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Crescita tecnica e finanziaria verso dissoluzione etica e sociale

di Bernardo Luraschi - 24/02/2015

Fonte: Periferia occidentale


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Crescita tecnica e finanziaria verso dissoluzione etica e sociale

Queste semplici parole delineano una realtà cui, indipendentemente dalla nostra particolare -e dissolvente- visione politica siamo tutti in accordo.

L’umanità ha sempre inteso il progresso in due modi diversi, dividendosi in coloro che credono possa avverarsi solo per via di potenza tramite la tecnica e la finanza, e chi pensa che si realizza nel riconoscimento dell’altro e nella crescita dello spirito umano.

In realtà ambedue queste istanze sono presenti in ognuno di noi, ponendosi alla base di un conflitto interiore che da sempre lacera lo spirito individuale.

Da un lato una forza greve, pesante, ha sempre agito sul mondo approfittando della sua superiore intelligenza per sottometterlo, compiacendosi della propria capacità di risolvere problemi.

Dall’altro una forza leggera, poetica (l’arte in tutte le sue forme), religiosa e infine filosofica ha cercato di cogliere il senso di quel tutto di cui il singolo fa parte (cosciente d’essere) in un universale attimo di vita racchiusi in un infinito nulla (condizione unico tra tutti gli esseri viventi).

Così J.W. Goethe poteva scrivere con sublime lucidità nel Faust:

“Il mio sen due diverse anime serra

E quella vuolsi separar da questa;

La prima coi tenaci organi afferra

Il mondo, e stretta con ardor vi resta.

L’altra fugge le tenebre, e la vedi

Levarsi altera alle paterne sedi”

Purtroppo il nostro tempo è quello della separazione, è il tempo in cui l’anima greve dai potenti artigli fatti di tecnica e finanza sta scacciando e annientando l’anima lieve etica e sociale fatta di poesia, religione e filosofia. Per usare un’immagine tolkieniana, è l’epoca in cui l’esercito degli orchi invade la Terra di Mezzo (forse di mezzo perché luogo della mediazione tra le due anime di cui scriveva Goethe), ancora, volgendolo l’attenzione a Michael Ende e alla sua “Storia infinita”, è l’epoca in cui: “Il Nulla avanza divorando il Mondo di Fantàsia”.

Come tutti io so che il centro di questa dicotomia è l’Occidente guidato dalla cultura anglosassone, ma chi sta ora uccidendo l’anima lieve dell’uomo è la Civiltà Americana, un mondo di orchi che nega la storia e pesa gli uomini con il Dollaro.

Spesso l’abitudine ci impedisce di vedere l’ovvio, per esempio non ci rendiamo conto che USA (Stati Uniti d’America) non è il nome proprio di uno stato, ma una definizione che indica genericamente una confederazione di stati del nuoco mondo, definendo in modo calzante anche il Brasile che è anch’esso una confederazione di stati del nuovo mondo. Che io sappia, quello statunitense è l’unico caso di nazione priva di un nome proprio, la qual cosa dovrebbe farci riflettere.

Se gli Stati Confederati Americani non hanno sentito il bisogno di assegnare un nome alla loro Confederazione, significa che non la consideravano irreversibile, conseguentemente, la retorica nazionalistica a stelle e strisce appare di maniera, una vernice, che una nazione non unitaria s’è data per nascondere le sue profonde contraddizioni e spaccature che sono costantemente monitorate da quello che è forse il più repressivo apparato di controllo poliziesco del mondo, tanto che gli USA con il 5% della popolazione mondiale hanno il 25% dei carcerati del pianeta.

L’America appare allora fragile, priva di un corpo sociale unitaria, divisa in stati, gruppi etnici, linguistici e culturali, l’unisce un unico collante, l’interesse individuale che regna incontrastato in una società sempre più atomizzata.

L’abitudine ci impedisce di vedere l’ovvio, per questo non ci rendiamo conto che realizzando l’Unione Europea non superiamo la conflittualità tra gli stati membri (semplicemente la mettiamo sotto il tappeto dove seguiterà a covare) ma riproduciamo il modello americano. Così i singoli stati perdendo sovranità, coerenza culturale, linguistica e sociale, subiscono l’autorità di un governo sovranazionale guidato da principi puramente tecnocratici e finanziari che atomizza le società dei paesi europei precipitando gli individui in una comune solitudine priva di significato. L’assurdità dell’intento è evidenziata nello stesso termine “Unione Europea” che in se non vuole dire niente come i fatti stanno dimostrando.

