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Oscenità in Senato. Ovvero…

di Federico Zamboni - 05/10/2015

Fonte: Il Ribelle

 

Un paio di gestacci del verdiniano Lucio Barani, durante la discussione della riforma del Senato, e si è scatenato il finimondo. Dapprima in aula e poi, soprattutto, fuori da Palazzo Madama. Siccome la M5S Barbara Lezzi ritiene di essere la destinataria di quelle volgarità, e infatti ha reagito all’istante come una furia, il miserevole intermezzo è stato caricato di implicazioni assai peggiori. Non solo un semplice sgarbo nei confronti di un’avversaria, ma un affronto di portata ben più ampia e, quindi, di ben altra gravità: un attacco “sessista” contro le donne.

A prima vista la sollevazione è sacrosanta. In realtà si presta benissimo a funzionare da specchietto per le allodole. A ulteriore conferma del fatto che basta qualsiasi sciocchezza per deviare l’attenzione, allontanandola da ciò che è sostanziale e spostandola, invece, su questioni che nella migliore delle ipotesi si possono definire collaterali.

Benché fastidioso, o persino rivoltante, il comportamento di Barani è un’inezia, a paragone di quello che sta accadendo (che sta tornando ad accadere) nel Parlamento italiano. La condotta davvero offensiva – e non soltanto verso le donne, ma ai danni di tutti i cittadini – è costituita dalle forzature a getto continuo delle regole che presiedono all’esame delle leggi. In teoria l’iter dovrebbe essere imperniato sul confronto delle rispettive posizioni; in pratica è ormai ridotto a uno scontro senza esclusione di colpi, anzi di scorrettezze, in cui si fa a gara a chi scova l’artificio che gli torna utile. Vuoi per conquistarsi le luci della ribalta, vedi gli oltre ottanta milioni di emendamenti predisposti da Calderoli ricorrendo a un algoritmo, vuoi per imbrigliare le risorse delle opposizioni, vedi il ripetuto ricorso della maggioranza filorenziana all’ignobile “canguro”, il trucchetto procedurale che riformula in blocco l’articolo in discussione e sopprime di colpo ogni precedente richiesta di modifica.

Di fronte a questa spregiudicatezza da bazar di infimo ordine (ma anche da finanza globale, tra le valutazioni capziose delle agenzie di rating e gli strumenti disumani dell’High Frequency Trading) l’indignazione per le piccole miserie del Barani di turno è risibile. Siamo nel pieno di un saccheggio senza quartiere, che ci sta portando via anche le ultime parvenze di democrazia, e insorgere contro le meschinità dei singoli diventa un lusso completamente fuori luogo. Un esercizio sterile, se effettuato in buona fede. Oppure un diversivo complice, se nell’intento di spostare lo sguardo dell’opinione pubblica dagli aspetti decisivi a quelli di contorno.

Giulia Bongiorno, avvocato di successo e fondatrice della onlus “Doppia difesa”, ha sollecitato misure draconiane a carico del terrorista-sessista di giornata: «Non basterebbe nemmeno cacciarlo, sarei dell'idea di fargli passare i prossimi 10 anni a fare il volontario in un centro contro la violenza sulle donne. La violenza verbale e le discriminazioni sono l'anticamera alla violenza fisica».

Sarebbe il caso di indirizzarla altrove, cotanta durezza. La parafrasi, d’altronde, è lì a portata di mano: «L’aggressione alle procedure parlamentari è l’anticamera dell’aggressione ai diritti dei cittadini».