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Economia immorale

di Lorenzo Parolin - 14/02/2014


 


 

Quando le cose da barattare non erano di interesse reciproco, chi si presentava con il metallo giallo riusciva sempre a concludere l’affare. Fin dall’antichità l’oro è stata l’unica merce di scambio accettata da tutti. A volte, però, spostare avanti e indietro tanto oro era faticoso e a rischio di rapina. Si andava allora al “banco” dell’orefice nella propria città (banca N°1), si depositavano delle monete d’oro e si riceveva in cambio una “nota di deposito”. Con quella si viaggiava agevolmente e arrivati a destinazione si prelevava dall’orefice locale (banca N°2) il proprio oro consegnando la “nota del banco”, ossia l’antenata della banconota. La banca N°2, poi, avendo clienti che facevano il viaggio inverso, riceveva oro in deposito ed emetteva proprie “note” che finivano nella banca N°1 dove si compensavano e venivano archiviate. Ma perché perdere tempo per fare “note” con nome e indirizzo, che ogni volta dovevano essere rifatte? Perché una super banca, delegata dal resto delle banche, non raccoglie tutto l’oro e non emette delle banconote anonime, cioè al portatore?

Usando la cartamoneta come sostituta dell’oro, gli scambi si sono semplificati notevolmente conservando la convertibilità banconota–oro. In forza del fatto che il vocabolo moneta viene dal greco monytes “indicatore”, e che la “carta” rappresentava l’oro depositato a riserva nelle banche centrali, il termine moneta è stato esteso anche alle antiche banconote.

Gli orefici/banchieri si avvidero ben presto che mediamente solo il 10% dell’oro veniva movimentato, perché viaggiava quasi sempre la carta, così incominciarono ad accarezzare quel 90% che rimaneva depositato, come fosse di loro proprietà.   “Non è nostro - pensavano - ma è nella nostra disponibilità. Ci sono persone che sarebbero disposte a pagare per poterlo usare”.   Nacque l’idea di prestarlo.

È comodo prestare qualcosa che non è tuo?

Certo che è comodo, anzi, è comodissimo. Così il banchiere che abbia in deposito 100kg di oro, oltre ai tradizionali diritti di custodia può incassare degli interessi anche sui 90kg che è in grado di prestare grazie alla statistica che solo il 10% del popolo ritira la moneta aurea, anzi, visto che quasi tutti preferiscono usare le banconote, il banchiere non presta oro, ma emette e presta  moneta di carta per un valore equivalente a 1.000kg di oro e tiene i 100kg originari come riserva per coloro che, stando alla suddetta statistica, consegnano la carta e ritirano oro. Così egli incassa (non è giusto dire guadagna) gli interessi sulle banconote prestate ai clienti a fronte dei 900kg di oro che finge di avere. È una truffa?

Certo che lo è, perché per ogni Kg di oro depositato viene emessa una prima cartamoneta lecita e altre nove fasulle. Con questo artificio solo il 10% degli aventi diritto troverebbero oro presentandosi in banca a richiederlo, gli altri, aria.

Anche questa “carta a vuoto” si è continuato a chiamarla moneta, perché, pur non avendo oro alle spalle, come il popolo crede, essa è ugualmente monytes (indice) di qualcosa. Ogni banconota rappresenta una fettina di fiducia, sia pure malriposta, nell’onestà dei banchieri.

A volte, però, tenere banconote con sé, o in casa, è pericoloso, perché, non avendo esse un nome, chiunque ne venisse in possesso le potrebbe usare. Si arriva dunque a portare la cartamoneta in banca, ad aprire un conto corrente e a farsi rilasciare un blocchetto di assegni. Si può firmare finché ci sono fondi sufficienti.

Anche dopo queste innovazioni i banchieri si avvidero che solo il 10% (è un dato di fatto) della moneta di carta circolava e la restante rimaneva depositata. Perché non prestarla ad interesse?

Solita trafila. Per avere una apertura di credito in conto corrente devi portare come garanzia case, terreni, buste paga, firme di parenti, fatture con scadenza futura ecc. Fatto questo, sempre giocando sulla statistica che meno del 10% della gente ritira dalla banca la cartamoneta, per un deposito di contanti pari a 1.000 unità (quelle derivanti dai già citati 100kg di oro iniziali) la banca potrà mettere in circolazione moneta bancaria (accrediti in conto, assegni bancari, assegni circolari, carte di credito) per 10.000 unità e lucrarne gli interessi, tenendo a riserva le 1000 depositate. Non c’è limite ad avere moneta, se non la capacità di offrire garanzie e di restituirla a tempo debito con gli “interessi” pattuiti.

I banchieri, sfruttando la propensione del 90% del popolo ad usare la moneta più comoda, hanno creato la moneta bancaria, a costo nullo per sé, al fine di mungere la società. Trattasi di una moneta privata, di volume 9 volte superiore a quella di Stato, la quale a sua volta è 9 volte il valore dell’oro di base. E per meglio mimetizzarla con quella “legale” l’hanno chiamata con lo stesso nome: Lira ieri, Euro oggi.

Il cliente, da parte sua, crede che quella moneta sia di proprietà della banca e trova giusto pagarle degli interessi, invece, per dirla in termini pokeristici, siamo di fronte ad un enorme bluff; dato però che nessuno dice mai “vedo”, i bluffatori continuano a guadagnarci.

Fatte le opportune prove e visto che il popolo non riconosce l’anomalia su cui si fonda il potere delle banche, esse hanno congelato le riserve auree, su cui si basava tutto il castello, e si sono arrogate il privilegio di stampare carta a piacere saccheggiando subdolamente i cittadini senza nulla dare in cambio. Ciò è avvenuto in due tempi: nel 1944 e nel 1971. Di ciò parlerò più avanti. (Vedi www.lorenzoparolin.it)

Vi risparmio gli altri trucchi (legali) che permettono alle banche di moltiplicare a dismisura la moneta a danno dei cittadini. Basti sapere che oggi la riserva obbligatoria non è più del 10%, ma è scesa all’1%, pertanto il moltiplicatore della moneta fasulla non è più dieci, ma cento.

Potrà sembrare strano, ma se il popolo non chiedesse prestiti, la banca non potrebbe creare denaro. Vuoi vedere che alla fine è il popolo a chiedere di essere sodomizzato e che la banca si limita ad assecondare le perversioni?