Stiamo diventando una comunità di senza nome divergenti su tutto ma accomunati da interessi economici e tecnocratici. Dimentichi della nostra storia e della nostre civiltà ci stiamo omologati agli USA.

Non vediamo che tramite l’Unione Europea, la culturalmente debole società USA cerca di sottomettere e omologare a se le storicizzate e forti culture statali europee, il TTIP ( Transatlantic Trade and Investment Partnership) o accordo commerciale di libero scambio tra USA e UE è il passo finale e irreversibile di questo percorso.

Non vediamo (ma questa è soprattutto una mia personale considerazione) che la crisi Ucraina è un modo per spingere l’UE a un tale accordo, che legherà singolarmente e definitivamente tutti gli stati firmatari alle logiche commerciali e finanziarie americane. Altro che UE libera e autonoma, l’America ha bisogno di asservire gli stati europei per poterli usare nella sua guerra (oggi economica e domani militare) contro le potenze emergenti. L’America sta usando le istituzioni della UE come un cavallo di Troia per scardinare e sradicare le singole civiltà statali europee, ben più complesse e strutturate di quella americana e da questa singolarmente inattaccabili. La costruzione comunitaria è servita a questo scopo, proponendo un valore altro e alto ha scardinato la coesione statale dei singoli stati imponendo i semplici valori tecnocratici e finanziari su cui il pensiero statunitense domina.

Bisogna essere chiari, in questo momento storico in cui si cerca disperatamente di rinverdire un clima da guerra fredda tra Occidente e gli stati emergenti (in particolare Russia e Cina), occorre domandarsi dove è finita la “fine della storia” di cui tanto parlava Fukuyama, dove è finito l’impero mondiale americano e l’assoluta autoregolamentazione del libero mercato, perché se tutto ciò fosse stato vero la storia non sarebbe tornata a divenire, la superpotenza avrebbe ancora la forza tranquilla di risolvere sul nascere gli attriti e il libero mercato si sarebbe felicemente autoregolato.

In realtà le parole di Fukuyama nascondono l’impotenza dell’essere individualizzato che, atomizzato nel mondo finanziario, ha perso le certezze morali proprie della borghesia, annichilita in un’economia assolutizzata e in un intelletto astratto che coglie le certezze dei particolari perdendo ogni contatto con il vero e il tutto. La borghesia occidentale, che è stata con i suoi valori il vero traino della potenza occidentale, usava la finanza come strumento del proprio potere, ma la sua coscienza di classe risiedeva in quegli ideali di emancipazione umana che dall’illuminismo in poi hanno vitalizzato il pensiero della borghesia del vecchio continente.

Quegli ideali, quella coscienza infelice, hanno realizzato grandi e rivoluzionarie conquiste come la scuola, la sanità pubblica e la previdenza sociale per citarne alcune. È bene ricordare che Marx (come i pensatori idealisti) era figlio della borghesia e vedeva nella classe proletaria (quindi nella dialettica servo padrone) un particolare che si faceva universale nella lotta contro il capitale divenendo così tramite dell’emancipazione umana, in un processo storico che per conflitti (di classe) si evolve superando i limiti illuministici della concretizzazione borghese. Marx non era ceto mosso da idee pauperistiche per cui stare con gli ultimi sarebbe un semplice episodio della cristianità, egli come Hegel vedeva lo sviluppo umano come un processo storico, un divenire dialettico (in Marx tra classi) di tesi e antitesi che progredisce in una sintesi che storicizzandosi diviene nuovamente una tesi da cui tramite una nuova antitesi si giunge a una successiva sintesi, in un percorso storico infinito.

Ciò avviene solo in presenza di una coscienza etica borghese che per ciò si allea con gli oppressi. Oggi dopo il sessantotto e la distruzione dei principi etici borghesi (ricordo solo che lo slogan del sessantotto “Vietato vietare”, è stato pienamente realizzato solo in ambito finanziario), il mercato ha campo libero e sistematicamente frammenta la realtà in fatti economici privi di coerenza etica e di prospettiva politica. Su questi frammenti applica l’intelletto astratto scientifico che fa scempio delle grandi conquiste sociali del XIX e XX secolo.

Per capire l’impatto del sessantotto, basta osservare il percorso della sinistra italiana, partita da Gramsci e finita a Renzi o per converso quella dei sindacati, dove la coscienza infelice borghese non è più di casa, sostituita dalla retorica dei diritti civili (esempio di cortocircuitazione valoriale dove un ente nato per difendere i diritti sociali, finisce per fare propri i diritti civili tipicamente liberal).

