», deve invece «cibarsi di fiore di loto, il fiore dell’oblio». E’ quello che suggerisce la sua storia, così controversa: «Grande fustigatore dei vizi altrui, un po’ come Obama quando arringa il mondo con la sua retorica da predicatore della domenica», ora che «si scaglia contro l’ex amico siriano accostandolo a Hitler e all’impiccato di Baghdad», Kerry sembra aver completamente dimenticato la vastità dello sterminato cimitero mondiale riempito dalle bombe americane. «Discendente di banchieri, diplomatici e commercianti», l’uomo di Obama «era in Vietnam quando gli americani seminavano morte». Il Vietnam? «Brutta cosa, disse quella volta John Kerry Forbes, futuro marito in seconde nozze di Maria Teresa Thierstein Simões-Ferreira Heinz, vedova del senatore della Pennsylvania John Heinz III e ricca ereditieraKerry in Vietnamdell’impero del ketchup Heinz». Però partì ugualmente, il nostro Kohn, arruolatosi volontario nei marines. Era il 1967. Lo aspettava quella guerra sporca e spietata, nel delta del Mekong, cominciata con l’ennesima menzogna: il falso attacco contro la flotta Usa nel Golfo del Tonchino.

Era sempre lui – lo stesso Kerry, quello che oggi si batte perché il servizio militare sia obbligatorio – che si mise a fare il pacifista una volta tornato dal Vietnam, «frequentando associazioni antimilitariste e marciando con la bella Jane Fonda contro la guerra». Nel 1971, poco prima che si congedasse, si piazzò addirittura con altri davanti al Congresso per protestare contro l’invasione del Laos, aggiunge Stefania Elena Carnemolla. Disse di lui Richard Nixon: «Il falco è tornato dal Vietnam e s’è fatto colomba». Mode che vanno e vengono, tra voltagabbana di rango imperiale. Nel 2003, da senatore, Kerry firmò la risoluzione per l’invasione dell’Iraq in salsa Bush. Firmò, ma – temerario – il don Abbondio di Washington dichiarò: non ero d’accordo, avrei preferito l’intervento di truppe Onu. Proprio come quando “odiava” il Vietnam e partì volontario per il Vietnam.

Prendere in giro il pubblico, impunemente. Un vero specialista, John Forbes-Heinz, oggi in prima linea contro la Siria, che vorrebbe veder bombardata per punire l’Hitler di Damasco. Nazismo? «Parla Kerry, lui che il marcio ce l’ha in casa». Nel settembre 2010, nel distretto di Sangin – provincia di Helmand, Afghanistan – alcuni marines si misero in posa per una foto ricordo, facendosi ritrarre con la bandiera americana e un drappo blu notte con due grandi SS bianche, fotocopia del logo delle Waffen SS di Hitler. Qualcuno balbettò, tentando di nascondere la polvere sotto il tappeto: quella sigla in realtà era solo l’acronimo di “Scout Sniper”. E perché, allora, «imitare il logo dei commandos di morte hitleriani?». Forse, aggiunge Carnemolla, Kerry era a giocare a bridge con Jane Fonda quando, nel 1991, Bush padre lanciò la sua offensiva contro Saddam, facendo esplodere il cielo di Baghdad, la notte del 17 gennaio 1991: in quell’attacco decollò un aereo ogni trenta secondi e alla fine furono sganciate più di 250.000 bombe, 3.000 delle quali sopra la capitale irachena. Forza esplosiva: pari a sei volte l’olocausto nucleare di Hiroshima, come raccontano il reporter di guerraThomas Seifert e il giornalista e scrittore Klaus Werner, evidentemente altri due mercenari dell’antiamericanismo complottista.

Pagine atroci, che nessun network televisivo ha voglia di ricordare, oggi. Come quella del 24 febbraio ’91: operazione “Desert Sabre”, attacco di terra contro l’Iraq preceduto da 1.200 raid aerei. Soldati iracheni allo sbando, appiedati e costretti a nascondersi nelle buche, sepoltivi vivi sotto i cingoli di una colonna di carri armati lunga venti chilometri. Giusto così: «Se si fa una guerra, bisogna farla in fretta, assicurandosi la vittoria con una schiacciante superiorità tecnologica». Parola dell’allora comandante in capo, Colin Powell. Lo stesso Colin Powell che, 12 anni dopo, agitò all’Onu la fialetta col falso antrace per vendere la falsa notizia delle armi di distruzione di massa di Saddam. Era sempre lui – lo stesso Powell – che, finita l’era Bush, avrebbe ammesso di aver mentito di fronte al mondo, macchiandosi di una colpa di cui vergognarsi per il resto dei suoi giorni.

Un altro famoso bugiardo, Bill Clinton, disse che era destinata alla produzione di armi chimiche la fabbrica “al-Shifa” distrutta dai missili americani alle porte di Khartoum, in Sudan. Il presidente-Pinocchio fu smentito dal Bureau of Intelligence and Research, altro covo di antiamericani. «Gli analisti – scrisse il “New York Times” – hanno rinnovato i loro dubbi e hanno detto all’assistente del segretario di Stato, Phyllis Oakley, che le prove false fornite dalla Cia, sulle quali fu basato l’attacco, erano inadeguate». Vero: non c’erano prove credibili, ammise poi lo stesso Oakley, che l’impianto bombardato producesse o immagazzinasse gas nervino, né era vero che lo stabilimento fosse in affari con un certo Osama Obama e ClintonBin Laden, all’epoca conosciuto quasi solo dalla Cia, essendo stato il principale referente dell’intelligence Usa in Afghanistan all’epoca dell’invasione sovietica.

«Dopo il bombardamento – ricorda Stefania Elena Carnemolla – molti in Sudan morirono per mancanza di medicinali: quelli che la fabbrica “al Shifa” produceva da anni». Armi chimiche, sempre loro: quelle di Assad ancora non si trovano, «ma Kerry vuole il sangue». Gregory Koblenz, uno specialista di guerra chimica e biologica del Council on Foreign Relations, ha rivelato che negli Stati Uniti le prime accuse al regime siriano sull’uso di gas tossici si sono basate su prove a dir poco sorprendenti: video che mostrano pazienti di un ospedale siriano in preda a «reazioni non necessariamente riconducibili al sarin» e, soprattutto, «campioni di terra e tessuto umano» che sarebbero stati trasportati, per le analisi, in laboratori inglesi e statunitensi. Inquinare campioni con sarin è un gioco da ragazzi, ha fatto capire Koblenz: un po’ come quando, in Sudan, la Cia «avvelenò campioni di terreno cospargendoli altrove di gas nervino», per avere la scusa per bombardare la “fabbrica della morte”. Possibile che le prove contro Assad non si trovino mai, forse perché non esistono. Ma questo, per John Forbes Kerry, è l’ultimo dei problemi.