Berlusconi, Bertolaso, l’Urbe e il Caos
di Eugenio Orso - 20/03/2016
Fonte: Pauperclass
O ci è o ci fa, si potrebbe pensare del quasi ottuagenario Berlusconi che fa di tutto per perdere le comunali a Roma, affondando il cosiddetto centro-destra. Se uno vuole perdere a tutti i costi, trascinando nella sconfitta anche quelli che dovrebbero essere i suoi alleati, o lo fa perché è “scaturito”, oppure perché sotto c’è dell’altro. Ciò vale anche per Silvio il Cav, che i media dipingono sempre più come un fantasma del passato e sempre meno come un protagonista, di primo piano, della commedia politica all’italiana. Grazie alla candidatura di Guido Bertolaso a Roma, un risultato Berlusconi l’ha già ottenuto, a meno d’imprevisti e sorprese: la rottura del cosiddetto centro-destra, ricostituito in fretta e furia da qualche mese, nonché l’ostilità di Salvini e Meloni, che lui stesso ha messo in difficoltà. Ma siamo sicuri che il Caos scoppiato a Roma sia un esito non scientemente voluto, necessariamente negativo anche per l’ostinato Silvio?
Vai a sapere cosa c’è dietro la vicenda delle comunali a Roma, che ha un riflesso nazionale, anche se alcune ipotesi sensate si possono pur fare.
Più in generale, c’è il discorso televisivo, da Talk show, di Gianluigi Paragone della Gabbia su La7, per cui la partita di Roma sarebbe in verità più ampia e si giocherebbe incidendo sul livello nazionale. Questa partita riguarderebbe un po’ tutti, dal piddì al cosiddetto centro-destra, passando per i cinque stelle, comportando niente di meno che il superamento definitivo della dicotomia politica destra/sinistra. Come dire, la scoperta dell’acqua calda!
D’ora in poi, secondo Paragone, i “blocchi” si formeranno intorno a questioni vitali come stare o non stare nell’euro, obbedire o non obbedire alle eurocrazie, accettare o non accettare gli immigrati, eccetera. Ciò comporterà il progressivo e rapido superamento dei Berlusconi e dei D’Alema, legati a un passato che non ritornerà.
Questa tesi, però, “fa i conti senza l’oste”, cioè adombra il fatto che la liberaldemocrazia è a senso unico, non consente a vere opposizioni – sinceramente contro l’euro, la nato, l’accoglienza dei migranti e il neoliberismo imperante – di vincere sconvolgendo i piani elitisti stabiliti per l’Italia. Al più si lascerà un po’ di spazio a opposizioni deboli, impossibilitate a vincere attraverso i meccanismi elettorali, come quelle rappresentate da Salvini e Meloni, che oltre una certa soglia di dissenso – e di consensi! – non si spingeranno mai, oppure a opposizioni false, come il cinque stelle e, ancor peggio(!), la “sinistra massimalista”, critica a parole, disobbediente almeno in apparenza, composta di fuorusciti dal piddì + sel + altre scamorze.
Inoltre, il punto principale è che le questioni vitali attorno alle quali si dovrebbero aggregare i nuovi “blocchi”, stando al Paragone televisivo e analista politico, sfuggono alla decisione in ambito nazionale. Lo stare nell’euro o l’uscire dall’eurolager, l’uscire o il permanere nella nato, il continuare con tagli di bilancio e “austerità” imposti dalla finanza, oppure sfruttare la funzione propulsiva del deficit pubblico, sono decisioni di competenza esclusiva delle élite del denaro e della finanza, esterne all’Italia, che è un paese da loro occupato e controllato dai collaborazionisti del piddì.