In questo caos sempre più complesso, in un corpo in via di dissoluzione dove tutti agiscono per particolarismi e interessi privi di visione d’insieme e/o di programmazione, lo stato etico è destinato a soccombere per essere sostituito da forme apparentemente democratiche di totalitarismo, atte a difendere gli interessi di quei pochi che avranno la maggior parte delle ricchezze e del potere. Costoro, persa la coscienza etica borghese, negano l’emancipazione sociale e smantellano il welfare adattandolo ai parametri e al pensiero finanziario, definendolo al contempo aprioristicamente improduttivo. Così ad esempio la scuola è inefficiente e occorre riformarla, per renderne esplicito il senso si usa una terminologia economica, avremo allora studenti con debiti o crediti, il preside diviene un direttore scolastico e si parlerà in generale di management delle strutture scolastiche, al contempo la sanità è troppo costosa e occorre aziendalizzarla, mentre la previdenza sociale è fuori controllo e occorre privatizzarla.

In questo caos dove l’interesse giustifica tutto, la corruzione, l’immoralità e l’ingiustizia si fanno comuni, essendo leve capaci di moltiplicare i profitti, rendendo i processi sempre più complessi, inefficienti e costosi. Gli esempi a riguardo sono infiniti e indipendentemente dalla cronaca ognuno di noi è a conoscenza di piccoli ma significativi episodi. Esempi eclatanti si hanno nelle forniture militari dove per la specifiche caratteristiche dell’ambito (segretezza, prolungato inutilizzo dei mezzi, poco interesse e informazione pubblica) molto sfugge a controlli e verifiche, un esempio noto a molti è lo scandalo del caccia F35, una macchina assolutamente inefficace ma dal costo esorbitante che comunque deve essere venduta e acquistata.

Questo esempio non è posto a caso, infatti, contrariamente all’Occidente la Russia e la Cina sono ancora potenze etiche con una forte identità nazionale, dove la centralità dello stato non è stato ancora scalzato dal mercato ed esiste un’élite capace di sviluppare visioni non allineate al caotico pensiero unico Occidentale. Queste nazioni producono armi perché funzionino non per fare buoni affari, combattono non per profitto ma per difendere i loro ideali e la loro integrità territoriale e non vogliono più sottostare al dollaro e alla follia Occidentale.

Dal punto di vista bellico gli americani sia pure con uno spropositato bilancio della difesa (che finisce ormai in gran parte in armi e attrezzature ipertecnologiche, costosissime e poco efficienti), non sono poi messi così bene visti i risultati ottenuti in quarant’anni di guerre asimmetriche. Guerre con ogni probabilità attuate principalmente per consumare armi obsolete e finanziare un enorme apparato industriale bellico (che senso avrebbe altrimenti colpire le capanne dei mujaheddin con missili del valore di diversi milioni di dollari). Per questo è normale supporre che non faranno migliore figura in un conflitto simmetrico (con avversari dotati della loro stessa potenzialità bellica), considerando le truppe di cui dispongono che sono motivati (come tutti in occidente) principalmente dal consistente soldo che percepiscono (che è l’altra grande emorragia del bilancio americano).

Tempi duri per l’America e l’Occidente perché, nonostante Fukuyama, la storia va avanti e i Paesi confederati d’Occidente dovranno accettare una nuova sintesi storica.

Certo è che in Occidente nessuno metterà in gioco la propria vita e i propri beni in ragione d’ideali in cui ben poco si crede, non dimentichiamoci che poco più di 58.000 morti statunitensi in Vietnam portarono a quei grandi movimenti di protesta che convinsero gli USA a porre fine alla guerra e a trasformare il sistema di leva obbligatoria o volontario in servizio retribuito (oggi l’Esercito Americano ha una forte presenza di stranieri cui a fine ferma è promessa la nazionalità americana), mentre sia i russi sia i cinesi sono socialmente in grado di sopportare ben più gravi perdite umane senza diminuire la coesione sociale.

Speriamo che questo processo che appare inevitabile sia il meno traumatico possibile, certo è che indipendentemente da chi vinca, il confronto porterà a una sintesi in cui l’equilibrio tra le due anime umane sarà ristabilito.

P.S. Spesso si legge che alcuni uomini pubblici legati alla finanza, appaiono nei modi simili ad automi, ciò non è vero, certo è che avendo completamente represso una parte della loro anima, in ragione della tecnica e della finanza, hanno innescato nel loro inconscio un conflitto che riescono a dominano solo grazie a una volontà disumana. Si tratta di uomini logorati dalle loro certezze, profondamente infelici e soli, uomini malati.