Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Palazzo Chigi? Una succursale della Goldman Sachs

Palazzo Chigi? Una succursale della Goldman Sachs

di Renzo Rosati - 29/09/2006



Come la vicenda Telecom ha rimescolato le posizioni di politici e imprenditori.


 
Del progetto si era parlato riservatamente fra Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia: la nomina alla direzione generale del Tesoro di Claudio Costamagna, amico stretto di Romano Prodi, finanziere internazionale che tra gli ultimi incarichi vanta la consulenza a Rupert Murdoch nella trattativa con Marco Tronchetti Provera.
La burrasca che si è abbattuta sulla Telecom e su Prodi ha vanificato il lavoro di Costamagna e fa slittare a tempo indefinito il trasferimento sulla poltrona di Vittorio Grilli, un commis d'état rispettato sia da Giulio Tremonti sia nel centrosinistra.

Quello di Costamagna non sarebbe però un normale episodio di spoils system: il 50 enne manager ha lavorato fino a pochi mesi fa nella sede londinese della Goldman Sachs, con l'incarico di presidente dell'investment banking per l'Europa.
A Londra aveva agito in tandem con un altro amico di Prodi: Massimo Tononi, che della Goldman era direttore per le fusioni e acquisizioni. Oggi Tononi è sottosegretario all'Economia.

Inutile dire come con Costamagna al Tesoro, Tononi all'Economia e lo stesso Prodi, che della Goldman Sachs è stato consulente tra il 1990 e il '93, sul vertice del governo si sarebbe proiettata l'ombra della più ricca e potente merchant bank del mondo, che nel 2005 ha realizzato utili per 5,6 miliardi di dollari e nei primi tre mesi 2006 addirittura per 2,4 miliardi: il 44 per cento del capitale. Anche perché alla Banca d'Italia c'è un altro ex, Mario Draghi, seppure non in stretto feeling con Prodi. E nel board dei consulenti è entrato Mario Monti.

Certo, non è provato che il piano di Angelo Rovati per la Telecom fosse farina della Goldman. Anche se la banca sta curando per l'Enel la fusione tra Terna (rete elettrica) e Snam (rete gas dell'Eni); un'operazione che, nei disegni prodiani, doveva completarsi con la rete Telecom per riportare le infrastrutture strategiche sotto lo Stato. E, se tutte le palle fossero andate in buca, sotto il controllo dei suoi uomini più fidati, tutti targati Goldman Sachs. Che per il premier è un tormentone.
Quando divenne presidente della Commissione europea, due giornali londinesi, il Daily Telegraph e l'Economist, gli chiesero conto dei legami con la Goldman (e la Unilever, di cui era stato egualmente consulente) e dei generosi compensi che il Professore fatturava all'Ase, una società in comproprietà con la moglie Flavia: 3,1 miliardi di lire di allora.

Gli inglesi puntarono l'indice sulla privatizzazione della Bertolli, ceduta dall'Iri di Prodi al consorzio Fisvi e poi, con una clausola speciale, rivenduta all'Unilever con la Goldman come advisor. Così come la banca era stata advisor della privatizzazione del Credito italiano. Prodi dovette pubblicare sul sito internet della Commissione le sentenze che lo scagionavano.
Ma non allentò il legame con la Goldman Sachs, anzi: scelse come capo di gabinetto l'irlandese David O'Sullivan, raccomandato dal presidente della Goldman Europe, Peter Sutherland. E si è calorosamente rallegrato per la nomina a segretario al Tesoro americano di Henry Paulson, numero uno della Goldman e suo grande amico.
L'affaire Telecom rende un po' ingombrante la griffe Goldman Sachs. Di certo Guido Rossi dovrà aggiornare la battuta riservata a Massimo D'Alema ai tempi della scalata di Roberto Colaninno: «Palazzo Chigi è l'unica merchant bank dove non si parla inglese».
Oggi l'inglese si parla, e fluente.