Detto questo, possiamo chiederci perché il Silvio nazionale, ancora caparbiamente sul palco(o)scenico della politica con la p minuscola, ha presentato e sostenuto a Roma una candidatura aprioristicamente perdente con quella di Guido Bertolaso. Restringendo l’angolo visuale ai problemi dell’Urbe, un “mago” della protezione civile come Bertolaso potrebbe (forse!) essere utile se la Capitale fosse minacciata da un’eruzione vulcanica devastante, come quella del Krakatoa, in Indonesia, nel 1883, oppure del Pinatubo nelle Filippine, nel 1991, dopo cinquecento anni d’inattività … Questo lo capiscono bene anche i romani, che hanno ben altri problemi di origine squisitamente antropica – grazie alle gestioni precedenti, del piddì e di altri – dalla mafia infiltrata nei gangli vitali dell’amministrazione comunale ai trasporti pubblici da incubo, costantemente in rosso.
Ampliando l’angolo visuale, invece, non limitandoci ai problemi di Roma e andando fuori porta, si riesce a ragionare meglio sulla questione e si possono formulare quattro ipotesi a riguardo:
1) Berlusconi vuole fortissimamente Bertolaso, come candidato di tutto il suo schieramento, per una questione di senilità, ossia per un principio di demenza senile, che l’ha portato a scegliere, guarda caso, il perdente di turno anziché un potenziale vincitore come Alfio Marchini. Pur essendo la prima, questa ipotesi è la meno probabile, poiché l’anziano Silvio ha ancora un “entourage” che lo consiglia e vigila su di lui … Costoro non l’avrebbero permesso, se l’intenzione fosse stata quella di vincere le elezioni.
2) Sulla scelta della candidatura di Bertolaso ha prevalso il solito intreccio di affari e politica, per cui Berlusconi in cambio di affari lucrosi (emittenti televisive, pubblicità, eccetera) ha deciso scientemente di perdere le comunali a Roma – facendole perdere anche al nuovo “blocco” (Paragone) di Salvini e Meloni – e per essere sicuro del risultato ha scelto il “mago” del fare e della protezione civile, già commissario straordinario in occasione di catastrofi ed emergenze. Una catastrofe – non rimediata da Bertolaso! – per il cosiddetto centro-destra.
3) Berlusconi è ancora ricattato, sotto pressione, come nel 2011, quando è scappato a nascondersi per molti mesi, lasciando la poltrona di presidente del consiglio a Monti e mantenendo un profilo bassissimo. La pressione esercitata su di lui, con la complicità dei media, oggi appare molto meno, perché il suddetto non è più una figura di primissimo piano. E’ ancora in politica, ma non deve disturbare troppo i manovratori e non può mettersi in testa di rivincere. Perciò, se vuole evitare nuovi, devastanti guai giudiziari, deve darsi una calmata e scegliere, ad esempio, per Roma Guido Bertolaso anziché un candidato con qualche speranza di vittoria.
4) Berlusconi non è afflitto da demenza senile, non pensa solo agli affari e al suo patrimonio familiare, non è più sotto ricatto e vorrebbe comunque evitare di vincere le comunali nell’Urbe. Perché? Per lasciare la patata bollente ad altri – in primo luogo il cinque stelle – affinché, dopo aver fallito nel gestire la Capitale, costoro restino con il cerino in mano e si sputtanino. In tal caso, dimostrerebbe di essere un raffinato stratega, che aspetta paziente in riva al fiume (nonostante l’età avanzata) il cadavere del nemico portato dalla corrente. Siccome è più probabile che le amministrative, nell’Urbe, le vincano al ballottaggio i grillini, questi, amministrando ciò che non è più amministrabile con successo, privi dell’apporto finanziario di un governo ostile, andrebbero incontro al loro Vietnam, che li ridimensionerebbe a livello nazionale. Ballottaggio previsto fra 5 stelle e piddì, quindi, con il Cav che gode fra i due litiganti grazie alla “scartina” Bertolaso. In un sol colpo, avrà messo in difficoltà e (forse) ridimensionato anche i giovani rampanti Salvini e Meloni, che lo vorrebbero fuori dai giochi.
Quale sarà l’ipotesi più vicina alla realtà? Ovviamente non lo so, ma quello che so è che Berlusconi, ancora una volta, è balzato all’attenzione delle cronache, tornando alla ribalta grazie alla vicenda romana. Che sia questo il suo canto del cigno, l’ultima impresa del Cav, prima del suo definitivo tramonto?