Cosa vuol dire populismo?
di Tommaso Segantini - 10/03/2015
Fonte: L'intellettuale dissidente
La parola “populismo” è ormai parte del lessico mainstream del dibattito politico. La sovrautilizzazione del termine ha però attribuito alla parola populismo così tanti significati diversi tra loro che ormai il concetto non ha più alcun significato, diventando una parola vuota, usata a sproposito da politici e giornalisti, solitamente per delegittimare le tesi degli oppositori. In parte questo uso inappropriato della parola “populismo” è comprensibile, non esistendo effettivamente una definizione precisa e condivisa del termine. Tuttavia, è necessario provare a definire i vari significati che girano intorno alla parola, in modo che questa riacquisti un minimo di significato e che possa essere utilizzata correttamente a seconda del contesto.
Per analizzare il significato della parola può essere utile collegarla a partiti politici che vengono spesso etichettati, appunto, come “populisti”. Nella prima categoria dei partiti populisti rientrano, tra i più noti a livello europeo, il Movimento 5 Stelle, Syriza, Podemos. Lasciando da parte le differenze, questi partiti hanno molti tratti comuni: la critica contro “la casta”, intesa come classe politica inefficiente e corrotta, il ritorno della politica “sul territorio”, quindi ad una vicinanza fisica ai propri sostenitori, attraverso comizi e circoli locali, l’utilizzo di un linguaggio rozzo (M5S), popolare, semplice, comprensibile per le masse. Il populismo di M5S, Syriza o Podemos si configura quindi come una maniera precisa di fare politica, che mira a guadagnare consenso proponendo risposte concrete, distinguendosi dal resto della politica nazionale, e facendo leva legittimamente sui bisogni reali, di tutti i giorni, di uno strato della popolazione che giustamente non ha più fiducia nella classe dirigente del momento. Questa prima definizione di populismo, che lo stesso Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha definito progressista, non ha quindi una connotazione negativa. Gli oppositori politici a questi movimenti popolari, invece di rispondere sui temi concreti sollevati da questi movimenti, li accusano appunto di “essere populisti” o di “parlare alla pancia della gente”. Questa critica è giusta, ma solo se viene rivolta a partiti appartenenti al secondo tipo di populismo, che analizzeremo in seguito. In questo caso, invece, l’accusa di essere “populista” è usata per delegittimare a priori degli avversari politici. È evidente che per raggiungere la “massa”, che per definizione non è molto educata, è necessario semplificare alcuni messaggi e generalizzare (cosa che peraltro non è caratteristica solo di partiti populisti, ma della storia di praticamente tutti i movimenti politici). Perché questi movimenti restino credibili, è fondamentale che queste semplificazioni non siano esagerate o troppo frequenti, e soprattutto che dietro certe frasi ad effetto ci sia effettivamente una risposta concreta.
Vediamo ora la seconda definizione di populismo. La differenza tra il populismo appena descritto (definibile come una sorta di strategia politica emergente da una sfiducia verso la classe dirigente incapace di rispondere ai bisogni popolari) e quello che stiamo per descrivere è abbastanza sottile, ma fondamentale. Una buona definizione di questo secondo tipo di populismo è fornita dal vocabolario Treccani: “un atteggiamento ideologico che, sulla base di princìpi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi”. Per spiegare più concretamente questo secondo genere di populismo e per distinguerlo dal primo è utile collegarlo ad un partito politico esistente che lo rappresenta: la Lega Nord. I punti di convergenza tra la Lega e il M5S, Syriza o Podemos ci sono, e sono abbastanza chiari: il linguaggio semplice ed efficace, il richiamo costante ai problemi quotidiani del cittadino medio, l’attacco alla casta. La differenza fondamentale è riassunta nella parte finale della definizione della Treccani riportata in precedenza: “il popolo come depositario di valori totalmente positivi”. La differenza tra i due populismi è quindi questa: il primo, rappresentato da M5S, Syriza e Podemos, basa il proprio consenso sui bisogni dei cittadini e propone delle alternative per rispondere a questi bisogni. Il secondo, rappresentato dalla Lega, fa leva sulle pulsioni, anche le più infime, del popolo, le considera giuste (che non significa legittime) e le usa per costruire il proprio consenso. Per esempio, la Lega, con la sua retorica anti-immigrato, alimenta un sentimento di odio represso (comprensibile, ma assolutamente sbagliato!) verso gli stranieri presente in molti cittadini italiani. Attenzione: una situazione sociale difficile, tensioni tra immigrati e italiani, soprattutto nei ceti meno abbienti, sono problemi reali. La differenza è però che la Lega alimenta gli istinti naturali delle masse, spesso attraverso l’individuazione di un capro espiatorio, e propone soluzioni che fanno leva sui sentimenti popolari, (“rimandiamoli a casa loro” per gli immigrati, “chiudiamoli in prigione e buttiamo le chiavi” per i ladri ecc.) mentre le altre forze politiche appartenenti al primo tipo di populismo tentano di dirigere l’energia e la rabbia (assolutamente legittime) delle persone, che istintivamente è diretta verso l’immigrato, verso le cause reali del degrado in cui si trovano, proponendo soluzioni più articolate, realizzabili, ed effettivamente volte a risolvere i problemi.
Il punto non è affermare che le proposte di Podemos o del M5S siano migliori di quelle della Lega Nord. Ogni partito può avere il programma che vuole. La differenza è che il primo tipo di populismo è una strategia politica specifica, in risposta ai bisogni dei cittadini in un contesto di crisi economica, mentre il secondo è una semplice ma pericolosa operazione per raccogliere consenso, sfruttando ed alimentando le più infime pulsioni popolari, senza risolvere niente. Basta notare come la raccolta del consenso usa adesso concetti diversi da quelli di pochi anni fa ed ha quasi totalmente abbandonato i cavalli di battaglia di “Roma ladrona” e “Forza Vesuvio” che caratterizzavano i comizi della Lega Nord prima che Salvini ne prendesse le redini.