L'Europa minaccia la nostra sicurezza
di Filippo Ghira - 23/11/2015
Fonte: Il Ribelle
Il Patto di Stabilità resta un tabù intoccabile per la Commissione europea ma con alcune eccezioni. Se gli investimenti in opere infrastrutturali continuano infatti a dover essere conteggiati nel disavanzo pubblico, lo stesso non varrà per le spese militari straordinarie effettuate in funzione della sicurezza. Gli attacchi dell'Isis a Parigi, e quelli che sono stati annunciati nella Londra guerrafondaia e nella Roma del Giubileo che vedrà l'arrivo di milioni di infedeli, hanno spinto Jean Claude Juncker a compiere il fondamentale passo. Oltre alle spese per armarsi e per reclutare nuovi effettivi, in maniera tale da alzare i livelli di sicurezza interna, continueranno ad essere conteggiate a parte anche le spese sostenute per affrontare l'emergenza migranti, come deciso lo scorso 28 ottobre. Che per l'Italia comporterà un aggravio dello 0,2%.
Tutte le spese sostenute comunque dovranno essere dimostrate. Insomma, un Paese come l'Italia, che ha già dimostrato la propria cialtronaggine nella realizzazione senza fine di tante opere pubbliche inefficienti, dovrà stare molto attenta a non incorrere negli strali di Bruxelles nel tentativo di mostrare la faccia feroce.
Renzi e Padoan avevano assunto l'impegno a portare il disavanzo dal 2,6% stimato del 2015 all'1,4% nel 2016. Ancora non è chiaro quanto incideranno le nuove spese per un Paese come il nostro, che è del tutto incapace di difendere le proprie frontiere e il proprio territorio ma al contrario è prontissimo, con la scusa degli interventi “umanitari”, a fare da ascaro agli interessi energetici e strategici stranieri, in primis quelli Usa, e a mandare i propri soldati a morire in Iraq come in Afghanistan.
Differente ovviamente l'approccio per una Francia, che oltre ad essere stata direttamente colpita, vanta una tradizione militare all'insegna della Grandeur che accomuna i neo-gollisti e i socialisti. Da parte sua, il socialista francese Pierre Moscovici, commissario europeo agli affari economici e monetari, ha messo le mani avanti sottolineando che già oggi «il Patto di Stabilità non include le spese militari». Tanto per anticipare che quasi sicuramente ci sarà una moratoria di fatto su tutte le spese militari e su quelle per la sicurezza.
La questione non è da poco perché nell'Unione europea, dal punto di vista militare, ci sono Paesi di serie A e Paesi di serie B. E tra i primi, oltre alla Francia c'è anche la Gran Bretagna. Guarda caso, proprio i due che, negli ultimi anni, si sono mossi per cambiare gli equilibri strategici nel Mediterraneo. Londra finanziando, organizzando, armando e fiancheggiando i ribelli anti Gheddafi in Libia e Parigi facendo lo stesso in Siria con i nemici di Assad.
Vale la pena ricordarlo, fino al 1969 Londra controllava la Libia e la Francia, fino al 1945, controllava la Siria. Poi purtroppo per loro, come spesso succede, le ciambelle non riescono sempre con il buco e gli islamisti hanno pensato bene di rivolgere le armi contro i loro nuovi aspiranti padroni che, ai loro occhi, sempre infedeli restano. Lo stesso, peraltro, era successo agli Usa con Osama bin Laden.
Una realtà ben chiara a molti Paesi membri dell'Unione europea che, non avendo velleità di mostrare i muscoli, non nascondono il loro fastidio per delle norme che, dettate in nome dell'austerità e del rigore, ora vengono disattese per permettere a tutti gli interessati, Francia in primo luogo, di non rispettarle e di derogarvi.
La Germania in particolare, non gradisce il nuovo corso europeo, sia perché si sente scavalcata sia perché esso è all'insegna del riarmo. Berlino è sempre condizionata da un passato militarista ingombrante che si vorrebbe cancellare e che i suoi critici non mancano occasione di ricordarle.
Il riarmo, le nuove spese e i nuovi investimenti per la sicurezza rappresentano in ogni caso un volano per la crescita economica come dimostra il caso dell'economia Usa la quale, anche grazie ai nuovi investimenti nel settore, ha ripreso fiato.
Niente di nuovo sotto il sole comunque. Nel dicembre 1941, quando il Giappone attaccò Pearl Harbor, negli Usa c'erano più disoccupati che nel gennaio 1933 quando Roosevelt entrò alla Casa Bianca. Il New Deal insomma non aveva comportato gli effetti desiderati. Furono così gli investimenti pubblici nel settore bellico a rimettere in moto il meccanismo economico e a salvare gli Usa, permettendogli di confermarsi come la prima nazione del mondo.
Oggi il nemico è infinitamente più piccolo e non identificabile. O meglio il nemico vero è perfettamente identificato. Sono Paesi come l'Arabia Saudita e il Qatar che finanziano i gruppi integralisti islamici ma che sono intoccabili perché sono loro a fornirci petrolio e gas e perché possiedono non poche società strategiche della stanca Europa.
C'è allora da sospettare che la questione sicurezza più che verso l'esterno sia rivolta all'interno, verso gli stessi cittadini europei. Non è un caso che i più recenti sondaggi contengano immancabilmente la domanda: sareste disposti a limitare le vostre libertà personali in cambio di maggiore sicurezza? Dove in quel “libertà personali” si potrebbe includere anche il diritto-dovere di criticare i governi europei e la Commissione europea.
In Italia la questione sicurezza si annuncia all'insegna della farsa. Hanno fatto clamore le immagini dei agenti di polizia obbligati a mettere benzina di tasca propria nelle automobili di servizio. Oggi strutture di intelligence, Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri sono in perenne deficit - questo reale - di personale e di fondi. Servirebbe quindi a poco, sul breve termine, assumere nuovi agenti che necessiterebbero, al contrario, di un lungo addestramento, per fronteggiare le minacce di terroristi che potrebbero colpire in ogni momento, scegliendo obiettivi non significativi dal punto di vista simbolico e quindi non protetti.